SALERNO, E´ MORTO FRUSCIONE IL DECANO DEI GIORNALISTI
E’ morto ieri pomeriggio Nicola Fruscione, decano dei giornalisti salernitani e più volte presidente, negli anni settanta e ottanta, del circolo Canottieri. Se n’è andato in pochi minuti, il tempo di chiedere soccorso e di salire sull’ambulanza che lo ha trasportato a sirene spiegate verso il Pronto soccorso di San Leonardo. E’ arrivato giá privo di vita, stroncato da un edema polmonare fulminante, come recita il referto dei medici, e lasciando un vuoto nel mondo del giornalismo e tra i tantissimi che lo hanno amato stimato.
Gli ultimi a vederlo, come racconta il quotidiano La Città di oggi, sono stati gli amici del circolo Canottieri. Ha pranzato lì, ha bevuto il solito caffè, ha chiacchierato con il presidenteAlfonso Sansone e scherzato con il senatore NinoParavia. «Lo facevamo sempre – racconta – lui prendeva in giro la mia attivitá di parlamentare, io la sua di giornalista. Sabato sera avevamo giocato a carte, ieri invece ha detto che preferiva tornare a casa a riposare un po’».Nicola Fruscione non ha fatto nemmeno in tempo a salire nel suo appartamento, alle spalle di palazzo Barone. Era ancora in auto quando si è sentito male e ha chiesto aiuto con una telefonata a Sansone.Il presidente si è precipitato sul posto, mentre Paravia allertava il 118. Ma per Fruscione, ottant’anni il prossimo novembre, non c’è stato nulla da fare. Ieri sera era atteso al circolo “Sala Abbagnano”, ma anche lì si è presto diffusa la notizia del decesso. Erano all’incirca le cinque del pomeriggio quando il suo corpo esanime è arrivato in ospedale, subito seguito da decine di persone: i colleghi Mariano Ragusa e Antonio Manzo, l’ingegnere Savì Marano, i professionisti Almerigo Tortorella e BrunoIannone, e via via tanti altri man mano che la notizia si diffondeva in cittá. Da Roma si sono subito messi in viaggio Marina e Giovanni Sullutrone, che Fruscione considerava come figli, e da fuori regione, le due sorelle del giornalista.
Dopo gli inizi da giovane cronista, con gli insegnamenti dello zio Ugo, Fruscione dimostrò presto talento, diventando capo della redazione salernitana del “Roma” e poi de “Il Mattino” prima di passare verso il finire degli anni Settanta a “Il Giorno”: prima a Milano, voluto da Gaetano Afeltra, e poi a Roma come cronista politico, tra i primi a raccontare il sequestro Moro. Quindi, il ritorno a Salerno come capo del Mattino. «Una persona intelligente, amico di chi lo meritava» lo fotografa l’amico Enzo Maffei.
La professione non l’ha abbandonata nemmeno quando è andato in pensione. Fino all’ultimo ha scritto sulle pagine dell’edizione salernitana del “Corriere del Mezzogiorno”, era il columnist del quotidiano con una rubrica che di fatto scandiva tutte le mattine la vita cittadina. «Nicola non era uno che poteva stare in pensione – spiega l’amico Paravia – Continuava a scrivere con lo stesso entusiasmo di sempre, come un difensore civico che sta dalla parte del popolo e segnala tutto ciò che non va in cittá.Gli piacevano le mostre e i libri, era un autentico uomo di cultura e anche una persona di grande spirito.”
’’Dire un giornalista di razza è banale – dice a nome dell’Ordine dei Giornalisti della Campania, il segretario Gianfranco Coppola – Capacità di organizzare, fiuto per la notizia, la maestria nel saper gestire la pressione tipica della provincia. Fruscione ha lanciato nella sua carriera un gran numero di colleghi, accompagnandone le carriere con grandissimo affetto mascherato da sorrisi dissacranti o folate d’ira ma comunque col fare davvero impareggiabile del maestro. L’Ordine dei Giornalisti della Campania saluta una figura di primissimo piano nel cui ricordo sarà necessario attivare iniziative’’va parte del gruppo del Corriere del Mezzogiorno, e lo ricordo con grande affetto e simpatia, aveva sempre una parola di comprensione e una saggezza pacata, una penna arguta e leggera, ricordo il suo interessamento alle vicende della Costiera Amalfitana, da Positano a Ravello, Amalfi, Vietri sul mare, conosceva tutto di tutti. Mancherà alla redazione del Corriere, mancherà al giornalismo, mancherà a tutti. Ci mancherà la sua penna ed il suo sorriso.
