Sono sei, fra cui Gaetano Bassolino, manager dell’Ubs a Londra e figlio del governatore della Campania, i funzionari di banca indagati per truffa aggravata al Comune di Milano nell’inchiesta del pm Alfredo Robledo sui «derivati» finanziari negoziati dal Comune nel 2005 con quattro colossi internazionali del credito per «ristrutturare» i debiti di Palazzo Marino. A 12 giorni dai primi sequestri di atti, e mentre ieri, martedì 8, la Guardia di Finanza è tornata negli uffici della Ragioneria comunale a controllare e acquisire per ore altri documenti, filtrano i nomi dei manager. La loro iscrizione nel registro degli indagati è stata comunicata agli staff legali della svizzera Ubs, delle tedesche Deutsche e Depfa Bank, dell’americana JP Morgan. Oltre a Gaetano Bassolino, di cui si era parlato già in passato in relazione ad un’operazione di derivati fatta con Ubs dalla giunta campana, sono indagati anche Matteo Stassano in Ubs; in Deutsche Bank Carlo Arosio e Tommaso Zibordi (già indagato per l’aggiotaggio contestato alla banca nel filone milanese di Parmalat); Fulvio Molvetti in Jp Morgan; e Marco Santarcangelo in Depfa Bank.
DENUNCIA IN CONSIGLIO COMUNALE – L’inchiesta, svolta dal Nucleo delle Fiamme Gialle e dall’aliquota di carabinieri della sezione di polizia giudiziaria della Procura, sta scandagliando una vicenda che l’opposizione ha invece sollevato al Consiglio comunale meneghino. Oltre alla denuncia di Basilio Rizzo, di recente i consiglieri Davide Corritore e Fabrizio Spirolazzi (Pd) hanno depositato proprio in Procura un circostanziato esposto per sollecitare chiarimenti sull’operazione avviata nel 2005 dalla giunta Albertini: lo swap da 1 miliardo e 685 milioni di euro, progettato per far fronte a un maxidebito di bilancio, poi trascinato fino alla giunta Moratti e via via «perfezionato » con altre sei operazioni finalizzate a ridurre le perdite nel frattempo accumulatesi. Il totale delle minusvalenze, cioè delle perdite, è oggi stimato in 300 milioni di euro: quando il caso venne segnalato al sindaco, il potenziale rosso era di «soli» 130 milioni di euro. Secondo il Pd, inoltre, le banche si sarebbero garantite fra i 70 e i 100 milioni di euro di commissioni occulte: altro tema su cui la Procura sta facendo accertamenti.
RELAZIONE – Nel frattempo, è arrivata anche la relazione dell’auditing interno al Comune sulla gara iniziale del 2005, da cui hanno preso avvio tutte le altre. Secondo gli esperti ingaggiati dall’amministrazione, i derivati non erano neppure materia della gara: «Si passa — hanno concluso — da un’operazione a rischio nullo, a tasso fisso, a un Irs (interest rate swap) che appare, per definizione, soggetto ai rischi di tasso di interesse a carico dell’ente».
Luigi Ferrarella
Elisabetta Soglio Corriere del Mezzogiorno
DENUNCIA IN CONSIGLIO COMUNALE – L’inchiesta, svolta dal Nucleo delle Fiamme Gialle e dall’aliquota di carabinieri della sezione di polizia giudiziaria della Procura, sta scandagliando una vicenda che l’opposizione ha invece sollevato al Consiglio comunale meneghino. Oltre alla denuncia di Basilio Rizzo, di recente i consiglieri Davide Corritore e Fabrizio Spirolazzi (Pd) hanno depositato proprio in Procura un circostanziato esposto per sollecitare chiarimenti sull’operazione avviata nel 2005 dalla giunta Albertini: lo swap da 1 miliardo e 685 milioni di euro, progettato per far fronte a un maxidebito di bilancio, poi trascinato fino alla giunta Moratti e via via «perfezionato » con altre sei operazioni finalizzate a ridurre le perdite nel frattempo accumulatesi. Il totale delle minusvalenze, cioè delle perdite, è oggi stimato in 300 milioni di euro: quando il caso venne segnalato al sindaco, il potenziale rosso era di «soli» 130 milioni di euro. Secondo il Pd, inoltre, le banche si sarebbero garantite fra i 70 e i 100 milioni di euro di commissioni occulte: altro tema su cui la Procura sta facendo accertamenti.
RELAZIONE – Nel frattempo, è arrivata anche la relazione dell’auditing interno al Comune sulla gara iniziale del 2005, da cui hanno preso avvio tutte le altre. Secondo gli esperti ingaggiati dall’amministrazione, i derivati non erano neppure materia della gara: «Si passa — hanno concluso — da un’operazione a rischio nullo, a tasso fisso, a un Irs (interest rate swap) che appare, per definizione, soggetto ai rischi di tasso di interesse a carico dell’ente».
Luigi Ferrarella
Elisabetta Soglio Corriere del Mezzogiorno