Positano il precedente omicidio il caso Rita Squeglia
Di “storie pazze” ve ne sono moltissime nella “cronaca nera” di tutti i giorni.Molte si rassomigliano, sembrano uscite dalla stessa mente: spesso hanno moventi uguali, o verosimili. Oppure sono delitti “senza movente”, come quello che ha ispirato appunto il film per il delitto di Rita Sgueglia, la maestrina di Recale che, dopo aver strangolato l’amante,( un noto industriale di Caserta), lo rinchiuse in una valigia e , con la complicità della madre, lo sotterrò nell’immondizia. Un raptus omicida scaturito dalle reminiscenze della donna che, all’età di 14 anni, era stata violentata da un gruppo di balordi alla periferia di Recale. “Mentre facevo l’amore con lui”,- raccontò ai giudici -, mi è parso di ricordare che il suo volto mi era già noto: lui era nel gruppo dei miei violentatori”.Naturalmente non era vero. Sembra la trama di un film.Anzi lo è.Le cronache dell’epoca raccontano che “ Positano si scrolla di dosso le ultime gocce della pioggia mattutina, appena il tempo per accogliere l’ultimo ciak campano del film “senza movente”, liberamente ispirato all’episodio di cronaca nera che, a distanza di undici anni, nel centro turistico della costiera amalfitana, molti ricordano ancora come “ il delitto della valigia”.E’ difficile, del resto, per i positanesi dimenticare la storia di Rita Squeglia, la venticinquenne che, nella notte tra il 31 luglio e il primo agosto del 1987, in un monolocale di via Pasitea, strangolò nel sonno il suo amante, Nicola Acconcia, prima di trascinarne, giù per la lunga scalinata d’accesso, fino all’automobile, il corpo esanime, chiuso, in una grande valigia. Nessuno vide Rita quando fuggì nella notte,portandosi dietro quel lugubre fardello e un senso di colpa ancora più pesante, che sarebbe affiorato ventidue giorni dopo, spingendola ad una clamorosa , quanto inattesa confessione.
Molti ricordano, invece, la ricostruzione della fuga disposta successivamente dalla magistratura e quella valigia , appesantita da 60 chili di chiodi ( tanto pesava il facoltoso industriale casertano), trascinata con fatica dalla ragazza giù per le scale, per dimostrare che lei, e lei soltanto ( verosimiglianze col caso Tafuri che dovette battersi strenuamente per dimostrare che era stato lui e soltanto lui, l’autore del delitto, come per la Cianciulli, la saponatrice, di cui dirò più avanti),piccola e fragile, aveva fatto tutto da sola, senza complici.
Undici anni dopo, quella vicenda così drammatica rivive nel film diretto da Luciano Odorisio e prodotto dal veterano Gianni Minervini. Sul set, Rita diventa Giulia ed è interpretata dalla giovane Anita Caprioli, mentre Acconcia ( Tony) ha il volto di Ennio Fantastichini. “Su di lui – racconta Odorisio – non ho avuto dubbi, perché avevo bisogno di un attore vero, capace di rendere il personaggio attraverso la recitazione”. Un personaggio quello di Tony che Fantastichini rifiuta di definire “cattivo”, nonostante la violenza psicologica inflitta alla giovane amante ù, alludendo allo stupro da lei subito alcuni anni prima. “Tony – sostiene l’attore – è piuttosto un disturbato, uno dei tanti che si consumano nel disagio della società moderna, priva di valori e di riferimenti. E poi non dimentichiamo il prezzo che paga.Alla fine lui muore.” Ma anche con Giuliva il destino non è per nulla clemente: per lei violentata da ragazzina, quando ancora credeva nell’amore, spinta dalla vita e dalla debolezza ad accettare l’arido ruolo di “amante- mantenuta”, capace di un delitto atroce e di una lucida dissimulazione, alla fine c’è solo il carcere. “Senza movente”- riprende Odorisio – sarà un thriller maledetto che racconta una storia di grande trasgressione, fuori di ogni schema”. La gestazione del film è stata lunga “prima di iniziare le riprese, ci siamo preparati per oltre tre anni”- confida Minervini. Che rivela anche di aver fatto arrivare la sceneggiatura del film a Rita Squeglia, tramite il suo difensore, Vincenzo Maria Siniscalchi, “un incontro diretto – spiega il produttore – sarebbe stato troppo imbarazzante.