Gates: l’era del pc è all’inizio, ne faremo uno che vede e ascolta. «Leggo i giornali, non guardo la tv. Google non mi fa paura» |
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Bill Gates non veste blu manager ma marrone intellettuale. Da intervistato, ha una straordinaria capacità di centrare il punto della questione, e di ricondurla a se stesso e al suo business, due cose che spesso – ma non sempre – coincidono. E’ arrivato
Bill Gates, Microsoft ha trent’anni, e lei ne compie cinquanta venerdì prossimo. E’ considerato da sempre un uomo del futuro. Si volti indietro. Come guarda se stesso? Il manager e la persona? «E’ anche il ventesimo compleanno di Windows e di Microsoft Italia… in effetti ho sempre guardato in avanti, mai al passato. E’ una necessità: in un settore che si muove così rapidamente, anche tu devi cambiare di continuo. C’è così tanto da fare. Il sogno del personal computer non è ancora realtà: il pc non riconosce il parlato, né la scrittura manuale; il pc non vede. L’era del computer è solo all’inizio. In alcune aree, come i tablet- pc, siamo abbastanza soli; in altre, come lamusica e i motori di ricerca, abbiamo una forte concorrenza. Ci piacciono entrambe le cose.Mi sono sempre sentito un pioniere; se gli altri avanzano, lo farò anch’io. Nei prossimi dieci anni ci attendono progressi fenomenali. Useremo i pc in modo finora impensabile». Quali cambiamenti ci attendono nei prossimi 3 o 4 anni? Quale impatto avranno sulla vita della gente? E sull’economia? «Ogni anno la tecnologia diventa meno costosa e più affidabile. Per usarla la gente non ha più bisogno di conoscere i dettagli, che so, i processori a 64 bit. Il futuro è il riconoscimento visivo e del parlato: potremo parlare con il cellulare senza digitare alcunché, fotografare con il telefonino un codice a barre e conoscere attraverso Internet il prezzo di quel prodotto e dei concorrenti, oppure fotografare un testo e farlo tradurre nella nostra lingua. Oggi il software non sa ancora riprodurre tutte le capacità naturali dell’uomo. Presto gli studenti, grazie al tablet-pc che sostituirà i libri di testo…». In che modo? Come funziona il tablet- pc? «E’ una sorta di lavagnetta digitale. Costerà sempre di meno, e consentirà agli allievi di registrare la lezione del professore senza più prendere appunti. L’interfaccia naturale con il computer crescerà di anno in anno ». L’Europa e in particolare l’Italia non sono in ritardo? L’economia italiana si regge su piccole aziende, quindi non pare in condizione ideale per lo sviluppo della tecnologia e della ricerca. Come vede il nostro futuro? Cosa dovremmo fare? E cosa può fare Microsoft? «Quando i computer erano grandi e costosi, aiutavano solo le grandi aziende. Oggi i pc danno vantaggi enormi alle piccole aziende, che possono collaborare con i partner da lontano, aprire un sito web, ricevere ordini 24 ore al giorno anche quando non c’è nessuno in ufficio. Le tecnologie prossime venture saranno preziose per le aziende italiane, ad esempio per quelle di moda, che disegneranno sempre meglio i loro prodotti in digitale, simulando soluzioni sempre nuove prima di passare alla produzione. Le piccole aziende ci interessano molto, rappresentano buona parte del nostro lavoro». Ogni volta che lei viene in Italia passa da Milano. La città di Leonardo, di cui lei è estimatore. La capitale della cultura scientifica italiana. Ora, sembra, anche della crisi italiana. «Crisi? Quale crisi?». Lei non ha questa percezione? «No. Innanzitutto ame piace molto Milano, che trovo bellissima, come mi piacciono Roma e altre città che conosco anche come turista. Lei parla di crisi. Molti paesi, non solo l’Italia, devono cogliere l’occasione al volo, muoversi con grande