FRANZONI IN CARCERE, SORVEGLIATA A VISTA

23 maggio 2008 | 00:00
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FRANZONI IN CARCERE, SORVEGLIATA A VISTA

La libertà di Annamaria Franzoni è finita alle 23 e 15 di mercoledì sera. Poco meno di tre ore prima era stata condannata in via definitiva per l’omicidio del figlio, il piccolo Samuele Lorenzi, ucciso a tre anni il 30 gennaio 2002 nella loro abitazione di Cogne. Quando ha visto gli uomini delle forze dell’ordine si è lasciata andare a una frase di sconforto: «Che fate, e ora i miei bambini?». Alle 2.40 di notte è entrata nel carcere di Bologna della Dozza a bordo di un’auto dei carabinieri.

INDULTO – Per la Franzoni, al suo primo giorno di carcere, la procura generale di Torino ha chiesto l’applicazione dell’indulto. L’iniziativa è dettata dalla norma. Per la madre di Samuele Lorenzi questo comporta uno sconto di tre anni della pena. La richiesta della procura generale dovrà essere ratificata dalla Corte d’Appello di Torino. La pena, per Annamaria, dopo l’applicazione scenderà da sedici a tredici anni di reclusione. L’indulto non era stato concesso dalla Corte d’Assise d’appello perchè, come si legge nelle motivazioni della sentenza, «l’imputata è indagata per concorso in calunnia aggravata» nel procedimento chiamato Cogne-Bis. La tesi dei giudici era che «ove mai l’imputata fosse condannata anche in esito al corrispondente processo, l’indulto dovrebbe esserle applicato in seguito, sulla pena cumulata». La procura generale, però, ha imboccato l’iter verso l’applicazione immediata in quanto la sentenza di condanna per l’omicidio è ormai diventata irrevocabile. Dopo l’applicazione dell’indulto, che comporterebbe la riduzione della condanna da sedici a tredici anni di reclusione, la Franzoni potrebbe dover scontare in carcere dai cinque ai sei anni prima di ottenere qualche beneficio. È quanto riferiscono un pubblico ministero della procura di Torino che si occupa di esecuzioni e un penalista interpellati dall’Ansa.

IL RISVEGLIO IN CELLA – In cella Annamaria, jeans e maglione scuro dopo la prima notte in carcere, ha trascorso la mattinata girando per i vari uffici della Dozza, scortata da un agente, per svolgere gli adempimenti formali e burocratici, e poi è stata riaccompagnata nel braccio femminile dove è detenuta. L’arrivo della donna ha movimentato la vita del carcere bolognese della Dozza e anche alcune detenute l’hanno avvicinata per cercare di parlarle. Come già avvenuto quando era in aula, Annamaria non ha però lasciato trasparire alcuna emozione, con pochissime parole rivolte a chi cercava di parlarle. Per il momento rimane sorvegliata a vista da due agenti della polizia penitenziaria e, in giornata, è stata sottoposta a visite mediche e ad un colloquio con lo psicologo, per cercare di approfondire le sue inclinazioni. Paiono poco probabili, almeno per questi primi giorni, eventuali visite da parte di amici e familiari. Intanto, per evitare un assedio mediatico al carcere della Dozza, la direzione dell’istituto ha predisposto un servizio di pattuglia della polizia penitenziaria nel parcheggio antistante il carcere, per evitare che telecamere, fotografi, giornalisti o semplici curiosi possano avvicinarsi al cancello d’ingresso.

IL SUOCERO IN CARCERE CON UN BORSONE – Il suocero della Franzoni, Mario Lorenzi, è andato nel carcere bolognese della Dozza. È entrato attorno alle 13.15 con, a tracolla, un borsone da viaggio pieno di indumenti. È rimasto nel carcere per circa 30 minuti, poi è uscito con lo stesso borsone vuoto. Nemmeno una parola ha rivolto ai giornalisti che gli chiedevano se avesse incontrato la nuora e come l’ avesse trovata.

IL PIANTO DEI FIGLI – Quando sono arrivati i carabinieri che hanno arrestato la loro mamma, i figli di Annamaria Franzoni, i piccoli Davide e Gioele, sono scoppiati a piangere e a implorarla di «non andare via». Lo ha riferito una vicina di casa che è stato a fianco della donna nell’abitazione di Ripoli dove ha atteso la sentenza. Quando è partito il corteo dei carabinieri per portare la Franzoni in carcere, una donna le ha gridato: «Annamaria, ti vogliamo bene». La Franzoni, come ha riferito il consigliere regionale dell’Italia dei Valori Paolo Nanni ha visitato il carcere bolognese della Dozza, potrà avere sei colloqui al mese con i figli.

DON MAZZI: «OSPITO IN COMUNITA’ LEI E I FIGLI» – «Il vero problema della vicenda di Cogne, ora, non è Annamaria Franzoni, ma i suoi due figli: io mi rendo disponibile in qualsiasi modo, anche ad un’alternativa al carcere, ricevendo e ospitando lei e i bambini in comunità o in una casa di accoglienza». Il fondatore della comunità Exodus, don Antonio Mazzi, a margine di un convegno che si è svolto a Potenza ha auspicato «che questa donna possa scontare la sua pena riuscendo ad allevare, contemporaneamente, i suoi figli, che non possono subire ancora i riflessi di questa vicenda».