Serie A – Gli ultras

5 settembre 2008 | 00:00
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Serie A – Gli ultras

In cima alla lista dei tifosi violenti l’Osservatorio del Viminale ha messo romanisti e napoletani. Sotto stretta osservazione ci sono i sostenitori del Pisa. Juventini e interisti vengono temuti soprattutto per quanto riguarda i trasferimenti in autostrada. Ultrà definiti «dormienti» e dunque potenzialmente pericolosi sono i catanesi e livornesi.

Ma rischi altissimi possono arrivare anche dalle serie minori e in particolare dalla C, con tre squadre che gli analisti tengono costantemente sotto controllo per i problemi di ordine pubblico che potrebbero causare prima e dopo le partite: Hellas Verona, Taranto e Cavese. Nei «buoni» ci sono al momento soltanto fiorentini e laziali che — dopo le intemperanze degli anni passati — durante l’ultima stagione hanno mostrato «di aver intrapreso un positivo percorso di dialogo con le istituzioni e nei confronti dei sostenitori degli avversari». Dopo le polemiche scatenate dall’assalto al treno da parte dei teppisti partenopei, al ministero dell’Interno si torna ad aggiornare la lista delle partite a rischio del Campionato 2008-2009. E ad analizzare gli eventuali divieti da imporre alle tifoserie organizzate. Le «porte chiuse», come specifica il direttore dell’Osservatorio Domenico Mazzilli, «saranno la soluzione estrema, verranno decise solo di fronte a gravi pericoli per l’incolumità dei cittadini».

Ma è prevedibile che in molti casi ad essere chiuso sarà il settore ospiti, vale a dire che saranno impedite le trasferte organizzate. L’incontro certamente più temuto è Catania-Roma previsto per il 21 dicembre. Ma timori forti ci sono anche Fiorentina-Bologna che si giocherà il 21 settembre. Troppo forte è la rivalità tra le due tifoserie dopo il 18 giugno del 1989 quando Ivan Dall’Olio, sostenitore del Bologna che all’epoca aveva 14 anni, rimase gravemente ustionato dal lancio di una bomba molotov contro il treno che portava gli ultrà in trasferta nel capoluogo toscano. «Nella valutazione — spiega Roberto Massucci, segretario dell’Osservatorio — bisogna tenere conto proprio di queste variabili che possono rappresentare la miccia per l’esplosione delle violenze». In questo quadro si inseriscono i viaggi per seguire la squadra in trasferta. È il «momento» durante il quale juventini e interisti destano maggiori preoccupazioni. «La scorsa stagione — chiarisce Massucci — i trasferimenti in treno sono stati pressoché inesistenti e i tifosi si sono mossi in gruppi più o meno consistenti sulle autostrade. Ed è qui che hanno spesso saccheggiato gli autogrill, talvolta durante veri e propri assalti».

Per questo saranno ulteriormente potenziati i controlli già rafforzati dopo la sparatoria dell’11 novembre scorso che provocò la morte di Gabriele Sandri in una piazzola di sosta dell’A1. Massucci ritiene che «nel corso del campionato dovremo prendere provvedimenti per garantire il corretto svolgimento di una ventina di partite. Stiamo facendo un monitoraggio sulla base degli elementi acquisiti nella passata stagione, ma naturalmente tenendo conto delle informazioni che arrivano dal territorio e che vengono costantemente aggiornate». I poliziotti della Digos di Napoli hanno terminato il lavoro di identificazione delle oltre 3.000 persone che domenica scorsa hanno assaltato il treno e scoperto che poco meno di 800 — quindi una su quattro — ha subito almeno una denuncia. Ieri è stato il ministro Roberto Maroni a ribadire «piena fiducia» al prefetto Antonio Manganelli con una stoccata al collega della Difesa Ignazio la Russa che aveva bollato come «un alibi» l’ipotesi che dietro l’assalto ci fosse la camorra. «La parola definitiva — afferma Maroni — l’ha detta proprio il capo della polizia, che parla a nome del Viminale. Il ministro dell’Interno concorda al 110 per cento con il capo della polizia. Io stesso ho parlato di criminalità organizzata e non di tifoseria organizzata e per questo ho proposto l’associazione a delinquere. Conosciamo bene il problema, le parole di Manganelli sono quelle del ministro dell’Interno».

