RENATO BRUNETTA SU PANORAMA, LE VACANZE A RAVELLO E TODI
Il Ministro più popolare del Governo Berlusconi intervistato da Panorama parla anche di Ravello in Costiera Amalfitana, dove ha casa, e si apre un pò. Ma non troppo.. la privacy è sacra e la Città della Musica gliela custodisce gelosamente. Ecco il pezzo di Stefania Berbenni dal quale esce il ritratto del Ministro idolo degli italiani, ma riuscirà nell’impresa impossibile di licenziare i dipendenti scansafatiche? Difficile.. Almeno nei Comuni.. A meno che non ne mandi a casa il 90 per cento. Ma complimenti per aver ridato una speranza agli italiani Ministro.
Michele Cinque
Il suo idolo è un macellaio. Detta così sembra irriverente o stridente rispetto alla serietà del personaggio: ministro per la Pubblica amministrazione e l’innovazione, nonché professore di economia del lavoro, autore di decine di saggi. E invece Renato Brunetta, veneziano, 58 anni, adora Fabrizio Noris, macellaio verace, prestato alla tv (In punta di coltello). Quando, casualmente, i due si incontrarono, Brunetta esplose: «Ma lei è il mio mito», e l’altro: «No, lo è lei per me».
Lo sa che è il ministro più popolare del nuovo governo?
Non posso più camminare per strada: la gente mi ferma, mi dice: «Abbiamo fiducia in lei», «Vada avanti». Quelli che lavorano sono tutti dalla mia parte. È un consenso bipartisan. Molti di loro sono pubblici dipendenti. Nelle prime settimane di governo ricevevo telefonate di colleghi, del seguente tenore: «Sei proprio sicuro?», «non stai esagerando, non è pericoloso?». Finite.
Perché le sue norme antifannulloni sono popolari. E un po’ populiste, sinceramente…
La gente non ne può più. È questo il clima culturale e io lo sto cogliendo.
Quando comincia a fare il fannullone lei? Parliamo delle sue vacanze.
Seconda settimana d’agosto. Dovrei cominciarle intorno a quella data, se tutto va bene.
Meta?
Ravello e Todi, dove ho casa. Non ho più voglia di girare. Per 9 anni ho fatto il pendolare fra Roma, Bruxelles, Venezia. Adoro stare a casa.
E ora si gode le sue case, sparse per l’Italia. Una anche a Venezia, un’altra a Roma. Da ragazzo vivevate in nove in 90 metri quadrati.
Ho tanti mutui. Le case sono anche il mio riscatto rispetto al passato. E mi danno sicurezza.
La giornata tipo di Brunetta in versione fannullone?
Mi sveglio comunque presto, proprio non ce la faccio a non far nulla. Alle 7 sono in piedi, lettura dei giornali la mattina, pomeriggio lavoro o studio.
E la chiama vacanza?
Non so nuotare, non so guidare, sciare, andare in barca. Non so fare niente. Nella mia giovinezza ho solo studiato e lavorato. È un po’ da libro Cuore, ma è così. La mia era una famiglia piccolo piccolo borghese, se non proletaria. «Chi non lavora non mangia» mi ripeteva mia madre. Da ragazzo ti arrabbi a vedere i tuoi amici che vanno in vacanza mentre tu vai a vendere gondolette con tuo padre, ambulante. Lui apriva il banchetto 2 ore prima degli altri, alle 6 di mattina, per beccare le coppiette di sposi meridionali in partenza, che facevano gli ultimi acquisti di souvenir. «Ho già fatto la giornata» mi diceva orgoglioso mentre i suoi colleghi arrivavano.
Si capisce di più la sua crociata antifannulloni.
Vede, la mia prima vacanza seria l’ho fatta a Todi, nell’83, avevo 33 anni. E mi ha salvato la vita, perché ero finito nel mirino delle Brigate rosse. È da allora che vivo sotto scorta.
Parliamo delle prossime vacanze. Se Silvio Berlusconi la invitasse in Sardegna, accetterebbe?
Non sono mai stato invitato dal presidente, ma se succedesse ci andrei ben volentieri.
E con il meno amato Giulio Tremonti passerebbe giorni insieme?
Va a Lorenzago di Cadore, nel mio Veneto. Se c’è bisogno di lavorare insieme, perché no?
E con un sindacalista andrebbe in vacanza?
Forse con Renata Polverini, primo perché è donna e dunque più piacevole, poi perché è da scoprire, la conosco poco. Con gli altri ho già dato, Epifani, Baroni, Bonanni. Sarebbe una noia mortale. Ho colleghi che lo fanno. Forse sono più perversi di me o masochisti.
Un politico da vacanza?
Fausto Bertinotti, sa prendersi in giro, è piacevole. Aspetto un suo invito.
Berlusconi, Bertinotti… Il terzo invito da chi lo vuole?