Michele Cinque
Addio a Nicola Fruscione maestro di vita e di giornalismo
Carla Errico Lui che non andava mai ai matrimoni ai battesimi e ai funerali, lui ch’era nemico d’ogni convenzione e d’ogni convenienza. Lui che ha insegnato a generazioni di colleghi a vivere prima che a diventare cronisti, lui che c’era sempre quando andavi a nozze o quando ti sfracellavi con l’auto dentro a una scarpata, lui che sapeva esorcizzare la più terribile catastrofe o la minima miseria umana con la calma dei forti. Lui, oggi, ti costringe a scrivere quel che non avresti mai voluto scrivere, il saluto doloroso al quale preferiresti mille volte la pagina bianca. È morto Nicola Fruscione, maestro di vita e di giornalismo. Ottant’anni da compiere a novembre, se n’è andato ieri pomeriggio col passo veloce e imprendibile di tutta la sua esistenza. Un malore al circolo Canottieri ch’era la sua seconda casa e il suo osservatorio privilegiato sulla città che amava come una creatura modellata ogni giorno nella sua penna duttile e severa. Un’inutile corsa in ambulanza verso la scoperta della morte come lui la voleva, fulminea e serena. Riposa alla morgue dell’ospedale San Giovanni di Dio e Ruggi d’Aragona. Domani il commiato con la sua gente e la sua Salerno. Ottant’anni, e almeno cinquanta vissuti a raccontare la cronaca quotidiana senza reticenze nè luoghi comuni. Cronista di razza – e non è un luogo comune – allevato alla scuola dello zio Ugo, Nicola Fruscione inizia dall’abbicì dei giovani giornalisti negli anni ’50. La cronaca nera e quella giudiziaria, i delitti e i processi. Quando l’alluvione travolge Salerno in un mare di fango e di lutti, nel ’54, lui è lì in prima linea – è anche questo non è luogo comune – a testimoniare dalle colonne del Mattino la tragedia all’Italia intera, corrispondente del quotidiano del Mezzogiorno e sentinella acuta più d’ogni inviato. Il suo primo reportage è uno scoop. «Conosceva la città, le persone e i fatti delle persone, rispetto agli altri giornalisti aveva un vantaggio enorme: era conosciuto e apprezzato dalla gente, sapeva riscuoterne attenzione e fiducia»: è il ricordo di Aldo Falivena, all’epoca cronista alla prima gavetta come Fruscione. Uno così, attento e intelligente, fatica poco a far carriera. A diventare capo della redazione salernitana del «Roma». Ad approdare nella Capitale come addetto stampa al ministero delle partecipazioni statali. Quindi a far la valigia per Milano, tempio del giornalismo grandi firme. Al «Giorno» Nicola Fruscione viene chiamato da Gaetano Afeltra, suo grande amico, burbero come lui, come lui abbarbicato all’affetto per la terra d’origine. Nel capoluogo lombardo è cronista di punta, il primo ad intervistare Renato Vallanzasca, il mitico bel Renè primattore nelle aule dei tribunali meneghini negli anni ’60.
Da Milano il trasferimento a Roma, scelto come tappa di avvicinamento all’amata Salerno. Qui approda alla cronaca politica, diventa giornalista parlamentare e testimonia un’altra grande tragedia collettiva del Paese: il sequestro di Aldo Moro. È Afeltra, ancora lui, a volerlo prima firma nelle cronache drammatiche del rapimento dello statista democristiano, in tandem con Sandra Bonsanti. E qui matura l’intesa di ferro con Giovannino Russo, amico e confidente di mille telefonate. Torna a Salerno nel ’79, Nicola Fruscione, e torna al Mattino, chiamato da Roberto Ciuni a dirigerne la redazione salernitana. Lo farà per lunghi anni, autorevole e rispettato interlocutore dei potenti, amico e complice confidente dei semplici. Ma è solo ad un anno dal rientro che lo aspetta l’ennesima prova d’alta professionalità con la grande cronaca. Stavolta è il terremoto dell’80. La Campania sepolta dalle macerie, cinquemila morti tra i paesi più poveri dell’Irpinia e del Salernitano e lui lì, in prima linea e stavolta anche regista, a coordinare il pool di giornalisti messo in campo dal Mattino per descrivere i drammi e urlare ”Fate presto” al resto del mondo. Con il Mattino, ancora, Nicola Fruscione vive alla redazione romana gli ultimi anni di un’esperienza professionale che non si fermerà con l’arrivo della pensione. Poi l’approdo al Corriere del Mezzogiorno, con una rubrica quotidiana ch’è uno specchio in dialogo continuo con la città, le sue luci e le sue ombre. ”Qui Salerno” è l’ultimo osservatorio di un veterano del giornalismo che ogni mattina scopre la freschezza e l’originalità d’una nuova storia da raccontare. Cronista di razza, ma non solo. Nicola Fruscione ama il cinema, l’arte, la musica. Un interesse coltivato fin dagli anni ’50 con la frequentazione del “Circolo del cinema”, poi del “Circolo democratico” e della libreria Macchiaroli, i cenacoli culturali (ma si discute anche di politica) dei giovani intellettuali salernitani tesi a ricostruire la città (quella etica, civile) all’indomani della guerra. Fruscione è tra gli “amici” più attivi della galleria “L’incontro” di Feliciano e Giulia Granati insieme con Mario Carotenuto, Lelio Schiavone, Antonio Castaldi, Nicola Napoli e Bruno Fontana. Un sodalizio animato da Alfonso Gatto, il grande poeta e il compagno di viaggio ritrovato nella Milano degli anni ’60. Quando su input del poeta nasce dalle ceneri dell’Incontro la galleria “Il Catalogo”, l’intesa culturale continua con Lelio Schiavone, cui Fruscione è sempre “vicino” ma in maniera schiva, riservata, mai da protagonista. Il culmine del sodalizio intellettuale arriva con la decisione di dar vita alla Fondazione Gatto, pochi anni dopo la morte del poeta. Alla città che ama e che conosce in ogni pietra Nicola Fruscione regala il suo impegno civile oltre che professionale. È tra i protagonisti del recupero del centro storico e fautore dell’arrivo della soprintendenza per i beni ambientali, architettonici, artistici e storici, insediata dopo il terremoto dell’80 a palazzo D’Avossa. È l’animatore instancabile del circolo Canottieri Irno, blasonato presidio della città che conta e che pensa, e che lui trasforma in luogo d’iniziative culturali e in fucina di giovani talenti sportivi. In omaggio al centenario dei Canottieri, di cui è a lungo presidente, Nicola Fruscione inizia a raccogliere l’album dei ricordi per un libro che sarà. E qui, sulla terrazza affacciata sul ”lunato golfo” cantato dall’amico Gatto, nel primo pomeriggio tiepido di giugno si accomiata dagli amici con l’ultimo sorriso d’indecifrabile saggezza. Carla Errico (Il Mattino)