MARIO AMODIO Ravello. Oltre quarant’anni di onorato servizio e una missione assolta nel ricordo di Francis Neville Reid e di Luigi Cicalese. Ovvero, rendere immortali quelle tecniche di floricoltura che continuano a fare dei giardini di Villa Rufolo uno degli angoli più incantevoli al mondo. Vincenzo Amato, storico giardiniere ravellese che ha curato fino a qualche giorno fa il paradiso floreale della Costiera Amalfitana del sito monumentale più visitato della Campania, depone gli attrezzi di lavoro per i sopraggiunti limiti di età. Va in pensione, con un nodo al cuore. Già, perché quel lavoro, come a lui stesso piace dire, l’ha fatto «con passione e con coscienza». Con lui, a riposo, non vanno certamente i ricordi che lo accompagnano dalla fanciullezza fino a giorni nostri. E tra questi anche quel ruolo di attore in una delle novelle del Decameron di Pierpaolo Pasolini che dopo averlo notato a lavoro nella Villa Rufolo lo volle con forza tra i protagonisti del suo film affidandogli il ruolo di Masetto da Lamporecchio, un giardiniere finto sordomuto – che operava di giorno e di notte – in un convento di monache. «Pasolini venne un giorno in villa – racconta Vincenzo che ha recitato accanto a Franco Citti, nel ruolo di Ser Ciappelletto, e Ninetto Davoli in quello di Andreuccio da Perugia – e mi volle per forza per il suo film tant’è che si mise in contatto con Carlo Cicalese che doveva autorizzare la mia assenza dal lavoro. Le riprese a Ravello durarono quattro giorni mentre una quinta giornata la trascorremmo a Roma negli studi di Cinecittà». Entrato ragazzino in Villa Rufolo (aveva appena 14 anni), Vincenzo Amato prese servizio alle dipendenze di Carlo Cicalese, il figlio di Luigi, primo e storico giardiniere nonché braccio destro dello scozzese Francis Neville Reid che rilevò Villa Rufolo nel 1851 restaurandola e creando, tra le terrazze degradanti, un parco carico di piante esotiche e di frutti e fiori mediterranei. Dunque, il mito di Villa Rufolo continua soprattutto grazie a lui. «I giardini li sento come una mia creatura – dice con orgoglio Vincenzo Amato, che dall’agosto del 1974 è alle dipendenze dell’Ept che il 28 settembre dell’anno prima acquistò la Villa Rufolo per il tramite della Regione Campania – Se mi fanno i complimenti? Certo, soprattutto gli stranieri, quelli che se ne intendono e ne capiscono. È una grande gratificazione. Come fu quella di Susanna Agnelli una decina di anni fa. Io nella villa c’ho lavorato sempre per coscienza, anche quando avevo la febbre non mi sono assentato. In quarant’anni non ho mai fatto un giorno di malattia. In quei giardini ho lavorato con amore e probabilmente quello che ho fatto a Villa Rufolo non lo avrei fatto a casa mia». Per Vincenzo, che qualche segreto del mestiere l’ha trasferito alle nuove generazioni, si profila un ruolo di memoria storica del complesso. «Attraverso di lui vogliamo ricostruire il vissuto della villa degli ultimi cinquant’anni – spiega il direttore Secondo Amalfitano – Gli aneddoti, le storie, i suoi ricordi sono un tesoro di grande valore».
Il Mattino