Su uno dei divani di Montecitorio, Giuseppe Gargani, presidente della commissione Giustizia del Parlamento Europeo, osserva le grandi manovre che si svolgono sulla legge che dovrebbe limitare l’uso delle intercettazioni in Italia. «Ormai – spiega – sono quasi tutti d’accordo che bisogna intervenire. Dal Vaticano a D’Alema. A proposito proprio ieri mi sono arrivate sulla scrivania a Strasburgo le intercettazioni su D’Alema per il caso Bnl-Unipol. La mia commissione deve decidere se vanno acquisite o meno.
Comunque, tranne qualcuno, tutti si rendono conto che l’aria è cambiata: oggi Berlusconi incontrerà il presidente della corte d’Appello di Napoli che gli consiglierà di andare avanti nell’operazione dei rifiuti e di infischiarsene dei pm». Insomma, Berlusconi, il Vaticano, D’Alema e da ieri anche il presidente Giorgio Napolitano sostengono che il sistema va modificato. Poi sui modi ognuno dice la sua. «Io – osserva Gargani – interverrei sulle procedure: deve essere il procuratore generale a decidere se le interccettazioni vanno fatte o meno, assumendosi la responsabilità e pagando se risultano inutili o se finiscono sulla stampa». Appunto, di ricette ce ne sono diverse ma Berlusconi per ora è rigido, vuole qualcosa di efficace, regole chiare e non non soggette alle interpretazioni di questo o quel magistrato. Innanzitutto vuole un provvedimento in tempi brevi e spera ancora che il ministro della giustizia, Angelino Alfano, lo porti in consiglio venerdì prossimo. Lo ha detto ai suoi consiglieri e allo stesso Guardasigilli ieri all’ora di pranzo: «Non possiamo permetterci di perdere tempo. Altrimenti questi ricominceranno con le solite persecuzioni, costruendo castelli accusatori su qualche intercettazione. Basta ascoltare i discorsi di Di Pietro. Io credo che la cosa migliore sia ancora quella di decidere che le intercettazioni possano essere usate solo per reati che determinano una pena superiore ai 10 anni. Qualcuno di voi dice 8: verifichiamo quali reati ci rientrano e decidiamo. E un argomento su cui misureremo anche l’atteggiamento di Veltroni, se il suo è un dialogo solo a parole, oppure no. Anche perchè abbiamo argomenti seri per spiegare un’iniziativa del genere alla gente: in Italia ci sono più di 12Omila intercettazioni l’anno, negli Usa non superano le 1700; le intercettazioni costano e invadono la vita dei cittadini, anche di chi non c’entra niente». Una posizione netta, poco incline ai compromessi. In fondo il premier ha le sue ragioni. Intanto sui tempi: un conto è prendere una decisione ora che ha un indice di gradimento del 63% e il governo del 60%, un altro fra qualche mese quando magari scegli qui, decidi là il consenso nel paese potrebbe scendere. E poi c’è sempre il problema del partito dei pm che gli spara contro. Le ultime inchieste di Napoli, da quelle che lo hanno coinvolto con l’ex- direttore generale della Rai Saccà a quelle che hanno messo i bastoni fra le ruote al suo piano contro i rifiuti, dimostrano che qualcuno ha ancora il premier nel mirino e 14 anni di politica hanno insegnato al Cavaliere che il tentativo di azzopparlo (oggi per Palazzo Chigi, domani per il Quirinale) passa sempre per la via giudiziaria.
Gli ultmi dubbi li ha spazzati via Antonio Di Pietro, portavoce dei “giustizialisti” in Parlamento. «Il primo beneficiario di questa legge – ha fatto presente ieri il leader dell’Idv – sarebbe il premier, sotto processo per corruzione a Napoli per le intercettazioni con Saccà. Con la nuova legge le inchieste di Napoli e di Roma diventerebbero carta straccia». Per cui una delle poste in gioco è chiara. Ora bisogna vedere se il Cavaliere riuscirà a creare le condizioni per far passare la sua linea. Alfano sta tentando di trovare una soluzione che tenga insieme la maggioranza e magari registri anche l’apertura dell’opposizione. Un’operazione complessa. Il presidente Napolitano ha auspicato ieri una soluzione condivisa in Parlamento. Un invito che da una parte aiuta il governo a legiferare sull’argomento, dall’altra potrebbe anche determinare una mediazione troppo a ribasso. Il motivo è semplice: Walter Veltroni continua ad avere una posizione altalenante tra l’esigenza di salvaguardare il dialogo con il Cavaliere e quella di non lasciare troppo spazio a Di Pietro. C’è sempre il rischio, quindi, che Veltroni sia “risucchiato” da una logica dipietrista. Solo che in questa occasione il Cavaliere potrebbe ricevere un aiuto da D’Alema, altra “vittima” delle intercettazioni. «Qui siamo intercettati tutti – osserva Ugo Sposetti, ex-tesoriere dei ds -. Io, il card. Bertone. Non so se con questo polverone poco chiaro sulla nostra posizione Veltroni voglia metterlo di nuovo in quel posto a D’Alema». E sul tema Berlusconi potrebbe ritrovarsi anche con Casini. «Il problema esiste e va affrontato – spiegava ieri a Montecitorio il leader dell’Udc – lo sanno tutti. Certo non si può limitarne l’uso su reati come la corruzione e la concussione, ma una restrizione è necessaria. Cosa farà Veltroni? Non gli ho parlato. Ma chi se ne importa. Noi andiamo avanti anche da soli».
In ultimo la maggioranza. Berlusconi ha bisogno di tenerla unita. Sia i leghisti, sia An hanno messo qualche paletto. Ma alla fine un accordo potrebbe già uscire nel consiglio dei ministri di venerdì. «Dipenderà – fa presente Aldo Brancher, il messaggero di Berlusconi presso il carroccio – dall’incontro di questa sera con Bossi». Berlusconi punta a mantenere la soglia dei dieci anni perchè cos’ le intercettazioni sarebbero usate nelle inchieste per concussione e non in quelle per corruzione. Comunque per spuntarla in una battaglia che considera fondamentale, il Cavaliere ha dalla sua la possibilità di poter trattare con gli alleati su diversi argomenti, a cominciare dal rinnovo del cda Rai.
Michele De Lucia