Le sollecitazioni visive di Ciro Colombrino.

6 ottobre 2008 | 00:00
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Le sollecitazioni visive di Ciro Colombrino.

Le sollecitazioni visive di Ciro Colombrino.

Siamo sull’aereo per New Castle e troviamo uno spazio di tempo, quasi un “timing” giusto, per concludere la nota critica su Ciro Colombrino, che abbiamo avuto la possibilità di conoscere, tramite l’utile segnalazione e la saggia intermediazione dell’artista Antonio Auriemma. Accompagnati dal bravo e giusto critico teatrale Pino Cotarelli e da Antonio Auriemma, abbiamo visitato il suo affollato studio, a due passi dal Santuario di Madonna dell’Arco, meta di pellegrinaggi e di transiti folklorici, immutati nel tempo.

Ciro Colombrino ha prodotto foto, ha amato il mondo della fotografia ed ha frequentato luoghi e siti per cogliere con l’obiettivo, in sequenze strette, curiosità, amenità, intolleranze, banalità, inciviltà, rarità, sontuosità, oscenità, intelligenze, bestialità. E ciò è già dire tutto, insomma tanto, o quasi. Ma la sua passione per la pittura, che ha avuto momenti altalenanti, lo ha spinto a raccogliere su tele dimensioni mass-mediali, da codice-tv. Ciro Colombrino ha creduto, opportunamente, di fermare l’essenza del tubo catodico sino alla sintesi del televisore al plasma. Ha proceduto e determinato analisi e, sulla scorta di elaborati tagli e di condivisioni grafico-pittoriche, ha sostanziato opere iconiche su basi di monoscopi. Cercando nel contesto del “tecnologico avanzato” ha assunto schematismi sclerotizzati che gli hanno suggerito matrici iridescenti e passaggi cromatici lividi per rendere contrasti esistenziali, in una chiave di apparenti aperture e di cangianti chiusure. Ma a Ciro Colombrino interessa anche ciò che è nascosto, sottopelle, nell’ombra ed usando un’operatività decisa associata ad una duttilità perentoria sigla con incidenti tecniche miste tavole della memoria, che riservano visioni introflesse, conservano vesuviane interiorità e salvaguardano passi d’emozioni. Quest’altra serie di opere, declinata da ventagli di alterate inflessioni materiche, ben calibrate cromaticamente e ben intessute di umori, cribra i suoi sentimenti generosi facendoli rimbalzare in una monocromatica stesura di bruni intensi e di marroni bruciati, classificati da spessori deflagranti e screziati da ruggini e varie opacità. Qui si coglie un senso memoriale, un corpo di epoche passate, un tempo inesorabile, che sottrae, ottunde, lacera, ma non può annullare il senso della vita, che ha prodotto azioni e tensioni e lascia sempre tracce ed impronte. In queste opere di varchi memoriali si è appuntata la nostra riflessione ed il nostro piacere estetico, la nostra ponderata fruizione.