Ci risiamo, inizia il campionato di calcio, con esso i primi disordini, ed ecco che sapientoni e politici di ogni sorta si lanciano in analisi sul fenomeno “Ultras”. Stavolta, l’occasione è stata loro fornita dai danni provocati dai napoletani in partenza per Roma. In breve, giusto per chi non lo sapesse, ci sono stati scontri con la polizia alle stazioni di Napoli e Roma, ed è stato danneggiato un treno.

Penso che sia bene chiarire un aspetto. Il danneggiare un treno non ha nulla a che fare con gli “ultras”. Quasi sempre questo tipo di “disordini” accadono in quelle che vengono definite “trasferte a rischio”. Come mai? Molto semplice, a quel tipo di trasferte partecipano spesso gruppi di persone che non fanno parte del “tifo organizzato”. Perché? Semplice, è più facile creare incidenti e lasciarsi andare al vandalismo. Ecco svelato perché ogni volta che succedono, le Questure sostengono che dentro gli “ultras” si infiltra la delinquenza organizzata; infatti, molto spesso questi “estranei” hanno già precedenti penali, e ovviamente, in realtà dove la criminalità organizzata è diffusa è facile che questi giovani, e meno giovani, ne siano coinvolti. Altra doverosa precisazione è che il fenomeno “ultras” non ha nulla a che vedere con lo sport, ma vive di vita propria; ne siano prova i cori delle ormai disciolte “Brigate Gialloblu”, che erano più incentrati ad autoincensarsi che non a sostenere la propria squadra, l’Hellas Verona; oppure gemellaggi storici, come quello tra interisti e laziali, che reggono “sgarbi” sportivi incredibili e rivalità che sfociano in scontri tra ultras di squadre che si sono incontrate rarissime volte, come Cosenza e Siena.

Detto che bisogna distinguere tra ultras e violenti occasionali, forse qualche considerazione va fatta.

Intanto penso che non sia possibile considerare un fenomeno sociale che coinvolge milioni di persone in ogni angolo del mondo, senza differenze etniche, economiche, religiose, politiche,ecc,come un fenomeno di ordine pubblico. In realtà, i gruppi ultras rappresentano una vera e propria “sottocultura”. Questo termine venne coniato negli anni ’60-’70 per definire quei movimenti giovanili che proponevano uno stile di vita alternativo a quello maggiormente diffuso, propugnando valori diversi (per esempio il movimento beatnik ed il suo uso libero di droga e di sesso). Infatti, all’interno del gruppo esistono alcuni valori (amicizia, senso del pericolo, vivere avventurosamente) che hanno una forte valenza aggregativa, e che rappresentano una cultura altra rispetto a quella dellacosiddetta “società civile”.

Quand’è che una tale controcultura diventa criminale? Questo è forse l’aspetto più interessante della vicenda. Credo che lo Stato giochi un ruolo molto importante in questo sviluppo. Per capirlo meglio, consideriamo l’epoca in cui il fenomeno ultras diventa di massa. Se i primi gruppi ultras nascono negli anni ’60, è con la fine degli anni ’70 e per tutti gli anni ’80, che il fenomeno si amplifica fino a diventare di massa. Cosa è successo in quel lasso di tempo? E’ finita la stagione dell’impegno politico e della lotta armata. Possono sembrare due eventi distanti da loro, il terrorismo e gli ultras,ma in realtà sono strettamente correlati. Dovrebbe essere noto a tutti che una componente di violenza giovanile all’interno di una società è ineliminabile; allora lo Stato decide di gestirla, visto che non la può eliminare. Con la stagione degli “anni di piombo”, lo Stato non accetta più che i giovani si ritrovino nelle piazze, troppo pericoloso! Così da il via alla repressione politica, a base di infiltrati, doppiogiochisti, servizi segreti deviati, retate in grande stile, uccisioni extra-giudiziare, e tutto quello che ormai è quasi storia. A quel punto per i “giovani violenti” la strada della lotta politica è diventata impercorribile; meglio cercare nuovi lidi. Ecco che la massa si sposta negli stadi. Ma in fondo anche allo Stato va bene: meglio che si sfoghino dentro uno stadio, dove sono più controllabili e meno pericolosi. E da allora il fenomeno ultras è progredito nel tempo.

