Cento (FE). Richiami Convergenti.

14 giugno 2008 | 00:00
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Cento (FE). Richiami Convergenti.
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Cento (FE). Richiami Convergenti.
Cento (FE). Richiami Convergenti.
Cento (FE). Richiami Convergenti.
Cento (FE). Richiami Convergenti.

Sarà inaugurata mercoledì 18 giugno 2008, alle ore 19, alla “Fondazione Don Giovanni Zanandrea Onlus”, in Via Ugo Bassi, 49 – 44042 Cento (Ferrara), la mostra “Richiami Convergenti”, con opere recenti di Luisa Bergamini, Lucia Buono, Maria Pia Daidone, Umberto Esposti, Biagio Longo, Dante Mazza, Nabil, Monica Pennazzi, Angela Rapio, Myriam Risola. Interventi vari, alle ore 19.30, tra cui quello di Giovanni Pirani, Presidente della “Fondazione Don Giovanni Zanandrea Onlus”. Questa collettiva vuole essere un segnale, seppur minimo, di verifica dello stato dell’arte in Italia. E’ un incontro tra artisti, ben conosciuti ed apprezzati, di diverse aree geografiche italiane, che hanno partecipato con opere di qualità a varie rassegne e manifestazioni. Parte degli introiti ricavati dalla vendita delle opere sarà devoluta alla “Fondazione Don Giovanni Zanandrea Onlus”. Sino a domenica 13 Luglio 2008; mercoledì, giovedì, venerdì, ore 17-21; domenica, ore 10-13.

Luisa Bergamini nel suo studio cerca di ricavare forme sintetiche. Elabora, taglia, sfuma.

Le sue composizioni modulari astratte dichiarano una vera e propria profonda presa di coscienza, corroborata da ciò che sedimenta. Il “focus” della costruzione pittorica di Luisa Bergamini prende spunto da vene intimistiche sino a tangere interessi sociali in una chiave più vicina a disamine attivate da una penetrante astrazione. Sull’artista si è attivata un’attenzione critica e i suoi lavori, eleganti e ritmici, abbracciano il mondo delle coordinate comunicative. Luisa Bergamini riesce, con meditato impegno, a definire e a precisare virtualità modulari e a coniugare e a dimensionare tagli estremi di rara efficacia.

Lucia Buono ha sempre riconosciuto nel mare e nelle sue radici fonti ideali d’ispirazione. Si è tentati d’intendere i suoi lavori come offerte di conchiglie di mare in cui si raccolgono profumi e odori, brezze e venti, sabbia e calure. Segmenti ed indizi scrivono un fondo pittorico ben articolato, quasi una filosofia visiva tutta imperniata ad intendere il fascino del mediterraneo, una solarità femminile, un abbraccio di eventi ed un respiro di epoche. I lavori dell’artista pugliese si offrono per incontrare il mare, le sue onde, il suo fascino estremo e i suoi orizzonti.
Maria Pia Daidone continua a tessere redazioni pittoriche intriganti ed, in particolare, sagome dal sapore magico, di recentissima datazione, su cui insistono anche segni, segnacoli, segnature, graffi, incisioni, strofinature, accostamenti di sacro e profano, raccolgono le vertigini del nostro tempo e ci rimandano a tempi antichi, in cui un graffito si interpolava come primo significativo elemento segnico-simbolico di interpretazione e di comunicazione sociale. Le opere di Maria Pia Daidone provengono dall’icasticità del mondo antico e si offrono nella qualità di un’efficace teoria di dettagli antropologici contemporanei di rilievo.

Umberto Esposti è uno scultore e lavora riabilitando oggetti dismessi e riconverte vari materiali. La tela bianca la squarcia e la plastica la corrompe per liberare sentimenti e ristabilire altre verità. Le sue accorte redazioni fluttuano in un misurato spazio, ma si ancorano in una pittura-scultura sostanziata da temperature e codici. Il suo gesto penetra la materia e, così, l’artista oltrepassa l’ordinario per riportarci il “senso del mondo”. L’artista è solito presentare vari segmenti operativi; tra cui, una serie di opere su tela grezza con colature rosse in nitro e sul retro la provetta del suo “dna”, firma d’artista, e le meccanosculture realizzate con bielle, che fanno pensare ad ominidi nudi nati dalla meccanica.

