Dopo 3 stagioni e mezzo di alti (molti) e bassi (pochi) si dividono le strade di Emanuele Calaiò e del Napoli. L’arciere palermitano sbarca in Toscana, direzione Siena, alla corte di mister Giampaolo con una soluzione non definitva.
Gli allenatori passano, i bravi giocatori no’ avrà pensato il direttore Marino, rintuzzato da Don Aurelio che, ancora oggi, considera Calaiò uno dei patrimoni più importanti del Napoli, il suo primo investimento degno di nota (3 milioni di euro e rotti, forse cifra record per una squadra di C) che non può essere svenduto come un calciatore qualsiasi. Approdato alle falde del Vesuvio nel gennaio del 2005 dopo una stagione e mezza giocata a Pescara su ritmi elevatissimi (28 gol all’attivo su 62 presenze) Marino decide di affidare all’allora 23enne Emanuele le chiavi dell’attacco azzurro da condividere con gente come Sosa e Pià, insomma la concorrenza non mancava. Ed effettivamente un Calaiò ancora sgrammaticato tatticamente e molto arruffone sotto porta stenta a decollare nella prima stagione azzurra, spesso sostituito da Sosa negli ultimi minuti con ottimi risultati per la squadra (tanto che gli extratime verranno soprannominati dai tifosi ‘zona Sosa’) ma con risvolti particolarmente negativi per il giocatore, introverso ed emotivo, ancora immaturo per sopportare le pressioni del San Paolo. A fine stagione il suo score sarà di 6 miseri gol. Ricaricate le batterie in estate Calaiò finalmente dimostra alla platea napoletana di che pasta è fatto e nell’anno della promozione dalla C alla B segna gol a raffica (anche se a metà campionato entra in una nuova fase di crisi rischiando anche la cessione a gennaio) regalandosi la speciale vittoria della classifica marcatori della 3a serie con 18 reti all’attivo. Anche il 2006/07 è una buona stagione per l’arciere che con i suoi 14 gol in campionato spinge il Napoli verso il ritorno in massima serie. La stagione appena conclusa, invece di essere la definitiva consacrazione del giocatore in serie A, finisce per diventare un incubo. Acquistato il perticone Zalayeta (più congeniale al gioco di Reja) a pochi giorni dall’inizio del campionato Calaiò vede improvvisamente soffiarsi il posto da titolare al fianco di Lavezzi e diventare giornata dopo giornata 2a, 3a e 3a scelta nelle gerarchie del mister. Gli vengono preferiti in successione Sosa e De Zerbi (!!!) ed addirittura quando vengono a mancare contemporaneamente sia il Pampa che il Panteron il mister reinventerà un modulo atipico senza punte di ruolo e con Bogliacino e Lavezzi là davanti. Deluso e amareggiato medita di lasciare Napoli a gennaio ma spinto dagli affetti (la moglie Federica è partenopea) e da Marino rimanda ogni discorso di trasferimento a fine campionato e a poco varrà la doppietta di Livorno, un’ulteriore beffa per il giocatore che, con quei 2 gol salva la panchina vacillante di un allenatore che non l’ha mai molto stimato professionalmente e non trova più molti spazi per potersi esprimere ad alti livelli. Il resto è storia recente, auguriamo a Emanuele di avere una carriera lunga e ricca di soddisfazioni, anche se lontana da Napoli. Ormai un posto speciale nel cuore dei tifosi se l’è già guadagnato e farà parte della storia azzurra il suo gol di testa contro il Lecce che regalerà una A aspettata ben 7 anni agli azzurri.
Grazie arciere. Michel De Lucia