Napoli. Teatro Il Primo. Il Cielo di Palestina.

Da Venerdì 5 Dicembre alle ore 21.00 a Domenica 14 Dicembre 2009
(orario spettacoli: venerdi e sabato ore 21, Domenica ore 18)
al
TEATRO IL PRIMO
Via del Capricorno 4
Colli Aminei, Napoli
“IL CIELO DI PALESTINA”
con
Khaled Al-Zeer
e gli allievi del
LABORATORIO TEATRALE ELICANTROPO
Stefano Aloschi, Virginia Altruda, Loredana Antonelli,
Gianni Ascione, Raffaele Ausiello, Elisabetta Bevilacqua,
Nadia Bracale, Nino Bruno, Roberta Chiazzo, Sara Cardone, Rosalia Canfora,
Leila D’Angelo, Alessia De Chiara, Mario De Masi, Claudia De Biase,
Marco Di Prima, Stefano Ferraro, Angela Garofano, Aniello Maliardo,
Alessandra Mirra, Guido Panaro, Monica Paolillo, Serena Rinaldo, Valentina Sanseverino,
Marco Sgamato, Dalal Suleiman, Francesco Vitello, Elias Zoccoli
Scene ROBERTO CREA
Costumi ANTONELLA MANCUSO
Musiche Originali PAOLO COLETTA
Progetto Adattamento e Regia
CARLO CERCIELLO
Da una nota per la stampa si legge quanto segue: “I ricchi hanno Dio e la polizia. I poveri hanno le stelle e i poeti”. Questa frase, cruda e disincanta di Mu’in Bsisu, estrapolata dai suoi “Quaderni palestinesi”, riassume il senso dello spettacolo. Da qui è stata ricavata la storia, affidata, nello sviluppo drammaturgico, ad un coro di giovani attori del Laboratorio Teatrale Permanente dell’Elicantropo, che, per frammenti poetici e racconti, procedono nella descrizione della vita e dei ricordi dell’unico personaggio definito, il maestro (sdoppiato nello spettacolo in maestro giovane ed il maestro anziano).
Un paradosso amaro che, stranamente, trasmette una speranza, come se dalle ceneri della miseria e della repressione dovessero sbocciare una più forte fantasia ed un più alto sentimento del vivere. Ma non facilmente.
Come scrive Giabra Ibrahim Giabra, autore tra i più rappresentativi della letteratura palestinese, “non c’è bisogno della filosofia per sapere che rocce e spine non producono vita e se la vita viene ficcata a forza nelle fessure di un piano roccioso e spinoso, la si costringe a trasformarsi in rocce e spine”.
Queste parole che ben definiscono l’amaro sapore della vita negata di un intero popolo, con la tacita acquiescenza, la complicità, il moralismo peloso del colto e cattolico occidente, sono liberamente tratte, e con esse lo spettacolo, da “La terra più amata”, voci della letteratura palestinese.
E’ giusto che si ascoltino le voci di un popolo, ma che questo popolo faccia anche autocritica è perlomeno saggio, perché doveroso come portato di coscienza.
Maurizio Vitiello