Da Andrea Pamparana, mi piacciono i suoi libri su santi e filosofi, è curioso, intelligente.
Non nuota, non dorme fino a tardi. Insomma cosa fa nelle tre settimane di stacco?
Mi piace mangiare bene, stare con gli amici, leggere. Unica concessione: il riposino. Sono fatto così, il primo giorno di vacanza me lo godo, il secondo mi sento già in colpa.
Letture?
Saggistica. Non amo i romanzi e purtroppo non mi piace la poesia. Vorrei, ma proprio non mi piace.
Ha mai pensato di scrivere qualcosa che non sia un trattato di economia?
L’ho in testa da molti anni, c’è già anche il titolo, Lista di Spagna. È un romanzo, non ci crederà. Ma non riesco a scriverlo.
Perché?
Lista di Spagna è il nome della strada dove avevamo la bancarella, dai miei 13 anni fino alla laurea sono stato lì quando non ero a scuola o a studiare. Quel vicolo è il luogo della mia formazione: 10 anni in cui sono successe cose dentro di me, e fuori. Ma sono ancora troppo emotivamente coinvolto per metterle sulla carta.
Lei ama stare ai fornelli, vero?
Ho imparato a cucinare da ragazzino, quando le giornate di studio erano lunghe. Così, ogni ora, mi alzavo dai libri per andare in cucina ad aiutare mia madre. Quei momenti sono il ricordo più dolce che ho di lei. Pulivo il pollo, preparavo un soffrittino, aggiungevo il brodo. Ho imparato i fondamentali.
I piatti forti dello chef antilavativi?
Pasta e fagioli, ragù, sugo. Bene arrosti e pesce. Benissimo il brodo e la pasta, fatta in casa da me medesimo. Amo i lessi da morire. Se arrivano 15 amici all’improvviso, svuoto il frigo e li metto a tavola in poco tempo. Sono debole sui dolci.
Ha un altro punto debole, se permette: la privacy. Non vuol far sapere chi è la sua fidanzata, donna chic, Titti di nome, arredatrice di professione. Dica dell’altro…
La privacy è per me un valore assoluto. Una dimensione invidiabile. Non saprà nulla.
Confessi almeno se si è offeso quando l’hanno definita «miniministro».
Sono abituato alle battute, è 58 anni che me le fanno. Ho metabolizzato. Però stavolta ho provato pena per chi ha usato questo misero giochino, Eugenio Scalfari e Furio Colombo. Mi dispiace di avere avuto per loro tanta stima, sono stati due punti di riferimento. Se questa è la sinistra, noi governeremo per i prossimi 200 anni. Spero che la sinistra, quella vera di Walter Veltroni, sia un’altra cosa.
Perché si è dato un anno di tempo per cambiare le cose?
O si dà il colpo subito o non si fa più. Ci sarà un monitoraggio presso la clientela, che poi è il cittadino.
Finora non ha perso tempo: crociata antifannulloni, denuncia delle consulenze d’oro, trasparenza… I 3 milioni e 650 mila dipendenti pubblici faranno un’estate da thriller immaginandola sulla terrazza di Ravello a inventarsene una al giorno. Altro che vacanze.
La maggioranza dei lavoratori se ne infischia. Spero di non essere l’ossessione di nessuno. E comunque i dipendenti pubblici sono i primi a voler essere percepiti in un modo diverso. La colpa non è loro, ma del datore di lavoro, che è l’uomo politico: non si può essere dei manager del settore pubblico cercando il consenso anziché profitto ed efficienza.
Suona come un discorso anticasta, molto in voga anche questo…
Io sono un pezzo della casta. E comunque guadagno la metà di Gian Antonio Stella e Sergio Rizzo, autori del libro.
Bastone e carota: punizioni a chi ruba lo stipendio, premi a chi lavora bene. L’ha chiamata «rivoluzione».
In questo paese pazzo i rivoluzionari sono dei riformisti. Ma le cose si possono cambiare. Pensi a Napoleone: quando lui entra in scena sembrava tutto perduto e invece quel piccoletto corso cambia la storia e il mondo.
Più di una volta amici e nemici hanno detto: «Brunetta si crede Napoleone». È il nostro Bonaparte? Vuole cambiare la pubblica amministrazione dopo decenni di clientelismo e immobilismo?
Non solo.
Cos’altro?
La storia di questo Paese.
Allora è davvero Napoleone…
L’Italia deve ritornare bella, felice, generosa, solidale, è un paese benedetto da Dio, maledetto dagli uomini.
Pensi a cosa sta succedendo a Napoli.
Io ce l’ho con la borghesia napoletana che non fa, non dice. Nulla è perduto. Bisogna darsi da fare.
Ottimista. E se alla fine la esiliassero, se Ravello diventasse la sua Sant’Elena?
Napoleone era in esilio, io sarei agli arresti domiciliari.