Il risultato è uno spazio urbano in decadenza o fintamente riqualificato, dove prevalgono la standardizzazione del costruire, modelli a buon mercato e una totale assenza di regole e organismi che, sull’esempio di tante capitali europee, possano intervenire sulla qualità. Per valutare la qualità e l’opportunità di un progetto da noi, per esempio, ci si affida alla modesta rilevanza della commissione Edilizia, in grado di verificare soltanto la banale congruenza di un progetto con i piani e le normative vigenti, o ai veti ‘a orologeria’ della Sovrintendenza. A Napoli non esiste lo strumento del concorso di architettura. Quella che dovunque è una prassi consolidata, da noi è un impiccio di cui disfarsi al più presto. Gli unici due veri concorsi di architettura internazionali fatti negli ultimi dieci anni e costati centinaia di migliaia di euro (quelli per il Parco di Bagnoli e per il Porto di Napoli), si sono arenati nelle secche della volontà politica e nell’assenza di quell’efficienza burocratico-amministrativa che altrove è in grado di portare a termine i procedimenti
Giuseppe Guida