Sulle tracce degli zingari.
Questa scheda inquadra la presenza storica del popolo rom nel Sud Italia.
Ad Isernia, all’Università del Molise, all’Aula Magna di Via Mazzini, è stato presentato l’interessante libro “Sulle tracce degli zingari. Il popolo rom nel Regno di Napoli (secoli XV-XVIII)”.
Spazio aperto di comunicazioni e trasferimenti di popoli e di risorse, frontiera e cerniera di scambi e di scontri fra mondi e civiltà diverse, liberali, il Mediterraneo è stato il luogo che nel tempo lungo della sua storia ha in certi momenti accolto, e in molti altri respinto diversi gruppi etnici, tra cui anche quello dei rom.
Vi erano arrivati dall’India in più flussi che sin dal nono secolo avevano attraversato la Persia e l’Armenia per stabilirsi in Grecia, nei territori della Serbia e nei Balcani.
Da qui, dagli inizi del Quattrocento, attraversando l’Adriatico e lo Ionio diversi nuclei di zingari cominciarono ad approdare sulle coste centrali e meridionali della penisola italiana insieme a migliaia di altri profughi slavi, greci e serbo-croati in cerca di una nuova collocazione.
In molti casi riuscirono anche a radicarsi all’interno delle comunità locali e il nomadismo poté affermarsi ad episodi e momenti di sedentarietà.
Scopo del libro è quello di riannodare i fili dei percorsi e tragitti itineranti degli zingari tra le due diverse sponde del mar Mediterraneo, e del Mezzogiorno d’Italia in particolare, ricomporre una mappa delle loro presenze storiche ‘accertate’, e fare luce su quel ruolo di mediatori culturali che vi avevano svolto nella fase iniziale del loro arrivo e di cui molto spesso si è perso il ricordo e finanche le tracce.
Sulla studiosa ecco una breve scheda riassuntiva del suo lavoro:
Elisa Novi Chavarria si è laureata in Lettere moderne con lode nel 1979, presso l’Università degli Studi di Napoli Federico II con una tesi dal titolo Le province carmelitane di Puglia, Calabria e Monte Santo nell’inchiesta innocenziana (1650), relatore il prof. G. Galasso. E’ stata borsista dell’Istituto Italiano per gli Studi Storici di Napoli nell’anno accademico 1979-80 e, nel 1982, dell’Istituto Italiano per gli Studi Filosofici, presso l’Ẻcole Pratique des Hautes Ẻtudes di Parigi. Nel 1987 ha conseguito il titolo di Dottore di Ricerca in Storia Sociale dell’Europa presso l’Università degli Studi di Napoli Federico II. Dopo avere insegnato Materie letterarie negli Istituti di Istruzione Secondaria di II grado dal 1984 al 2002, è stata professore a contratto di Storia Contemporanea (d. u. di Operatore dei Beni Culturali – anno acc. 1999-2000) nella Facoltà di Lettere e Filosofia della Università degli Studi di Salerno e, nell’aprile del 2002, ha conseguito l’idoneità di Professore associato in Storia Moderna. Dall’1 novembre 2002 è incardinata presso l’Università degli Studi del Molise, nella Facoltà di Scienze Umane e Sociali dove insegna Storia Moderna e Storia del Mezzogiorno in età moderna, nel corso di laurea triennale in Scienze dei Beni Culturali ed Ambientali, e Storia d’Europa dal Rinascimento all’Illuminismo, nel corso di laurea specialistica in Scienze dei beni Archeologici e Artistici. Presso la medesima Università nel triennio accademico 2002-2005 ha ricoperto l’incarico di Presidente del Corso di laurea in Scienze della Formazione Primaria. Dall’anno 2003 è membro del Collegio dei docenti del Dottorato di ricerca in “Storia dell’Europa Mediterranea dall’Antichità all’Età Contemporanea”, con sede presso l’Università degli Studi della Basilicata e in consorzio anche con l’Università degli Studi del Molise. Si occupa di storia sociale e socio-religiosa e di storia delle istituzioni nell’area degli antichi Stati italiani, sui cui temi ha pubblicato alcuni saggi monografici e numerosi contributi su riviste, volumi collettanei e atti di convegni.
Ad Isernia, ad aprire l’incontro il Magnifico Rettore dell’Università degli Studi del Molise, Prof. Giovanni Cannata ed autorità accademiche ed istituzionali.
Ad introdurre e a presentare il volume il prof. Giovanni Brancaccio, preciso e compunto, ordinario di Storia Moderna all’Università “Gabriele D’Annunzio” di Chieti-Pescara, ed il brillante e sagace Prof. Aurelio Musi, ordinario di Storia Moderna all’Università degli Studi di Salerno, che ha voluto e potuto spaziare anche su coordinate contemporanee dando smalto alla serata.
A questi interventi ha fatto seguito una esecuzione musicale dell’”Andaluz Quartett” dell’artista Noureddine Fatty, straordinario vocalist e polistrumentista di origine berbera, autore di diverse opere in musica del deserto e del Mediterraneo.
La musica è appunto uno degli aspetti di quel processo di osmosi e di ibridazione culturale tra i diversi popoli che hanno abitato il Mediterraneo, tra cui anche gli zingari.
E’ in Andalusia che la musica araba si è fusa con le espressioni locali e miscelata con quelle delle comunità ebraiche e zingare che hanno a loro volta influenzato tanta parte della cultura musicale popolare meridionale.
Attraverso le performances concertistiche il pubblico è stato così guidato in un eloquente itinerario della musica arabo-anadalusa, da Bagdad alla penisola iberica, a ripercorrere le diverse espressioni del patrimonio culturale e musicale dei popoli che nei secoli hanno abitato sulle sponde del mar Mediterraneo.
Tra melismi arabeggianti e melanconie mediterranee si è snodato un concerto intenso.
Ecco i brani eseguiti da Filiò Sotiraki, voce femminile; Noureddine Fatty, voce maschile, percussioni, oud (l’ud o ud sharqi è uno strumento cordofono, membro della famiglia dei liuti a manico corto, con cassa piriforme con tre fori decorati a rosette (uno sotto le corde, gli altri 2 lateralmente) e privo di tastatura. Al Oud in arabo significa legno. L’Oud è considerato dagli arabi il sultano degli strumenti musicali ed è diffuso in tutto il mondo arabo-islamico, dal Marocco all’Iraq ed è talmente importante che l’intero sistema armonico arabo si basa sulla posizione della mano sinistra sul manico dell’oud. Il numero delle corde è variabile, solitamente sono 11 distribuite in 5 coppie con la stessa accordatura più un bordone singolo; una volta le corde erano di seta o di budello, attualmente sono più utilizzate quelle di nylon. Il tipo di accordatura dipende dal genere suonato e dalla provenienza (Liuto turco = [La]-Re-Mi-La-Re-Sol; accordatura maghrebina = [ Re]-Sol-La-Re-Sol-Do a partire dal basso); Adriano Dragotta, violino; e Martino Cappelli, chitarra, bouzouki: Lama bada, Los Bilbilicos, La tarara, Valse Andaluso, Kori malamatenia, Toco de zenzero, Uzo otan phis, Rambi, Atimu wey, Mersin, Yahabibi.
Come si noterà, chiasmi culturali ed umani ci sono sempre stati.
Maurizio Vitiello