Vita e opere del clan dei casalesi in 625 pagine. L’ordinanza di custodia cautelare della Dda di Napoli che smantella «Gomorra» prende il là dall’immenso archivio scovato nel pc di Vincenzo Schiavone, detto «Copertone», il contabile dell’organizzazione che raccoglieva i soldi delle tangenti, spendeva per le armi, distribuiva alle famiglie dei boss incarcerati in Campania. Il libro mastro dei casalesi, suddiviso per «gruppi», elenca l’ammontare delle dazioni mensili per tutti gli affiliati: si va dai mille euro dei soldati semplici ai 5.000 per le famiglie dei capi. Stipendi per 5 milioni di euro.
IL LIBRO MASTRO DEI «381»
Tre i files esplosivi: il primo contiene le lettere «attinenti al funzionamento quotidiano dell’organizzazione»; un secondo è dedicato ai «soldi introitati con ogni singola estorsione»; il terzo documento, il più corposo, specifica la mappatura del clan con «spartizioni dei vari gruppi» in tre sotto-files dove sono evidenziati 381 nominativi.
SOLDI PURE AI NEMICI (POI UCCISI)
A dimostrazione di un ricompattamento dei clan, l’ordinanza fa presente che l’organizzazione provvedeva anche per i nemici di un tempo. Vedi Sebastiano Caterino «un tempo avversario storico dei casalesi, legato ai De Falco, che risultava stipendiato dai suoi ex nemici, verosimilmente poi responsabili della sua stessa morte a colpi di mitra»
FERIE PAGATE IN 41 BIS
Il documento numero 193 è dedicato ai boss all’ergastolo in regime di carcere duro. «Copertone» discute con tal Panaro di questioni di denaro da consegnare «nelle mani dei familiari di amici in «41» (dice «da 4.000 a 5.000 euro per il Padrino, Giuseppe Russo»). Scrive la Dda: «Alle stesse famiglie dei boss reclusi, per le meritate ferie, venivano addirittura consegnate 50mila euro, fuori dai conteggi».
L’IRA DELLA MOGLIE DI SANDOKAN
A incastrare Giuseppina Nappa, nell’ambiente detta Maria Pia, moglie del capo Francesco «Sandokan» Schiavone, la lettera in cui il «contabile» spiega ad un sodale che «Maria Pia… era arrabbiatissima, non ha voluto i soldi perché non sono stati dati a “Maittone”», ovvero il marito di sua sorella, titolare dell’azienda bufalina di famiglia a Grazzanise, «retribuito mensilmente con 2mila euro» ma per una serie di disguidi «dimenticato» nel giro dei pagamenti. Di fronte all’arrabbiatura di Maria Pia, il «Copertone» annota sul files: «Ciccio (Sandokan, ndr), pagamento in sospeso»
«NELLA BORSA MANCA UN MITRA»
Il «pizzino» 245 tratta delle lamentele per una valigia carica d’armi del figlio di «Sandokan» Schiavone, Nicola: «Ti faccio sapere per gli incarichi che mi avevi dato. Le armi da Nicola le ho prese ma nella borsa c’era un (mitragliatore, ndr) Ak47, due bombe a mano modello a pigna, due ricariche per lanciarazzi e 20 colpi. Io a Nicola – osserva il contabile – gli ho detto che erano due i mitra ma lui mi ha detto che sapeva anche lui due, che però poi mi faceva sapere, ma non mi ha più detto niente… ».
IL PIZZINO DEL PADRINO
Nell’ordinanza è riportata anche una vecchia lettera di Sandokan, il Padrino casalese, ai suoi soldati. «Rimanete ognuno all’interno della vostra zona, riscuotete più soldi possibili senza risparmiare nessuno. Casal di Principe non può più provvedere a pagare gli stipendi, anche gli uccellini piccoli, quando poi crescono, devono cavarsela da soli senza aspettare la madre».
Centinaia di estorsioni, con il nome della vittima e accanto la cifra incassata. L’elenco è impressionante. Si va dal «ferramenta di Sant’Andrea del Pizzone, 1.500» all’«imprenditore di Casagiove, 40mila per 1.500», da tal Nicola Salzillo, («sai ci sono andato per il 24 ci dà tutti i 3mila», si legge in una lettera») fino all’industriale Antonio Massaro: «Ciccio Massaro, il “mastrone” ha detto se potevamo aspettare perché sta fermo col lavoro, ma ho detto, è cosa di Ciccio, ci devi dare i soldi».
L’APPALTO DELLE FERROVIE
Le mani di Gomorra si sono allungate fin sui binari della linea ferroviaria Alifana nell’hinterland casertano. Un fiume di denaro, continuo, dal 1980 fino ai giorni nostri. «Quei lavori rappresentano un colossale affare per i casalesi – scrive la Dda – per oltre vent’anni l’organizzazione ha incassato il 5 per cento sull’importo dei lavori. Fino al ’97 una stima approssimativa di 10 miliardi di lire».
L’AVVOCATO DI FAMIGLIA
Il nome dell’avvocato Mario Natale quale faccia pulita del clan per riciclare i quattrini sporchi viene fatta, tra gli altri, dal pentito Luigi Diana: «È stato prestanome dei casalesi» ed è stato messo a capo «di uno dei giocattoli preferiti del clan, cioè la squadra dell’Albanova» e ciò per evitare il sequestro del team dopo che «era stato tolto il dirigente Dante (…) il cui nome era diventato noto tra le forze dell’ordine». La Dda ricorda come il pentito Carmine Schiavone parla del legale già nel ’93, quale tramite di «un incontro con l’allora onorevole Vincenzo Scotti». Il collaborante Michele Froncillo invece racconta che «Carlino del Vecchio, ha parlato di Natale per la gestione, per conto dei casalesi, del bingo di Santa Maria, vicino alla caserma dei carabinieri»
I CRIMINALI MEGLIO PAGATI
Nella speciale classifica dei casalesi meglio pagati, stando al minuzioso documento contabile del pagatore «sottomarino», spicca il leader storico Francesco «Sandokan» Schiavone. La dicitura è «Ciccio». La cifra riportata è: 4mila euro, più «extra» per le vacanze estive, di 50mila. Luigi Basile, ex nemico del clan Bardellino, killer chiamato «marsigliese» ha il «pagamento in sospeso» di 4.000.5.000. «Pagato tanto perché dopo essersi pentito, ritrattò». E che dire del ferocissimo Carlo Del Vecchio, pluriomicida, detto «Cicciariello»: arriva a 2mila al mese come l’omonimo, Antonio, «coordinatore della zona di Capua» e dell’altro esponente storico del clan, «Pasquale Apicella Ballom» altrimenti noto come «Bellomo».
I SOLDATI MUTI E FEDELI
Poi ci sono i soldati fidati, quelli che tengono la bocca chiusa che si accontentano di mille euro. Come Franco Bianco, definito «o Musolini»; Vincenzo Conte, alias «naso di cane», Luigi Di Iorio «33». Nel file spuntano anche i coniugi Mirra. «Guglielmo + moglie, 2.000», primo caso di donna inserita – dice la Dda – direttamente inserita nell’organigramma degli stipendiati»
fonte:ilgiornale.it
Michele De Lucia