Da otto squadre in quattro punti ai soliti clienti: Inter, Milan, Juventus. Snodo cruciale. Dopo il Genoa, cadono Napoli, Udinese, Fiorentina e, nel derby, la Lazio. Le forze emergenti. È un campionato che se ne inventa sempre una. E sabato sera, Inter-Juventus, Ibrahimovic di qua, Del Piero di là: il massimo dei rimpianti, dei veleni, di tutto. Collina, lui, non sa più che pesci pigliare. Immagino la nostalgia di Gussoni per i tempi in cui l’Inter ammazzava la serie A e la Juve divorava la serie B. Oggi sono scintille, oggi le Grandi sono di nuovo tutte lì. Povero Chievo. Domenica scorsa, le «manine» di Banti alla Juve; ieri, il regalino di De Marco a Kakà. Difficile cogliere a occhio nudo che il contatto si consuma appena fuori area, ma sorprende la velocità liberatoria con la quale l’arbitro indica il dischetto. Milan, quarto rigore nelle ultime quattro partite casalinghe. Riassunto delle puntate precedenti: Sampdoria (sullo 0-0), Siena (sull’1-1), Napoli (sullo 0-0, parato). A Lecce, Ancelotti si era adombrato per la punizione del pareggio. Galliani, vecchia volpe, lo aveva placcato: zitto, non parlare degli arbitri. A Roma direbbero: e te credo.
Il Chievo avrebbe probabilmente perso comunque, ma il rigore che lo ha ghigliottinato non c’era. Così come non c’era il penalty che aveva rianimato il Napoli a Bergamo, prima dell’uno-due di Manfredini e Floccari. Se mai, Brighi ne avrebbe dovuto concedere uno all’Atalanta. Visto che siamo in tema, non c’era nemmeno il rigore pro Cagliari, e ce n’era uno pro Fiorentina. Gilardino ha barato e pagato: Gava, perché dargli addosso? L’Inter vive di tuoni, il Milan di scrosci, la Juve di lampi. Nello scalare la vetta, ogni tecnico ha seguito un sentiero diverso: Mourinho è stato il più regolare; Ancelotti la crisi l’ha avuta subito, alla prima e seconda giornata; Ranieri a ottobre, in coincidenza con il ritorno della Champions League. Un anno fa, dopo dodici turni, l’Inter di Mancini aveva 28 punti, la Juventus 22, il Milan 14. La strada è ancora lunga, e la primavera europea molto inciderà sui destini domestici. A differenza di Inter e Juve, il Milan maneggia una coppa che al cambio ufficiale non vale lo scudetto. L’importante è non passare da un eccesso all’altro, come spesso capita ai tifosi più superficiali e livorosi. Le milanesi sono più forti. La Juve deve adeguare di volta in volta le ambizioni alla rosa, in attesa del definitivo salto di qualità.
Non si escludono intrusi capaci di continuare a dare fastidio. Il Napoli resta uno di questi. La Lazio, in compenso, dovrà assorbire la botta di un derby smarrito da favorita. Tamburello fiammeggiante. Fino al gol di Baptista, meglio la Roma; dall’espulsione di Ledesma in poi, meglio la squadra di Zarate: e proprio lui, in particolare. Da un Olimpico all’altro: bravo anche Rocchi, l’arbitro. Aveva più fame, la Roma. L’ossigeno del derby l’aiuta a rialzarsi; ma per correre, serve altro.
fonte:lastampa.it
inserito da Michele De Lucia
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