ROMA – Per la biomimetica, la scienza che si ispira alla natura per trovare nuove soluzioni tecnologiche, le idee possono venire anche dai fossili. Così, dopo i costumi da bagno copiati dalla pelle degli squali e il velcro copiato dai fiori, arriva il drone di ultima generazione, progettato osservando lo scheletro di un dinosauro. Un paleontologo e un ingegnere aeronautico sono tornati indietro fino a 115 milioni di anni fa per trovare in uno pterodattilo, il Tapejara Wellnhoferi, il modello per costruire un robot da ricognizione dalle possibilità rivoluzionarie.
Non soltanto ali. Lo “Pterodrone”, così si chiamerà il nuovo apparecchio, al contrario degli attuali droni sarà in grado non soltanto di volare, ma anche di camminare e di spostarsi sull’acqua, proprio come l’animale al quale si ispira. Gli americani Sankar Chatterjee, della Texas Tech University, e Rick Lind, dell’Università della Florida hanno studiato la pelle, i vasi sanguigni, i muscoli, i tendini, la struttura scheletrica del Tapejara Wellnhoferi, uno pterosauro che viveva nelle pianure brasiliane durante il primo Cretaceo, per ottenere un aeroveicolo senza pilota in grado di spingersi nell’esplorazione molto più in là di quanto facciano i droni attuali. “Agli aerei spia di prossima generazione – ha spiegato l’ingegner Lind – non basterà essere piccoli e silenziosi. Dovranno essere in grado di adattare la forma delle ali per entrare in spazi ristretti, dovranno buttarsi in picchiata tra edifici, sfrecciare in sottopassaggi, atterrare su terrazzi di appartamenti e navigare vicino alle coste”.
Un espediente tecnico inusuale. Lo “pterodrone” avrà, come l’animale a cui si ispira, una specie di timone nella parte anteriore dell’apparecchio, sul davanti quindi, invece che in coda come avviene di solito. “Una tale vela verticale sul davanti ha influenza destabilizzante – spiega Lind – per cui ci siamo chiesti come funzionasse la membrana a vela del Tapejara. Ci siamo accorti che la sua funzione principale era proprio mantenere il controllo nel volo grazie alla possibilità di raccogliere informazioni per mutare in continuazione un assetto stabile”. Chatterjee e Lind hanno usato modelli di simulazione computerizzati e sono riusciti a capire in che modo, nonostante quella forma apparentemente poco aerodinamica, il Tapejara riuscisse a muoversi tanto bene. I loro risultati saranno presentati martedì 7 ottobre al meeting annuale della Geological Society of America a Houston.
fonte:larepubblica.it
Michele De Lucia