rapidità, cambiare. Se non lo fa Milano, il resto d’Italia non lo farà. I business-leader sono qui, tocca a loro progettare le riforme, il futuro. Io sono convinto che i business-leader italiani siano ottimi. Ho appena incontrato gli uomini di Capitalia, lavoro con Telecom, con cui stiamo testando nuove tecnologie. E non considero affatto l’Italia un Paese tecnologicamente arretrato. L’anno scorso l’uso privato della banda larga è cresciuto del 35%: è una cifra record, che si può ancora migliorare; sogno che nei prossimi tre o quattro anni si arrivi al 50. Non vedo un’Italia rimasta indietro. Certo, c’è molto da fare. Abbracciare senza perdere tempo la tecnologia, il cambiamento, il nuovo». Parliamo di Internet. Il simbolo della libertà e della diffusione della democrazia; almeno, così pareva sino a poco tempo fa. Non crede che da una parte la valanga di informazioni inutili, dall’altra il controllo legato alla necessità della sicurezza minaccino il futuro di Internet? «Tutto il settore, e Microsoft in particolare, devono considerare con la massima attenzione questi abusi. Lo spam – la posta indesiderata – e il furto di identità possono essere eliminati con il progresso. Internet resta uno strumento di democrazia, in particolare per i Paesi poveri. Sopprimere l’informazione libera è impossibile. Anche in Russia, anche nei Paesi dove c’è una tradizione di controllo dei giornali non è più possibile nascondere le notizie che arrivano via Internet, per posta elettronica. Questo per me è un’ottima cosa. Certo, esistono anche i “bad guys”, i cattivi. Servono leggi per fermarli. Dobbiamo sviluppare un buon rapporto con la polizia, fare in modo che conosca la tecnologia, migliorare l'”intelligence” dei computer, anche del sistema Windows». Alcuni Paesi, non solo la Cina, hanno introdotto restrizioni. Questa politica minaccia il libero sviluppo di Internet? Deve cambiare in futuro? «Restrizioni ci sono sempre state. La stampa non può riprodurre il lavoro altrui. In Germania è vietata la propaganda nazista. Nella maggior parte dei Paesi ci sono divieti in tema di pornografia e pedofilia. Tutti hanno un certo livello di restrizione, anche gli Stati Uniti, dove siamo piuttosto liberali ma abbiamo limiti, magari anche salutari. Il nuovo sistema operativo Windows Vista, ad esempio, consentirà ai genitori di inibire ai figli l’accesso ad alcuni siti web». Alcuni Paesi europei considerano l’America troppo potente anche nel campo di Internet, e spingono per affidarne la supervisione all’Onu. Lei che ne pensa? «Spero che resti un problema non molto importante. Non credo ci siano posizioni di dominio o di controllo. C’è stato probabilmente qualche favoritismo nei confronti delle aziende americane nell’assegnazione dei nomi dei domini. Lo si può correggere. Che l’agenzia di controllo sia Icann, o una nuova agenzia in ambito Onu, o la Itu che già si occupa di telecomunicazioni in seno alle Nazioni Unite, in ogni caso credo saprà cosa fare». Non crede che la politica estera Usa in questi ultimi quattro anni abbia scavato un solco tra l’America e l’Europa? «Certo. E’ così. Ma Europa e Usa hanno anche tante cose in comune. Vivono in un’economia globale, vogliono aprirla ai Paesi in via di sviluppo, lavorano per la stabilità mondiale, lottano contro il terrorismo; che non minaccia solo l’America ma tutti i Paesi. L’America ha fatto alcune scelte in modo autonomo, anche se non del tutto unilaterale; c’erano pur sempre alcuni partner. Questo ha creato problemi; anche in certi rapporti di lavoro. E’ possibile migliorare. In nome dei valori comuni, credo che le distanze si ridurranno». Vede antiamericanismo in Europa, in Italia? «Anche in America c’è un sacco di gente a cui l’America non piace. E’ un sentimento