Il Comune di Tramonti costruisce case popolari in zona rossa

11 novembre 2005 | 00:00
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Il Comune di Tramonti costruisce case popolari in zona rossa

Il Comune di Tramonti costruisce in zona rossa con finanziamenti del dopo terremoto. Italia Nostra: “fermate questo abuso”

21 gli alloggi che si stanno realizzando in frazione Polvica, in zona classificata come R3. Nonostante manchi il parere favorevole dell’Autorità di Bacino e quello della Soprintendenza, si costruisce. Italia Nostra e un comitato dei cittadini ne denuncia l’abuso edilizio e il raggiro dei fondi pubblici. Intanto continuano i lavori.

Si costruisce in zona rossa, in un’area altamente a rischio, ben ventuno alloggi di case popolari. Ma questa volta non sono imprenditori edili con pochi scrupoli a farlo, a raggirare norme e leggi, bensì lo stesso Comune. Accade a Tramonti, territorio vincolato dal Piano Urbanistico Territoriale, protetto da piani paesaggistici e dal piano stralcio (che prevede rischi di frane) redatto dall’Autorità di Bacino Destra Sele: nell’area denominata “Cappella” in frazione Polvica – classificata appunto come zona R3, quindi off limits per nuove costruzioni – da un mese sono iniziati i lavori.

Sembra all’apparenza tutto in regola: l’ ente appaltatore è il comune, l’ingegnere dell’ufficio tecnico comunale è il direttore dei lavori, due le ditte appaltatrici (la Bisaccia e la Tecnobuilding) per un importo complessivo di 1 milione e 880.138 euro. I finanziamenti arrivano dal “programma di edilizia sovvenzionata per eliminazione baracche”: la Regione ne ha stanziato (anno 2002-2003) altri 44 milioni di euro in tutta la Campania, e anche Tramonti, che nel 1980 fu tra i comuni terremotati, ha avuto riconosciuti 2 milioni e 712.892,12 euro di finanziamenti che dovevano servire per una“riqualificazione edilizia ed urbanistica” e 593.925,40 euro per la “realizzazione di opere di urbanizzazione primarie connesse alle nuove costruzioni”. Dopo venticinque anni – il 23 novembre corre l’anniversario – si parla però ancora di terremotati e baraccati: in questo comune della Costa d’Amalfi però i terremotati non ci sono più, e sono solo un paio le famiglie che ancora tutt’oggi vivono in containers. Non si può certo dire che esiste una parte della popolazione ancora senza un tetto, anche se a distanza di tanti anni, fanno ancora bella mostra prefabbricati fatiscenti. Ma ecco che arrivano, dopo un lungo iter burocratico che ha visto susseguirsi diverse amministrazioni, i finanziamenti. Altri alloggi sono da costruire in frazione Capitignano e a Gete, per un totale complessivo di 39 nuove abitazioni. Partono i bandi per le graduatorie dei nuclei familiari, ma cosa strana allargati a tutti e non solo a coloro che “alloggiano ancora nei prefabbricati”, cioè a chi veramente aveva acquisito il legittimo diritto. La delibera regionale (n. 1231 del 2002) parla però chiaro: si assicura il fitto temporaneo alle famiglie costrette a spostarsi dai prefabbricati per ricostruire gli alloggi, cioè ai soli terremotati.

Il primo cittadino, Armando Imperato, fa però una dichiarazione giurata affermando che “nel 2002 nelle baracche vivevano ancora 58 famiglie”. Ma è vera questa dichiarazione? “E’ assolutamente falsa – dichiara con documenti alla mano Mimmo Guida, già consigliere comunale, che insieme a Italia Nostra e a un comitato di cittadini, denuncia il pericolo per l’intera area dopo il peso che arrecheranno queste costruzioni –a Tramonti poche sono le famiglie che veramente ne hanno diritto, è stato raggirato un finanziamento con una falsa dichiarazione, solo per ottenere più soldi. E per coprire poi le spese del progetto – denuncia ancora Guida, promotore nel passato anche di una petizione popolare con cui si chiedeva di rivedere il progetto in un’area più sicura – il comune è stato poi costretto a pescare nei fondi della 219, definendoli fondi propri, quando non solo non lo sono, ma sono stati deliberati con uno storno di residui vietato dalla legge”. All’ufficio tecnico del comune, oltre al progetto c’è solo una risposta dell’Autorità di Bacino Destra Sele che riguarda la “richiesta di riperimetrazione di area classificata a rischio da R3 a R2 ed a pericolosità da P3 a P2”, ribadendo il parere favorevole solo per le “opere di mitigazione del rischio previste nella zona a monte del sito di interesse rinviando al collaudo delle stesse, il parere sulla proposta di riperimetrazione” (prot. num. 398 del 17.05.2005) e da parte della Soprintendenza, una nota in cui comunica che “non sussistono gli estremi per predisporre l’annullamento del provvedimento di autorizzazione”. Ma quale progetto è stato visionato dalla Soprintendenza? E’ a corrente della classificazione dell’area come altamente a rischio, dove anche la storia ricorda che negli anni ‘30 nei pressi di quell’area venne giù una grande frana causando anche tre vittime? Intanto nessuna opera di mitigazione del pericolo è stata fatta, così come nessuna riperimetrazione dell’area, prevista per legge. Ma i lavori vanno avanti spediti. L’Autorità di Bacino Destra Sele, intanto precisa: “non abbiamo mai dato un’autorizzazione per la costruzione di nuovi alloggi” puntualizza Gerardo Lombardi, responsabile tecnico; si cerca di tergiversare invece dalla Regione Campania: “non siamo un organo di controllo – chiarisce Antonio Discetti, del settore edilizia popolare – solo dopo denuncia potremmo revocare il finanziamento, ci fidiamo di ciò che dichiarano le amministrazioni comunali”. E qui entra in gioco il classico balletto delle competenze. Ma Italia Nostra non ci sta: “ho visto i luoghi – dichiara Raffaella Di Leo, responsabile dell’associazione ambientalista – e mi rendo conto che si stanno ripetendo gli stessi errori a danno della popolazione e al danno dei fondi pubblici, così come abbiamo visto in altre situazioni. Siamo preoccupati dal raggiro delle norme da parte dagli stessi comuni che fanno queste operazioni, così diventa sempre più difficile controllare il territorio e si incide sulla sicurezza dei cittadini”.

Ma a che serve allora individuare le zone a rischio se poi sulle stesse vengono costruite case e palazzi anche se di edilizia economica e popolare?