NAPOLI – DOPO GLI ARRESTI TORNA LA MONNEZZA

29 maggio 2008 | 00:00
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NAPOLI – DOPO GLI ARRESTI TORNA LA MONNEZZA

Nemmeno gli addetti ai lavori, nemmeno lo staff del prefetto Alessandro Pansa (che nella nuova inchiesta della Procura di Napoli figura come indagato) sanno con certezza quali saranno gli esiti e gli effetti concreti che i 25 arresti eseguiti martedì mattina potranno avere sul nuovo corso impresso dal governo Berlusconi alla decennale crisi. Certo, la spallata giudiziaria c’è stata. Ed è stata duplice. Una manovra a tenaglia che le toghe partenopee, volente o nolente, finiscono per muovere nei confronti del superdecreto emanato dal consiglio dei ministri appena la settimana scorsa. Da un lato sono scattati gli arresti (con la relativa ordinanza, piena zeppa di intercettazioni che tirano in ballo in prima persona il sottosegretario Guido Bertolaso). Dall’altro, si è mossa «l’ala politica» della magistratura, con un’infuocata assemblea e un conseguente documento della sezione distrettuale dell’Anm, che suona come una dichiarazione di guerra alle novità giurisdizionali previste dal decreto Berlusconi. Il sindacato delle toghe ha bocciato come «incostituzionale» la previsione di una competenza regionale in materia di reati ambientali in capo alla sola Procura di Napoli.
Davanti agli inevitabili sospetti derivanti dalla coincidenza temporale, il Procuratore Giovandomenico Lepore mette le mani avanti: «Per carità, i miei pm avevano chiesto gli arresti il 22 gennaio scorso». Ovvero quando a Palazzo Chigi siedeva Romano Prodi. «E poi i destinatari delle misure cautelari sono ex funzionari del Commissariato, che non lavorano più in quella struttura».
Purtroppo però, questo è vero fino ad un certo punto. Ai domiciliari sono finiti quasi tutti i direttori degli impianti di Cdr, in particolare quelli di Giugliano e Caivano. E già da ieri gli effetti si sono cominciati a vedere. Il lavoro di tritovagliatura dei rifiuti ha subito pesanti rallentamenti, e questo sta frenando in queste ore la macchina della raccolta nelle strade, che già annaspava tra uno stop e l’altro. Risultato: ieri pomeriggio i cassonetti sono tornati strapieni anche nel centro di Napoli. Ma la situazione è gravissima in periferia e in provincia. Ad Agnano e Fuorigrotta intere strade restano seppellite dalla spazzatura, con strisce di centinaia di metri di sacchetti che imputridiscono al caldo di queste ore. A Maddaloni, nel Casertano, la gente ha ripreso ad incendiare i cumuli, nella speranza di mettere in fuga topi e scarafaggi, ma appestando l’aria con i fumi tossici sprigionati dalle fiamme. I roghi ieri sono andati aumentando un po’ in tutta la regione, i vigili del fuoco nel pomeriggio ne avevano contati 116.
Nel fortino del Commissariato per l’emergenza rifiuti si respira un’aria, se possibile, anche peggiore. «L’atmosfera è tesa, come vuole che sia dopo quello che è successo?», confida un funzionario. «Però tutti continuano a lavorare e a fare del proprio meglio. I direttori dei Cdr arrestati? Quando non c’è un capo c’è un vice che automaticamente ne fa le veci. Certo che si presentano problemi organizzativi che devono essere risolti, ma ci stiamo lavorando, la raccolta non si bloccherà».
Ma pesano le intercettazioni pubblicate dai giornali, le frasi nude e crude, spesso ciniche, con cui i responsabili dell’emergenza rifiuti trattavano il problema causando, scrive il gip, «un inquinamento del territorio epocale e colossale», grazie a «controlli solo formali e verifiche superficiali dei siti» dove sversare i rifiuti. Frasi che minano alla base la fiducia della gente in coloro che ora dovrebbero attuare il decreto Berlusconi e garantire, come diceva Bertolaso solo tre giorni fa, la creazione di «discariche a 24 carati». Protestano i sindaci delle discariche al centro dell’inchiesta, discarichenei quali sarebbe stata gettata anche monnezza non trattata. E grazie agli atti dell’inchiesta della Procura di Napoli, rialzano la testa gli abitanti di Chiaiano, che proprio il giorno degli arresti avevano tolto le barricate permettendo ai tecnici del Commissariato e dell’Arpac di accedere alla cava per effettuare perizie statiche dei costoni e carotaggi del sottosuolo. «Ci chiamavano camorristi. Ora che sono finiti agli arresti, non potranno più dire che siamo noi i delinquenti».

FONTE:ILTEMPO.IT

                                             Michele De Lucia