ROMA – L’Italia dei furbetti non è ancora finita. Tra i contribuenti meno fedeli con il fisco, che nel 2003-2004 hanno aderito alla sventagliata di sanatorie proposte, molti hanno usufruito della possibilità di mettersi in regola. Ma poi, dopo aver aderito, non hanno versato tutto il dovuto. A conti fatti il fisco, in base alle domande di sanatoria, avrebbe dovuto incassare 26 miliardi, mentre in cassa ne ha visti arrivare 20,8. In pratica mancano 5,2 miliardi che il fisco sta tentando di recuperare, finora con scarsi risultati: l’invio di cartelle esattoriali ha fruttato finora solo 123 milioni.
A delineare “costi e risultati” dei Condoni attuati nel biennio 2003-2004 è una indagine della Corte dei Conti compiuta da Salvatore Mazzillo, un magistrato molto esperto del settore tributario tanto che nel passato ha guidato per molti anni i super-ispettori del Secit. Che solleva così un dibattito politico (“siamo all’evasione al quadrato”, dice l’ex ministro Giulio Santagata, Pd) ma anche una pronta replica dell’Agenzia delle Entrate, che sta mettendo il fiato sul collo ai “furbetti”: “Tutte le attività per recuperare i 5,2 miliardi condonati e non versati spontaneamente dai contribuenti che hanno aderito ai condoni – affermano alle Entrate – sono già state poste in essere e sono in corso”. Il rapporto è ricco di dati e tabelle. Ma, soprattutto, dopo aver evidenziato il “buco”, affida anche una serie di “raccomandazioni”.
La prima riguarda proprio la lotta all’ evasione, che non può prescindere dal recupero dei 5,2 miliardi non versati dagli evasori furbetti del condono dichiarato e non pagato. Si chiede di controllare i settori a rischio che invece non hanno aderito alle sanatorie. E, inoltre, di destinare una parte degli incassi recuperati dall’evasioni come “bonus-disturbo” verso i contribuenti che hanno subito un controllo, con i costi che questo comporta, ma poi sono risultati perfettamente in regola. La Corte dei Conti non nasconde gli aspetti positivi dei condoni, che hanno prodotto più di quanto previsto (ad esempio il primo anno 11,3 miliardi, il doppio delle stime iniziali). E anche il fatto che hanno consentito al governo “di acquisire le risorse finanziarie necessarie ad assicurare la tenuta dei conti pubblici nel breve termine senza dover rischiare le perdità di consenso associate all’aumento della pressione fiscale”, in pratica senza aumentare le tasse. I magistrati contabili, che ricordano anche la bocciatura della sanatoria Iva da parte della Corte di Giustizia europea, chiedono di “confermare la definitiva rinuncia a far ricorso ai condoni tributari per ottenere aumenti di gettito nel breve termine”. Già, perché i condoni sono “diseducativi”, e accrescono “il rischio di diffusione della criminalità finanziaria” oltre ad avere costi politico-sociali per la perdita del consenso e “l’accentuazione della percezione di iniquità fiscale e di sperequazione sociale del sistema”. Un effetto aumentato dalle “reiterate proroghe ed estensioni e a concessioni si sono rivelate perniciose in termini di risultati effettivi finali (come è avvenuto per il riconoscimento dell’efficacia del condono sganciata dall’effettivo versamento delle rate successive alla prima) o hanno avuto un effetto fortemente diseducativo (com’é il caso delle dichiarazioni integrative riservate e della rottamazione dei ruoli)”.
L’indagine tenta anche un identikit di chi ha aderito al condono che – viene spiegato – ha rappresentato una opportunità per le categorie che hanno approfittato del passaggio dalla lira all’euro: fatta a campione su 5,3 milioni di possessori di partita Iva (società, imprenditori, lavoratori autonomi), ha messo in risalto che almeno un contribuente su tre ha aderito a qualche forma di condono. La percentuale di adesione è stata leggermente più elevata al Centro-Nord con una più forte adesione dei contribuenti alle fasce di ricche: in particolare il 90% dei contribuenti con volume d’affari superiore a 25,8 milioni di euro. Forte è poi stata l’adesione delle società di capitali (40%). Così come è doppia l’adesione di imprese in contabilità ordinaria (50,7%) rispetto a quelle in contabilità semplificata (26,1%) e ai lavoratori autonomi (26,18%). Su queste categorie la Corte dei Conti ha affidato al rapporto le ultime due raccomandazioni: “attuare un sistematico monitoraggio su chi aderito” e “intensificare i controlli verso le categorie di contribuenti che, pur risultando maggiormente a rischio di evasione, hanno aderito in percentuale minore alle sanatorie”.
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ansa inserito da Michele De Lucia
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