Sentenza “storica” del Consiglio di Stato, che di fatto dà ragione ai cacciatori, mettendo la parola fine alla lunga querelle tra la Regione Campania e il comitato che ha unito i circoli di caccia di tutto il territorio dei Monti Lattari ed in particolare quelli dei comuni di Agerola, Pimonte, Piano di Sorrento e Vico Equense.
Tutto nasce dall’Istituzione da parte della giunta regionale dell’ente Parco Regionale dei Monti Lattari nel dicembre 2003. L’iniziativa, che comprende i comuni della Costiera Amalfitana fra cui Positano, Amalfi e Ravello, suscitò subito molte polemiche sia sui tempi che sulle modalità di definizione dei confini del parco. Inoltre sul territori erano già operanti due Comunità Montane, quella sorrentina e quella amalfitana, e l’Unione dei Comuni dei Monti Lattari. All’epoca, furono molti i sindaci che avanzarono più di una perplessità sul percorso che aveva portato all’istituzione del nuovo Parco Regionale visto da molti più come un ulteriore vincolo che come una opportunità.
I più accesi nel contestare la perimetrazione dell’area parco furono i circoli cacciatori locali che mostrarono subito il loro disappunto per il mancato coinvolgimento nel processo istitutivo del parco. L’accusa degli appassionati di caccia era ed è rivolta alla Regione Campania che, nell’ambito dell’attività istruttoria finalizzata all’istituzione del parco dei Monti Lattari, non ha svolto alcuna valutazione sulle superfici di territorio disponibili con riguardo alle aree di divieto delle attività venatorie.
Richiamandosi alla Legge 11 febbraio 1992, n. 157, secondo cui “Il territorio agro-silvo-pastorale di ogni regione è destinato per una quota dal 20 al 30 per cento a protezione della fauna selvatica.” e “In dette percentuali sono compresi i territori ove sia comunque vietata l’attività venatoria anche per effetto di altre leggi o disposizioni”, il ricorso è giunto nel suo iter davanti al primo giudice del Consiglio di Stato che lo ha accolto, visto che “nel quadro riassuntivo presentato dalla Regione Campania si dava atto che la superficie esclusa dalla caccia era ben il 75,06% del territorio agro-silvo-pastorale della regione e ammontava all’84,70% solo per la provincia di Salerno”. Visto che l’applicazione di una legge regionale non può esimersi dal rispetto di quello previsto nell’ambito della normativa nazionale e vista la mancata presentazione da parte della Regione Campania di documenti atti a chiarire la controversia, il Consiglio di Stato, con la sentenza N.3291 del 27 giugno 2008, accoglie le istanze dei tanti appassionati di caccia presenti sul territorio.
Ora comincia la parte più difficile del percorso di affermazione del Parco dei Monti Lattari che proprio non riesce a decollare. Partito tra mille polemiche, accolto con freddezza dalla popolazione, sotto commissariamento, dopo l’approvazione che ha ridotto da cinque a tre anni i mandati dei presidenti delle aree protette lasciando senza guida in un sol colpo gran parte dei parchi della Campania, il giovane Parco dei Monti Lattari incassa un ulteriore colpo con questa sentenza choc.
“La sentenza non cambia molto la nostra situazione – precisa però la presidentessa dell’ente Parco, l’architetto Anna Savarese – visto che la normativa comunitaria che regolamenta le aree protette mantiene vivo il divieto di caccia nella aree SIC e quindi su gran parte del territorio che ricade nel Parco dei Monti Lattari. Ora ci attende il Piano del Parco che sarà il vero banco di prova per un confronto aperto tra le molteplici realtà che operano nell’area di riferimento”.
