Dopo lo scontro in televisione Marco Travaglio a Tramonti spiega perchè non ha reagito alle offese di Vittorio Sgarbi. Invitato al premio Tagliafierro nella cittadina che si affaccia sulla Costiera Amalfitana dal Valico di Chiunzi, che la collega con l’Agro Nocerino-Sarnese e Ravello, Marco Travaglio dopo la presentazione del suo libro si confida. “Non ho reagito alle offese di Sgarbi (è stato chiamato un pezzo di m.. in diretta) perchè intendo citarlo a giudizio – spiega Marco Travaglio -, ho molte spese legali e ne approfitterò per pagare i miei avvocati, Non potevo mettermi al suo livello reagendo a tali offese gratuite.” Sulla dichiarazione dei redditi pubblicate in rete? “Mi sembra una cosa fatta benissimo – dice Travaglio -, è giusto che ci sia trasparenza, possibile che il commerciante dichiari meno di un dipendente che deve campare una famiglia e nessuno può dire nulla?”. Travaglio è stata la vera attrazione della serata a Tramonti ha coinvolto il pubblico, ma a luglio tornerà per un doppio appuntamento a Positano e Vico Equense. Travaglio ha trascorso la giornata con tranquillità facendo solo un fugace giro sulla Costa d’Amalfi, una toccata e fuga per riprendersi da un momento molto intenso. Ma perchè Santoro ha invitato Sgarbi e cosa è successo? Santoro ha trasmesso ampi brani del comizio di Beppe Grillo da Torino, il 25 aprile; brani in cui si metteva in dubbio l’imparzialità del presidente Napolitano; o si insultava Umberto Veronesi, definito «cancronesi, non un medico ma una spa». Come se non bastasse, a contrastare Grillo c’era Vittorio Sgarbi in piena forma sgarbistica (e Santoro sapeva benissimo quello che faceva chiamandolo). Per giocare il suo ruolo in commedia, ha dato in escandescenze (Marco Travaglio invocava l’arrivo della neurodeliri), ha insultato tutti, anche chi non c’è più, come Enzo Biagi, anche gli altri protagonisti della scena: oltre a Travaglio, Norma Rangeri del «manifesto» e Roberto Natale presidente della Fnsi, il sindacato dei giornalisti, quelli che Grillo vuole abolire. Conclusione: si minacciano querele incrociate (anche Sgarbi vuole querelare Travaglio), si agitano i pazienti di Veronesi, fioccano le reazioni di tanti politici che non hanno visto la trasmissione, e comunque non sono d’accordo. Ma Soprattutto Claudio Petruccioli, presidente Rai, si scaglia a muso duro contro Santoro (del nuovo caso discuterà mercoledì il cda): «Il danno, l’umiliazione e la vergogna che vengono al servizio pubblico sono incalcolabili; per la mia funzione e personalmente ne faccio ammenda e prendo impegno a fare il possibile per impedire che qualcosa del genere possa ripetersi. A nessuno è consentito confondere la libertà del giornalista e la responsabilità del conduttore con l’appalto della tv pubblica a terzi che ne fanno un uso arbitrario e indecente. Chi è responsabile di un programma non lo è solo per quanto dice personalmente, ma per tutto quel che vi avviene; non ci sono zone franche». Però Roberto Natale, tra l’altro giornalista Rai, che in studio si è beccato le escandescenze di Sgarbi, non è proprio d’accordo: Appare singolare l’idea di Petruccioli che gli spettatori della Rai non possano vedere ciò che avevano potuto leggere sui quotidiani: come se fossero immaturi e bisognosi di tutela. Le frasi su Napolitano, così come gli insulti a Veronesi e ad alcuni direttori di testata, hanno trovato replica in studio. Chi ha seguito la trasmissione ha potuto farsi un’idea più precisa di un fenomeno che ha coinvolto alcune centinaia di migliaia di persone». Petruccioli poteva anche reagire diversamente, pur stigmatizzando i fatti: poteva sottolineare che quella puntata di «Annozero» è stata una dimostrazione di quanto sia falso ciò che Grillo afferma, e cioè che in Italia in pratica non c’è la libertà di stampa. Invece ha ridato a Santoro la possibilità di rimettersi in testa la sua amata aureola da martire. Tra le reazioni dei politici, Giorgio Merlo, pd: «Non rientra tra le finalità del servizio pubblico la cultura del linciaggio e della diffamazione». Landolfi, an-pdl: «Mi fa piacere che Petruccioli abbia assunto una posizione così netta, ribadendo che le ragione del servizio pubblico non possono coniugarsi con questo diritto al linciaggio».
E Santoro che dice, che fa? Attende «fiducioso» le iniziative di Petruccioli: «Ho fatto il mio lavoro. Le affermazioni di Grillo su Napolitano, già presenti nelle cronache di tutti i giornali italiani, sono state riportate senza la volontà di farle proprie. Non riportarle avrebbe rappresentato, a mio parere, una grave omissione e una censura. La stessa considerazione vale per i giudizi sul professor Veronesi e su qualunque altro personaggio pubblico. Grave in tutto questo è l’attacco fatto a Marco Travaglio e la mancata indignazione della stampa nazionale, in una lettera a Grillo la figlia del giornalista Beppe Alfano ucciso con tre pallottole, di cui una in bocca. I giornalisti coraggiosi rimasti sono pochi, sono un facile bersaglio. Prima vengono diffamati, poi isolati, anche dalla loro categoria, e spesso sono uccisi. Dopo la loro morte l’informazione di regime li sottera con grande velocità. Un po’ si vergogna, ma in fondo è soddisfatta.
“In Italia per scrivere la verità o per applicare la legge bisogna essere eroi. Molti si scoraggiano, si adeguano, si ritirano – dice Beppe Grillo -. Non ha un futuro un Paese in cui neppure le morti di Falcone, Borsellino e di Livatino scuotono l’opinione pubblica. Non ha un futuro un Paese in cui i condannati si rifiugiano in Parlamento e ci irridono.
I giornalisti che ancora danno dignità a questo Paese con la loro voce vanno protetti dagli sciaccalli di regime, dai killer della parola. Nessuno tocchi il soldato Travaglio e chi rischia la sua vita per noi per amore di verità.” Purtroppo, come ha detto anche Travaglio, la categoria non esprime solidarietà nei confronti dei colleghi, basti pensare ad Enzo Biagi, se vi fosse stato un minuto di sciopero forse non sarebbe stato cacciato dalla Rai. Se l’ordine non interviene per la vicenda Travaglio, forse è un motivo in più per aderire ai referendum di Grillo.
Michele Cinque