
Il settimanale inglese The Economist scatta una fotografia dell’ Italia “in un lungo, lento declino”. L’occasione per discutere del Belpaese è il sondaggio speciale dal titolo “Addio dolce vita”, presentato ieri a Milano. Secondo lo studio pubblicato nel numero oggi in edicola, “malgrado le sue tante attrattive, l’Italia è in un lungo e lento declino. Rovesciare la tendenza richiederà più coraggio di quanto i suoi leader politici sembrano possedere”.
L’analisi condotta dall’Economist, in particolare da John Peet, autore dello studio, evidenzia non solo lo stato economico del Paese, ma l’intera struttura fisica, definita in deterioramento, sia dal punto di vista degli standard scolastici (con nessuna Università compresa nella classifica delle prime novanta al mondo), sia dal punto di vista del tessuto sociale. “La famiglia resiste, ma il fatto che il 40 per cento degli italiani tra i 30 e i 34 anni sia ancora in casa dei genitori non è un segno felice”.
Segnali negativi, secondo l’Economist, possono essere ritrovati anche “nell’aumento dell’evasione fiscale e degli abusi edilizi, incoraggiati da ripetute amnistie, mentre il crimine organizzato e la corruzione restano forti, particolarmente al Sud”.
Gli estensori della ricerca, infine, toccano il tasto della politica osservando come, entrambi gli schieramenti, centrodestra e centrosinistra, non appaiono pronti ad affrontare le necessità del Paese: “La verità – viene puntualizzato – è che nessuno dei due grandi raggruppamenti della politica italiana offre molte speranze a quelli che credono che il Paese abbia bisogno di grandi e dolorose riforme”. Sempre sul crinale tra politica ed economia, l’Economist bacchetta anche la permanenza ai vertici della Banca d’Italia di Antonio Fazio, osservando come “la credibilità della Banca centrale sia stata fatta a pezzi dall’intransigenza del suo governatore”. L’unico dato positivo, conclude l’Economist, è che il declino non appare come necessariamente inarrestabile, poiché a lungo termine “l’estro, l’inventiva e la creatività degli italiani dovrebbero bastare per salvare un Paese che è ancora ricco in tutti i sensi”, a patto che vengano affrontate le necessarie riforme strutturali.
Il quadro economico italiano può invece risollevarsi a patto che tutti si rimbocchino le maniche e facciano sistema. A sostenerlo è il presidente di Telecom Italia e vice presidente di Confindustria, Marco Tronchetti Provera, secondo il quale “questo Paese può sorprendere”, soprattutto, conclude Tronchetti Provera, se anche la politica, tanto di centrodestra quanto di centrosinistra, si impegnerà a presentare elementi concreti. Enrico Salza, presidente del Sanpaolo-Imi, commenta il sondaggio dicendo che l’Italia, nonostante le amare considerazioni dell’Economist, “non è un Paese in declino”, ma una nazione in grado di risalire se sarà capace di seguire la strada della “meritocrazia” e affidarsi a “professionalità di grande respiro”, dalla politica alle imprese. L’ex commissario europeo, Mario Monti, aggiunge che questo è possibile solo se di fronte alla sfida dell’economia e del suo rilancio l’Italia non trascorra i prossimi 12-18 mesi a “sperimentare”.