Biagio Longo si esprime con l’utilizzo di materiali semplici reperiti in natura, come le pietre e i grossi sassi, raccolti nell’alveo dei fiumi, e il legno, spesso coniugati insieme dopo un lungo meticoloso lavoro di ripulitura e lucidatura da un lato, ma dall’altro infierendo su di essi colpi precisi e forti per provocarne spaccature, ferite, traumi, che in natura rendono possibile la visione dell’anima profonda che li contraddistingue. Il rapporto dell’artista col sasso diventa quasi intimo facendo nascere il desiderio di scoprire cosa si nasconda all’interno del ciottolo che, modellato dal continuo scorrere dell’acqua, racchiude al suo interno il segreto geologico del tempo. Il tempo, che per l’uomo ha un transito così veloce, in natura non ha fretta.

Dante Mazza con rarefatte composizioni sostanzia attese cromatiche in possibili, future certezze che oserebbero afferrare acuti respiri dell’anima. Sottile ed impervia è la costruzione cromatica per far reggere il senso del colore inseguito, valutato, pensato e regolato. Tutta l’abilità dell’artista è nel processo cromatico, che vuole supportare per avvicinarsi ai confini del divenire. L’artista quasi si esercita a giocare sulla linea d’ombra, sul possibile riscatto di quella cromia o dell’altra. Il suo intendimento, snello, converte esterno del mondo e soglia di preclusione in un movimento, guarnito di abilità, attento a posarsi più che a fuggire. Le vene dell’intimo sono in filigrana e in affusolati richiami rimbalzano in un’azione pittorica di pregio, che non intende nascondere, per sottintendere interessi vicini all’astrazione.

Nabil,nell’attuale comprensione delle arti visive contemporanee è, senz’altro, figura da apprezzare, perché motiva l’urgenza del cambiamento, la volontà di far scattare le sintesi per i propri lavori. Privilegia con chiaro intendimento, mirando il respiro del tempo, proiezioni di un intimo sentire. Le sue odierne elaborazioni si posizionano a scandire una successione di istanti misurati e, difatti, si colgono nelle sue composizioni nuove combinazioni, insistenti ed armonizzate, e franche consapevolezze.

Monica Pennazzi nel solco e nell’ambito di un linguaggio volutamente astratto riesce a determinare opere che delineano immagini sintetiche. Linee, forme e colori principiano, per riflesso espressivo, da indagini intime ed esprimono una rete di contenuti motivati. Proprietà e precipitati di qualità delle singole materie utilizzate sorreggono, poi, scelte operative. Spaccati di detonazione linguistica si offrono in lavori che s’impongono come possibili riepiloghi. Le spaccature, le corrosioni, gli scontri cromatici, i tocchi di pigmenti, le visioni fantastiche che s’apprezzano nei lavori ultimi di Monica Pennazzi alimentano lo sguardo sulla vita ed invitano a misurare e a cadenzare dialoghi.

Angela Rapio con le recenti sensibilità accoglie uno sversamento di umori ulteriori, di “mappe del mondo”, di “geografie umane” tutte indirizzate a rastrellare e a sollevare quasi un “humus glocal”. Nelle circonferenze, ritagliate ad uovo, si sommano i vecchi momenti ed i nuovi esercizi, più liberi nelle spaccature e nelle lacerazioni e nella realizzazione sciolta, fluente, dinamicamente armoniosa, che vuole intendere un mondo trattabile nel contesto attuale di un’universalità accettata; comunque, tutta da ricontrollare, da verificare, da esaminare.

Myriam Risola riesce a far respirare nelle sue opere fantasia e libertà. Fantasia di colori e di segni e libertà esecutive in una teoria di codici del novecento sfiorano isole di sogni, piattaforme di dissonanze, liturgie cristiane, geometrismi di radice araba, silenzi mussulmani ed inni alla vita. Tutto è centrifugato ed in settori o in pieghe di ventagli s’insinua il “jolly” ed orizzonti di topografie fantasmatiche si stagliano ed accettano soluzioni su soluzioni, quasi a voler generare un nuovo linguaggio, che possa abbracciare una pluralità di versioni.

Maurizio Vitiello