Salvatore Rossi, capo della ricerca di Bankitalia, uno dei più stretti collaboratori del governatore Mario Draghi, è stato chiaro: «Ci sono molte ombre e poche luci in una situazione economica negativa come è risultata quella della Campania. E comunque leposi- tività non riescono a bilanciare le criticità. Cosa servirebbe per cambiare? Un recupero di produttività ed efficienza: delle imprese, della pubblica amministrazione e degli stessi cittadini». Una sintesi tanto secca quanto efficace, quella proposta dall’alto funzionario di Palazzo Koch durante la presentazione del Rapporto 2007 sulla regione redatto dalla sede di Napoli dell’istituto centrale con la collaborazione delle altre filiali campane. E «prevedibilmente », secondo Giovanni Iuzzolino, responsabile del Nucleo di ricerca economica della sede di Napoli di Bankitalia, la situazione economica non migliorerà per quest’anno («anzi»). «Proprio oggi (ieri per chi legge, ndr.) sono state diffuse due ricerche che non lasciano presagire nulla di buono: l’Istituto italiano cambi ha rilevato che nel primo trimestre del 2008, rispetto all’analogo periodo dell’anno precedente, la presenza dei turisti stranieri in Campania è diminuita del 20%. La spesa, invece, è scesa del 24%. Un dato comprensivo della Pasqua (a differenza del 2007) sul quale avrà sicuramente pesato l’emergenza rifiuti. Va ricordato, infatti, che l’anno scorso il bilancio dei vacanzieri, italiani ed esteri, era stato positivo per la regione». E ancora: «L’Istat ha sancito che la Campania è fra le tre regioni d’Italia e l’unica del Sud che, sempre nel primo trimestre 2008, hanno fatto segnare un decremento dell’export (-1,9% il riscontro preciso). Anche qui si tratta di un numero poco rassicurante che inverte il trend registrato nel Rapporto 2007». Ma cosa dice il dossier illustrato nei suoi maggiori contenuti dal direttore Sergio Cagnazzo? «Nel 2007 il Pil della Campania a prezzi costanti è cresciuto a un ritmo debole, compreso tra lo 0,5%, secondo le valutazioni della Svimez e l’1,1, secondo le stime di Prometeia. In entrambi i casi, proseguendo una tendenza in atto dal 2003, la crescita è stata inferiore sia rispetto al Centro-Nord sia rispetto alle altre regioni meridionali». Un «forte rallentamento» anche rispetto all’andamento della stessa Campania: nel 2006, infatti, ricorda Iuzzolino, il prodotto interno lordo era cresciuto dell’1,4%.
Retrovie Ue – «A metà decennio gli indicatori economici regionali mostravano un consuntivo deludente anche nel confronto con altre aree europee in ritardo di sviluppo. Nella graduatoria riferita al Pil procapite, valutato dall’Eurostat alle parità dei poteri d’acquisto, tra il 1995 e il 2005 la Campania è scesa dal 38esimo al 52esimo posto sul totale delle 60 aree che a metà degli anni novanta risultavano beneficiarie dei Fondi strutturali destinati alle regioni dell’obiettivo 1». Come dire: siamo nelle retrovie europee.
Cosa va – In numerosi comparti, «dall’agroalimentare all’alta moda, dall’aeronautica all’elettronica ai servizi logistici, non sono mancate in Campania realtà produttive capaci di affermarsi nei mercati internazionali ed esperienze di successo basate su innovative tipologie di organizzazione della produzione. Tali performance hanno però riguardato un insieme numericamente limitato di attività e sono state perciò più che compensate dal negativo andamento del resto dell’economia».
Cosa non va- Lo scorso anno, l’indebolimento del ciclo economico in Campania ha riguardato la maggior parte dei settori produttivi. I consumi delle famiglie hanno continuato a crescere a ritmi assai contenuti; nel mercato immobiliare i volumi di compravendita sono diminuiti e gli andamenti rilevati nei servizi non hanno mostrato significative novità rispetto agli anni recenti. Sensibilmente rallentati gli investimenti delle imprese industriali.
Emergenza lavoro – La scarsa crescita dell’economia campana ha accentuato gli squilibri nel mercato del lavoro. Il numero di occupati nel 2007 è calato dello 0,7 per cento; negli ultimi quattro anni è diminuito del 2,4 per cento contro una crescita del 2,7 nelle altre regioni meridionali e del 4,6 nelle aree centrosettentrionali. Il peggioramento della situazione occupazionale è dovuto sia alla bassa probabilità di trovare occupazione da parte di chi la cerca, inferiore di oltre 23 punti percentuali rispetto alle regioni del Centro- Nord, sia alla più elevata frequenza della perdita del posto di lavoro. La spesa pubblica cresce Al netto degli interessi e delle partite di natura finanziaria, la spesa delle amministrazioni pubbliche centrali e locali sul territorio regionale era pari nel 2006 a poco più di 8.600 euro procapite, circa duemila euro in meno rispetto alla media italiana. Il 90% di tali risorse è destinato alla spesa corrente e il 10 per cento alla spesa in conto capitale, finalizzata al sostegno dello sviluppo economico. Tra il 2003 e il 2006 la spesa pubblica corrente in Campania è cresciuta a un tasso medio annuo pari al 4,4 per cento, mentre le spese in conto capitale sono diminuite del 3,2 per cento l’anno.
Paolo Grassi, Corriere del Mezzogiorno