diffuso un po’ ovunque, ma in misura inferiore rispetto ad altri passaggi della storia. Alcune politiche americane dispiacciono in Europa, in particolare quella ambientale e quella palestinese. Questo però non sfocia nel rigetto di tutto quanto è americano; nessuno mi ha mai detto che non usa i pc perché prodotti in America; anche perché in un mondo sempre più piccolo è difficile individuare lo specifico culturale di un Paese, dire cosa è americano e cosa non lo è. L’America ad esempio ha ottime università, e gli europei lo sanno. Sanno di non poter dare un giudizio globale sull’America». Lei non ama parlare di politica. Però alle elezioni di un anno fa ha appoggiato Bush, mentre alcuni suoi manager hanno appoggiato Kerry. «E’ vero. La Microsoft non è mai partigiana; non lo è in America, non lo è in Italia, dove so che i miei hanno idee politiche diverse tra loro. L’azienda non fa politica, anche se dedichiamo molto tempo ai politici; ad esempio per discutere le restrizioni a Internet di cui parlavo prima». Da giovane aveva una passione politica? «Ho sempre trovato la politica affascinante. E la seguo. Vado a votare. Ma non ho mai trovato il partito perfetto, quello che mette le aziende in condizione di redistribuire la ricchezza. Mi concentro sulle cose su cui posso incidere. La tecnologia. La Fondazione Bill e Melinda Gates». Che si occupa in particolare di vaccini, ad esempio di quello per la malaria. Lei personalmente è preoccupato per i ritardi nella ricerca di un vaccino per l’influenza aviaria? «Noi ci occupiamo di malattie che uccidono già oggi milioni di persone: l’Aids, appunto la malaria. Di questo dovrebbe preoccuparsi la gente. Se poi emergeranno nuove malattie, il mondo ricco potrà contare sulle aziende farmaceutiche, che le combatteranno. Pure la malaria si potrebbe combattere; ma siccome dal mondo ricco è scomparsa, non c’è mercato per il vaccino. La gente muore, e noi lo ignoriamo. La Fondazione raccoglie denaro per creare il mercato, e salvare milioni di persone». Quale futuro vede per Microsoft? Davvero il successo di Google la preoccupa tanto? «Abbiamo sempre badato molto alla concorrenza, anche a quella di sigle oggi non più così note, come Novelle, Web Perfect, Os2 di Ibm. Google è solo l’ultimo concorrente. Non ci dispiace. La gente sottostima quel che faremo nel settore, e questo mi diverte». Quindi non è vero che lei vuole distruggere Google? «No. Dai concorrenti si impara. Rispetto il loro lavoro. Ci impegneremo nell’innovazione, e i clienti decideranno. Passare da un motore di ricerca all’altro è la cosa più facile delmondo, basta scrivere una parola nell’ apposito spazio anziché un’altra. Chieda a qualcuno se è soddisfatto dei motori di ricerca; le risponderà di sì in confronto al passato, ma che ogni ricerca resta una caccia al tesoro, visto che richiede almeno 5 minuti per trovare quanto interessa. Noi vogliamo fare qualcosa di meglio. Il vero vincitore sarà il consumatore». E’ sempre pessimista sul futuro dei libri e dei giornali? Dovranno cambiare ancora? «Tutto deve cambiare. Le auto, la tv, persino i musei. E’ evidente che la carta è destinata a perdere la sua posizione dominante. Se i suoi figli le chiedono un’ enciclopedia, lei dà loro un libro o un computer? Però ci sarà sempre bisogno di buone enciclopedie, e di buoni articoli. Con il tablet-pc li scriverete ancora meglio ». Lei legge i giornali americani? “New York Times”, “Washington Post”? Le piacciono? «Sì. Leggo tantissimo. Più on-line che su carta, però ». La tv la guarda? «Vado moltissimo al cinema. La tv non rientra nel programma della giornata. Non ho abbastanza tempo. Vedo solo una trasmissione che si chiama 24, al mattino presto, mentre faccio ginnastica». Aldo Cazzullo |