I cacciatori rappresentati dall’assessore di Agerola Paolo Avitabile e dall’ex sindaco di Pimonte Gennaro Somma tendono a sottolineare l’importanza della sentenza che apre ad una nuova stagione di concertazione tra la Regione, il Parco e gli enti locali dei Monti Lattari
Luigi Malafronte
Dopo la sentenza non tardano ad arrivare i commenti del mondo politico:
“Reputo gravissima questa sentenza del Consiglio di Stato – afferma l’architetto Anna Savarese, presidente dell’ente parco – ma attendo con fiducia una risposta da parte della Regione Campania. Bisogna rispettare le aree del Parco dei Monti Lattari non perché lo vogliamo noi ma richiamandoci alle leggi comunitarie. Ricordiamo che le aree SIC, i valloni sono interdette alla caccia. Le ZPS (le zone a protezione speciale) sono sottoposte a vincoli definiti dalla normativa europea. Questa sentenza cade in un momento particolare visto che nel periodo 2007/2013 le aree protette saranno le destinatarie per eccellenza nell’ambito dell’asse 1 dei finanziamenti europei per lo sviluppo del territorio. È il momento del confronto tra i cacciatori e le realtà territoriali che potrebbero subire una forte riduzione nell’ambito dei trasferimenti. Molti si richiamano al principio di concertazione che è mancato nell’istituzione del parco, ma io l’ente l’ho ereditato, non l’ho certo creato io anche se lo sfrangiamento effettuato nell’ambito sorrentino è sintomo di una concertazione con gli enti locali che hanno definito i limiti. L’area amalfitana, oltretutto patrimonio unesco, ha scelto di entrare nella sua totalità nel parco. Ho più volte richiamato le associazioni ad attendere il Piano del Parco, vero momento di concertazione nel definire confini e zonizzazione ed invitato i cacciatori a definire insieme le aree contigue dove le associazione venatorie possono esercitare le loro attività nel pieno rispetto delle regole. Comunque abbiamo tempo fino a settembre, prima dell’apertura della caccia per definire con maggior chiarezza un quadro completo ripeto nel rispetto della normativa comunitaria che definisce e regola le attività nelle aree protette”. Il presidente della Comunità Montana Monti Lattari-Penisola Sorrentina Giuseppe Guida si riserva di commentare la sentenza, di cui non conosce tutto l’iter, ma ci tiene a ribadire un concetto da lui più volte affermato pubblicamente: “Il mio appello al dottore Iliano, responsabile Parchi Regione Campania, nell’incontro tenutosi a Vietri sul Mare sull’istituzione del Parco dei Monti Lattari, di porre una particolare attenzione alle esigenze territoriali, e quindi anche al problema di ulteriori vincoli ambientali e delle associazioni venatorie presenti nell’area, è stato del tutto trascurato, con gli effetti che ora tutti vediamo. Le mie osservazioni hanno come unico destinatario chi in Regione Campania conosceva certe problematiche ma ha fatto finta di niente e spero che non vengano lette come un parere negativo sull’istituzione del Parco o dell’attuale presidenza”. L’assessore all’ambiente del comune di Agerola, Paolo Avitabile è raggiante nel commentare una sentenza per cui ha fortemente lottato. “Questa sentenza segna un principio fondamentale che è quello della concertazione. Ogni azione che ricade sul territorio deve essere concordata con gli enti e le istituzioni che operano sul territorio. Non è possibile calare dall’alto azioni di primaria rilevanza sul futuro assetto del nostro territorio senza coinvolgere ogni settore della vita socioeconomica dell’area. Inoltre deve passare chiaro il concetto che il cacciatore non è un bracconiere essendo il primo ad osservare le regole di comportamento nel pieno rispetto della natura”.
Anche l’ex sindaco di Pimonte Gennaro Somma esprime il suo parere favorevole su una sentenza storica: “Nella conferenza servizi sul parco, la nostra firma di adesione era vincolata al rispetto di limitare l’inserimento nell’area parco dei territori agro-silvo- pastorali nelle percentuali previste per legge. Ricordo che tale limite è del 30 % e non come poi è avvenuto nella zonizzazione del 70 e più. Tutto ciò è avvenuto senza tener conto delle esigenze dei paesi. L’azione della Regione, invece di salvaguardare le varie attività produttive legate all’ambiente, le ha fortemente penalizzate con una definizione dei limiti del parco effettuata a tavolino”.
Lu.Ma.