Alberto Bevilacqua incontro a Maiori

1 novembre 2005 | 00:00
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Alberto Bevilacqua incontro a Maiori

Maiori. “L’illuminazione deriva dall’inconscio”. Lo diceva Moravia, e incontrare chi leggendo ti da in qualche modo qualche barlume è un incontro che porta a vivere le sensazioni della vicinanza, per cui più che le parole, già tutte dette, sono le emozioni che si cercano. Incontriamo Alberto Bevilacqua, lo scrittore di cui apprezziamo anche per quel magico nei sentimenti che si incontra nei suoi libri, a tavolo di un ristorante a Maiori, in occasione del Premio Rossellini, in compagnia di Peppe Liuccio, l’amministratore dell’azienda di soggiorno e turismo. Un incontro fugace, ma intenso. Ci interessa e incuriosisce il vivere nella sua dimensione del magico.

Lei vive sempre in questa dimensione? “A volte cerco di vivere sentendo questa dimensione, non sempre.. in particolare da quando non c’è più mia madre. Mia madre è stata importantissima per me.”

E alla madre Bevilacqua ha dedicato il suo ultimo libro, un atto d’amore.

Più che un dialogo è un incontro sulla dimensione del magico e dell’amore, dell’eros. “Noi abbiamo una concezione diversa di eros dall’oriente. In Oriente c’è il dominio della sensualità, che porta all’ebbrezza.L’eiaculazione è detta “la piccola morte”, l’uomo gode facendo godere a lungo la donna.
Raggiunge così uno stato di ebbrezza che porta a un transfert che è lo stesso tipo di transfert dei sensi che si attua nel momento della scrittura.”

Cosa le ispira la Costiera Amalfitana che ricordo ne ha, quale è il paese più romantico? Ha preso qualche ispirazione qui in qualche suo libro? “Ogni paese è bello Maiori, Positano, forse Amalfi è quello più romantico. Sono stato diverse volte da queste parti, mi ricordo che una volta stavo in auto con Dino Buzzati e tutte queste curve gli ispirarono l’idea di un libro che poi fece.”

Ciò che ci è rimasto dall’incontro con lui non sono state le battute scambiate, ma la sua cortesia e gentilezza, ha accettato il paragone con Moravia, ci è capitato di sapere di una donna che che lui ha conosciuto tempo fa, in penisola sorrentina, gli abbiamo fatto, in confidenza, questo riferimento e lui ci ha sorriso. “Ho un dolce ricordo di quella donna, una donna di grande intelligenza e carnalità…mi hai regalato due gocce di miele.”

Narratore di fama e di successo, alchimista della fantasia sui cui binari fa sapientemente scorrere le contraddizioni del reale, in un continuo gioco di scambi, Alberto Bavilacqua è nato a Parma il 27 giugno 1934. Attira fin da giovane l’attenzione di Leonardo Sciascia, che gli fa pubblicare la prima raccolta di racconti “La polvere sull’erba” (1955). Esordisce come poeta nel 1961 pubblicando “L’amicizia perduta”. Il successo internazionale arriva però con l’ormai celeberrimo “La Califfa” (1964), diventato film (da lui stesso diretto) e interpretato da Ugo Tognazzi e Romy Schneider. La protagonista, Irene Corsini, nel suo vitalistico vibrare tra fierezze e abbandoni, inaugura la galleria dei grandi personaggi femminili di Bevilacqua, mentre Annibale Doberdò incarna un’emblematica figura di industriale nella provincia italiana degli anni ’60. La sua produzione narrativa, sempre accompagnata da grande successo, ha ottenuto anche numerosi riconoscimenti, fra cui l’apprezzamento dei maggiori premi letterari italiani: fra i suoi titoli premiati troviamo “L’occhio del gatto” (1968, Premio Strega), “Un viaggio misterioso” (1972, Premio Bancarella) e “I sensi incantati” (1991, premio Bancarella). Intensa e continua, da sempre parallela e mai subordinata all’attività di narratore, la produzione poetica di Bevilacqua è raccolta nelle opere: “La crudeltà ” (1975), “Immagine e somiglianza” (1982), “Vita mia” (1985), “Il corpo desiderato” (1988), “Messaggi segreti” (1992) e “Piccole questioni di eternità” (Einaudi 2002). Le opere di Bevilacqua sono state ampiamente tradotte in Europa, Stati Uniti, Brasile, Cina e Giappone.

Michele Cinque