Va anche rilevato però, che è anche posto a controlli dello Stato, affinché non si rischi di ricadere nelle manipolazioni politiche. Chi oggi sostiene che le curve sono infiltrate da movimenti politici, forse scorda come negli anni ’80 e ’90, simboli neofasciti facevano bella mostra in vari stadi d’Italia (Milano, Roma, Verona, Palermo), così come erano numerosi gli stadi con le “bandiere rosse” e quelle del Che (Livorno, Empoli, Bergamo, Salerno, Pisa). Quando il rischio divenne troppo alto lo Stato intervenne, e i simboli politici sparirono dagli stadi. Vogliamo forse credere che lo Stato capace di cancellare movimenti extraparlamentari nel giro di qualche anno, non riesce a debellare i violenti allo stadio in oltre trenta anni?

Cosa dimostra questo? Che lo Stato non solo accetta il fenomeno ultras, ma lo gestisce e lo manipola a suo piacimento. I leaders degli ultras non sono personaggi anonimi che vivono in clandestinità, anzi hanno bisogno della massima pubblicità per acquisire peso. Il capo di quelli dell’Inter, Caravita, ha partecipato ai festeggiamenti per il centenario della società insieme a Moratti; gli Irriducibili della Lazio gestivano svariati negozi a nome del gruppo, il “Barone” del Milan è stato intervistato da Sky. Si badi bene, che tutti questi personaggi hanno carichi pendenti alle spalle, quindi la Polizia sa benissimo chi sono e cosa fanno, ma non ha alcun interesse ad intervenire. E’ inutile che Maroni invii i commissari a Napoli, costringendo Prefetto e Questore ad inventarsi fantomatici disegni criminali dietro agli scontri alla stazione: la Camorra avrebbe voluto creare incidenti nascondendosi dietro alla bandiera del calcio! Suvvia, tutti noi sappiamo come ragiona la polizia in Italia: contenere i danni. E’ stato meglio sacrificare un treno che cercare di ricacciare migliaia di persone a casa con la forza! Che poi questo significa perdità della legalità, poco importa!

Altra cosa curiosa, è il “peso” che viene dato alle violenze legate al mondo del calcio rispetto ad altre situazioni criminali presenti nella società.

Molto spesso sentiamo di risse in discoteca, non mi pare che vengano emesse diffideper 3 anni a frequentare locali notturni. Ancora, la conta dei morti sulle strade ogni week-end, o festività varia, sembra quella di una guerra, oppure non si parla di proibire vacanze o spostamenti di una certa lunghezza o in certi giorni a chicchesia!

Un sociologo americano scrisse che “ il carattere deviante di un atto risiede nel modo in cui questo è definito dalla mentalità pubblica” ( Becker, “Criminologia sotto accusa”, 1971). Un responsabile di “Trenitalia” chiedeva pene severissime per quei delinquenti che avevano provocato qualche migliaio di danni ad un treno e a due stazioni. Il Ministro Maroni invoca il pugno di ferro, l’opposizione chiede il carcere a vita, ecc. La cosa curiosa è che all’ ex amministratore di Alitalia è stata pagata una buonauscita di svariati milioni di Euro, pur avendo creato danni per miliardi di Euro che noi cittadini pagheremo, e non ho sentito nessuno chiedere l’ergastolo. I politici? Ma se hanno votato il condono per reati come lo stupro, l’omicidio, ecc, come fanno ora a chiedere pene esemplari per chi ha rotto un finestrino di un treno? La gente si lamenta per quello che ci costa la polizia a presidiare la domenica gli stadi? Ma lo stesso discorso si può fare per i costi per le polizie municipali; basterebbe rispettare il codice della strada e sarebbe superfluo spendere milioni di Euro per pattuglie, autovelox, ecc. Non parliamo della ridicola proposta di accusare gli ultras di “associazione criminale” (ma c’è stato di peggio, quando proposero di accusare gli ultras di terrorismo). Non sarebbe più serio accusare di associazione a delinquere un gruppo che annovera tra le sue fila, compreso il suo capo, decine e decine di criminali, che si arricchiscono alle spalle della gente, creando danni per milioni di miliardi allo Stato? A chi mi riferisco? A qualche terribile gruppo ultras? No, al Parlamento Italiano!

La realtà è che gli ultras fanno comodo così, da un lato tengono “occupati” le migliaia di giovani che potrebbero tornare in piazza a sfogare la loro violenza, e dall’altra sono rassicuranti per tutti, in fondo serve sempre qualcuno che ci fa sentire “buoni e bravi”.

                                                                Michele DE Lucia