Umberto Manzo tra Napoli, Roma e Salerno.

Umberto Manzo tra Napoli, Roma e Salerno.
Nelle opere più recenti Manzo ritorna alle carte, le accumula in teche di ferro e vetro.
Opere in visione tra lo “Studio Trisorio” di Napoli e Roma e prossimamente alla Galleria “Studio 34” di Salerno, dal 9 al 15 Marzo 2009.
E’ sempre un piacere scrivere su Umberto Manzo, perché abbiamo la dimensione dell’arte spiegata, cioè allargata a comprendere idea ed esecuzione.
Umberto Manzo ha sempre trattato la figura e prendendo a pretesto una disamina del suo essere ha affrontato “se stesso”; se volete, lo possiamo scrivere anche con l’accento quel “sé stesso”, come preferiva Benedetto Croce.
L’artista va dentro di sé, scava nel disegno il suo principio umano; è un contributo alla critica di me stesso, si potrebbe pensare e sottolineare, volendo sempre parafrasare Benedetto Croce.
La qualità del corpo fisico in campo è stata da lui prima misurata e, poi, risolta “in chartis”.
I molteplici disegni, lasciati scendere “a cascata”, richiamavano l’attenzione dell’occhio per il debito esercizio della visione e l’incanto delle descrizioni, minute e precise, del suo stesso corpo, visto in una dimensione di apollineo mitico atleta, quasi di giocatore “nature” della vita, esaltavano segreti “celati” e “suggeriti” dal caos distributivo, dovuto a un disordine, determinato, nettamente, da pura casualità inerziale.
Nelle opere più recenti Manzo ritorna alle carte, le accumula in teche di ferro e vetro.
Come nei suoi primi lavori il corpo resta l’unità di misura imprescindibile, il luogo privilegiato della sua indagine, ma piuttosto che disarticolarlo, stratificandolo nei diversi piani dell’opera, o ridurlo a sagoma come negli oli su tela, realizzati fra 2005 e 2007, l’artista lo riporta in piano ed attraverso tagli geometrici lunghi e profondi indaga oltre la superficie, alla ricerca di nuovi molteplici significati, di un ordine nuovo, di frammenti di memoria, quasi di “reliquati” memoriali.
Fin dagli anni Ottanta, il lavoro di Umberto Manzo è caratterizzato da un percorso preciso e coerente, che l’ha portato a confrontarsi con materiali eterogenei e tecniche varie, come l’emulsione fotografica, la grafite, gli oli, i colori e le colle vegetali, la cera, fino ad elaborare un proprio linguaggio, una propria originale narrazione, inconfondibile.
Umberto Manzo ha esposto in gallerie private e spazi pubblici oltre che in Italia, anche in Francia, Germania, Spagna; le sue opere fanno parte di importanti collezioni italiane ed estere.
Alcuni suoi lavori di grandi dimensioni sono installati in permanenza nella stazione “Cilea” della Metropolitana di Napoli, sui cui abbiamo parlato anche sul periodico “Il Vomero”; tanto li abbiamo incorporati vedendoli sempre, quasi ogni giorno; partendo proprio dalla stazione metro di Piazza Quattro Giornate (ex Piazza Mascagni, ex Piazzale del Littorio, con tanto di Stadio del Littorio) per Napoli centro, cioè Piazza Dante.
Sarebbe stato bello parlare di Umberto Manzo con Pasquale Trisorio, il gallerista napoletano, che ci manca.
Ricordo che intervistammo Pasquale Trisorio, durante la mostra di Mel Ramos, per la “Videoteca Arti Visive/Campania”, che elaborai al Vomero al “Centro Studi Settanta”, diretto dall’architetto Mario Carrese, che aveva avuto voglia di produrre dei video sul mondo dell’arte, che tanti anni fa era proprio una bella novità, parliamo degli anni ‘86/87.
Umberto Manzo, insomma, ha fatto centro con questa produzione artistica; è riconosciuto, è riconoscibile, quale artista non desidererebbe ciò?
Lui è rimasto lo stesso, di tanti anni fa; gli riconosciamo: sensibile creatività, misuratissima intelligenza, bravura operativa.
I disegni che redige sono calibratissimi, non ricorre a iperboliche iconografie multimediali, ma scandisce la sua figura nel suo manifestarsi.
I suoi disegni sono sostanza dell’attesa e scavalcano, con pudore, soglie e limiti.
Il suo intendimento discreto seziona il Sé e tange l’esterno del mondo e mantiene un contatto con il sentiero del limite, che non ravvede mai come soglia di preclusione.
Il “focus” dell’azione pittorica di Umberto Manzo, che prende spunto da vene di mediazione intimistica, cerca di esplicitare, con un codice linguistico intenso, segmenti autorevoli, che consolidano tracce di visioni consistenti.
Le opere riescono, grazie all’affondo della materia, a suggellare squarci di luci e di verità.
L’artista profila, con significativa abilità, palpiti, equilibri, umori e sfere di sentimenti e si riesce, così, a captare la volontà dell’artista di significare, con tratti decisi ed esperti, agganciati a vettori segnico-cromatici, determinati da gesti precisi, un ancorato ventaglio di motivi certi e di strutture visive.
L’artista assegna ad una scala calamitata di colori, regolata da squarci figurativi, vibranti torsioni dinamiche.
Le figurazioni dell’operatore, lontane da congetture fabulistiche o da circuiti ingannatori, risultano sincere ed emergono e s’intravedono mediazioni pittoriche, caricate da tratti spezzati, che riescono a snodare sequenze ed inquadrature di un universo raccolto da risposte di uno specchio intimo, ma che guarda convinto il mondo.
Umberto Manzo sa che sul diaframma del suo cartaceo, toccato da inchiostri, colori e grafite, incapsulato in bacheche metalliche, dialoga il suo intimo sentire e il suo essere con l’esterno, con le manifestazioni e le azioni scritte da altri.
Agli altri il saggio intuito del “clin d’oeil” farà scoprire che da minime parzialità, di segni autonomi o di riflessi corporei, si accendono comprensioni di elogi tautologici.
Maurizio Vitiello
Info:
Foto in alto a sinistra:
Umberto Manzo
Senza titolo, 2008
Grafite e tecnica mista su carta incollata su legno, ferro e vetro
cm. 144 x 170
Courtesy Studio Trisorio