L’accusa chiede il massimo della pena, compatibile con il rito abbreviato, per il patrigno-assassino di Mattias Romano, il ragazzo di 17 anni massacrato il 19 febbraio dello scorso anno e abbandonato su una piazzola della Costiera amalfitana dopo Amalfi sulla strada fra Positano e Sorrento e Vico Equense. La sentenza è prevista per domani. Al termine della requisitoria, nella giornata di ieri il pubblico ministero Maria Carmela Polito ha chiesto la condanna a 30 anni di reclusione per Roberto Vacca, a cui ha contestato l’omicidio con diverse aggravanti. Tra queste, l’aver agito con premeditazione, in quanto non si è trattato di un delitto compiuto improvvisamente, ma eseguito dopo che Vacca aveva effettuato varie ricerche per individuare Mattias, che si era allontanato dalla Quiete, dove era stato ricoverato il giorno precedente. Così, quando lo ha trovato davanti al bar che il ragazzo era solito frequentare con gli amici, lo ha fatto salire a bordo della propria autovettura e lo ha poi condotto in un luogo molto distante sia da Salerno che da Bellizzi, dove risiedevano: sulla Statale Amalfitana, nei pressi della prima piazzola dopo Positano. Il delitto, dunque, è stato commesso molto tempo dopo che i due si erano ritrovati. Un’altra aggravante contestata, i futili motivi: è stato proprio Vacca a raccontare ai giudici, quando ha confessato l’omicidio, di non sopportava più le fughe del ragazzo. C’è poi l’aver agito con crudeltà, in considerazione delle modalità con cui è stato commesso il delitto: l’assassino ha sfondato il cranio di Mattias con una mazzola, infierendo sul ragazzo che era in condizioni di alterazione psico-fisica, con conseguente ulteriore aggravante di aver agito nei confronti di una persona con una minorata difesa. Hanno concluso ieri le arringhe anche i legali delle parti civili: gli avvocati Silverio Sica e Alba D’Antonio, che rispettivamente assistono la madre del ragazzo, Debora Romano e il nonno materno, Lucio Romano. Duro il commento della mamma: «Trent’anni sono pochi». «Un delitto efferato di cui ancora non si conoscono le reali motivazioni. Certo il comportamento del ragazzo nei mesi anteriori all’omicidio, le sue fughe, sono manifestazioni tipiche di una vittima di abusi sessuali», ha affermato l’avvocato Sica, che si è soffermato su questo punto anche nel corso della sua arringa. E l’avvocato Alba D’Antonio ha aggiunto: «È stato un brutale omicidio per le modalità con cui è stato commesso e con la sua condotta successiva l’assassino non ha mostrato alcun rimorso». In realtà Roberto Vacca subito dopo aver commesso quell’orrendo crimine si è cambiato, ha eliminato ogni traccia di sangue ed è tornato a casa, dove lo aspettava la moglie, in ansia per Mattias. A lei l’uomo ha raccontato di averlo cercato invano e anche successivamente, quando diversi giorni dopo il ritrovamento di quel corpo martoriato, si è giunti alla identificazione tramite la trasmissione televisiva «Chi l’ha visto?», ha cercato di dissuadere la moglie, che voleva telefonare ai carabinieri per chiedere notizie sulle indagini, finalizzate alla ricerca dell’assassino. Per circa tre mesi ha continuato a viverle accanto, riuscendo a ingannarla, fingendo di sostenerla nei momenti di disperazione più profonda, poi alla fine quando si è reso conto che gli inquirenti erano oramai arrivati a lui, ha giocato d’anticipo e prima di essere arrestato si è presentato nella caserma dei carabinieri e ha confessato quell’orrendo crimine. (Antonella Barone, Il Mattino)