ANTONIO MANZO Ed ora gli investigatori del Ros puntano sulle «somme urgenze» e sulle gare di appalto con le licitazioni private semplificate, cioè gare per opere pubbliche tra una trentina di ditte scelte dall’elenco di fiducia degli uffici della provincia. Due sistemi, due trucchi per il cartello delle imprese. Il primo, le somme urgenze: lavori a trattativa privata, ad una impresa di fiducia, importo delle opere non superiore ai 200mila euro. E se i lavori da svolgere ammontano ad una cifra superiore, che imporrebbe un appalto a maggiore evidenza pubblica, si «spezzetta» l’importo fino ad arrivare alla soglia minima e scegliere l’impresa. L’elenco, inutile dirlo, viene compilato dagli uffici. Il secondo: le licitazioni private semplificate, cioè invitare alle gare trenta imprese tratte da un elenco di fiducia e invitarle, un gioco per il cartello delle imprese. L’inchiesta sugli appalti truccati della Provincia sui quali aleggia l’ipotesi di corruzione e, quella ancor più complessa, di un presunto collegamento del cartello di imprese con la criminalità organizzata viaggia spedita. Le carte sono nelle mani del Ros, i pm dell’antimafia Volpe e De Masellis hanno «consegnato» le piste da indagare. Dal 2004, anche a seguito di una rotazione piuttosto frenetica di incarichi dirigenziali e con conseguenti malumori all’interno dei cosiddetti centri di responsabilità (dove ci sono i cordoni della spesa), sarebbero stati perfino aumentati i passaggi nella filiera burocratica, dall’appalto al mandato di pagamento. «E inevitabilmente – racconta un costruttore – c’è chi ha perso tempo in buona fede e chi ha controllato per un eccesso di mestiere, quasi sempre doloso», Proprio a seguito di questa rivoluzione interna con l’inevitabile cambio di marcia, numerose denunce sono state spedite negli anni all’attenzione del dirigente appalti, avvocato Alfonso Longobardi, tutte denunce puntualmente girate alla procura della Repubblica. È da qualche tempo, con il ristabilimento di regole interne e il ripristino di controlli ancor più rigidi (settori finanze-Delli Santi e lavori pubblici-Cavaliere), che la macchina avrebbe ripreso a funzionare secondo ritmi di maggiore certezza di legalità. È l’inevitabile contesto che fa da sfondo all’inchiesta sugli appalti, e non solo opere pubbliche, dell’amministrazione provinciale. Ora gli investigatori sono impegnati «a leggere» i documenti e gli atti sequestrati nel corso del blitz presso gli uffici di sessanta imprese edili. In un ufficio, quello dell’impresa di Gennaro Citarella, noto nell’ambiente imprenditoriale come Rino (è un nipote di Gino, ucciso nell’agguato del ’90), gli investigatori sarebbero stati costretti a trascorrere diverse ore. Rino, con imprese del tutto diverse e distinte da quelle degli altri Citarella coinvolti nell’inchiesta, ha conosciuto un’escalation di affari e commesse negli ultimi anni davvero sorprendente. I suoi colleghi lo descrivono come un lavoratore che non conosce soste: dalle sei del mattino fino a notte tardi, a girare per cantieri ed uffici, negli ultimi anni prevalentemente della Provincia. Nessuno dei suoi parenti, negli ultimi anni avrebbe raggiunto gli stessi volumi di affari. Ma è proprio nell’ufficio di Rino Citarella che gli investigatori hanno rintracciato gli indizi più consistenti del collegamento tra imprese dell’Agro e, paradossalmente, nessuna intestata agli altri Citarella dell’inchiesta. I segreti sono in computer, floppy disk e pen drive.
(Il Mattino, 24 maggio)