IL TEATRO SAN CARLINO, TEMPIO DELLA RISATA

27 aprile 2009 | 00:00
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IL TEATRO SAN CARLINO, TEMPIO DELLA RISATA

IL TEATRO SAN CARLINO, TEMPIO DELLA RISATA

Del Largo del castello (attuale Piazza Municipio) descritta in quasi tutti i libri che scrivono della Napoli antica ne parlò anche Benedetto Croce nella monografia sui teatri di Napoli del Secolo XV-XVIII e Salvatore Di Giacomo. Questo luogo raccoglieva oziosi, vagabondi e perditempo, attirati dalla presenza dei venditori ambulanti. È in questa piazza che, preceduta da una baracca-teatro detta “La Cantina”, nel 1740 nacque il primo teatro San Carlino, il quale era un baraccone di fronte alla chiesa di San Giacomo.In questi teatri, i cui primi impresari furono i Tomeo, si avvicendarono compagnie girovaghe e geniali attori. Tra i due teatri-baracche, per diversi anni vi fu una forte concorrenza. Poi il baraccone San Carlino fu abbattuto e la stessa sorte toccò, in seguito, a La Cantina. Nel 1770 il teatro fu ricostruito ed il 17 marzo del 1770 ebbe un battesimo trionfale. Il San Carlino, che riassume i felici ricordi de La Cantina e della Baracca, fa accorrere la nobiltà, la borghesia e la plebe; la grande ressa fa nascere i soliti bisticci per un buon posto. Sul palcoscenico del teatro artisti celebri hanno lasciato storia nell’arte teatrale napoletana. Tra questi Salvatore Petito vi portò per la prima volta la maschera di Pulcinella che aveva ereditato nel 1823 alla morte di Filippo Cammarano. L’origine di questa maschera è incerta come il significato del suo nome. C’è chi lo indica discendere da “Pulcinello” piccolo pulcino per il suo naso adunco; chi per “Puccio d’Aniello” un villano di Acerra del ‘600. La maschera ha rappresentato e rappresenta la “plebe napoletana” oppressa dai vari potenti che si sono succeduti. Molti attori hanno impersonato questo personaggio. L’ultimo erede della maschera fu Salvatore De Muto che esordì nel 1892 in un teatrino “dell’Opera dei Pupi” . Egli nel 1950 al teatro Politeama e successivamente al Nuovo Teatro San Ferdinando donò la sua maschera ad Eduardo De Filippo.

Nel 1850, morto Salvatore Tomeo, proprietario del San Carlino ed essendone stata dichiarata l’indivisibilità tra gli eredi , fu messo in vendita e valutato 17.984 ducati ed 80 grane (circa 70.000 lire). Esso fu aggiudicato ai coniugi Don Raffaele Mormone e Donna Mariantonia Tomeo (figlia di Salvatore Tomeo) per la somma di 15.000 ducati.

Il 12 aprile 1852, Salvatore Petito, dopo quasi 30 anni di onorato pulcinellismo, passò la maschera al figlio Antonio Petito che era nato il 22 giugno 1822. Il padre gli aveva insegnato il ballo, suo fratello la mimica. Antonio, che aveva già avuto varie esperienze teatrali , diventò pulcinella dopo il 1841 a Salerno nella compagnia Martini, ma al teatro San Carlino ci arrivo solo nel 1852 quando prese la maschera del padre. Egli fu considerato il re dei Pulcinella ed oltre ad essere ricordato come il più grande interprete della maschera, benché quasi analfabeta, resta noto anche come commediografo. Tra le sue più belle opere “Palummella zompa e vola”; “Ciccuzza”, “Francesca da Rimini” etc. nella memorabile sera la piccola orchestra del teatro eseguì un tenero preparativo musicale al commovente avvenimento. Poi dalla prima quinta a destra sbucò Salvatore vestito del suo solito costume con la maschera sul volto. Dalla quinta a sinistra uscì Antonio anche egli vestito da Pulcinella ma a viso scoperto. Don Salvatore, con voce tremante, rivolgendosi al pubblico che aspettava in silenzio disse: “il vostro servitore devotissimo s’è fatto vecchio, ha bisogno, di riposo e voi non glielo vorrete negare dopo trenta anni durante i quali vi ha servito. Da questa sera egli smette la maschera di Pulcinella, la consegna a suo figlio Antonio, che ha l’onore di presentare al rispettabile pubblico ed all’inclita guarnigione”. Poi si tolse la maschera e la pose sul volto di Antonio, gli mise sul capo il coppolone e con le lacrime agli occhi sussurrò al figlio: ”Pe cient’anne!” . Il pubblico commosso applaudì ed iniziò la commediola intitolata “S’è stutata la cannela”. Tra gli interpreti che recitarono con lui c’erano Salvatore Petito (che morì nel 1866) e Pasquale Altavilla, attore e commediografo. Il San Carlino, proseguì nel suo successo di attori e di folto pubblico per molti anni. La sera del 26 marzo 1876 il teatro era gremito, si rappresentava la Dama Bianca, il cast era di nove attori oltre al Petito. I primi due atti furono un gran successo. Iniziò il terzo atto ma Petito si mostrava svogliato e distratto; le sue battute mancavano di vivacità, sembrava stanco. Quando si accorse che il suo recitare meravigliava il pubblico, brevemente tornò l’attore comico di prima, ma nel finale del terzo atto mutò in tragico il suo intervento buffonesco. Dopo l’ultima battuta cadde il sipario. Egli, liberatosi della maschera e del coppolone, si andò a sedere nel corridoio vicino al suo camerino, gli tremava la mano ed aveva il viso contratto, la Tedesco, un’attrice, credeva che scherzasse ma si accorse che era stato colpito da apoplessia. Petito rotolò a terra dalla sedia e spirò senza parola. L’attore fu adagiato su un materasso e fu portato sul palcoscenico. Il sipario si levò lentamente sull’ultimo atto di Antonio Petito! Il pubblico urlava e singhiozzava. Il grande interprete di Pulcinella era morto sul palcoscenico dove aveva raccolto i suoi allori. Ad Antonio Petito successe Giuseppe De Martino, che esordì il 30 manzo 1876. Egli fu accolto con grandi applausi dal pubblico, ma pur somigliandogli molto fisicamente, nella voce e nei movimenti, ebbe un successo di breve durata, forse perché modificò il personaggio della maschera o perché arrivò al San Carlino Eduardo Scarpetta. A causa della morte di diversi personaggi legati a questo teatro, esso subì chiusure che duravano mesi.

Siamo al 1880, il teatro aveva chiuso le porte da tempo. Quando nel mese di agosto i giornali annunciavano la riapertura per l’1 settembre con la commedia “il Cavaliere Don Felice Sciosciammocca direttore d’una compagnia comica”. Attore principale Eduardo Scarpetta. A questa seguì una lunga serie di commedie scarpettiane, che ebbero gran successo. Scarpetta continuò da solo la gestione del teatro e dal marzo 1881 fino al maggio 1884 guadagnò circa 300.000 lire. Frattanto la vecchia piazza del Castello aveva assunto il nome di Piazza Municipio, si costruivano nuovi palazzi, lo sterrato veniva pavimentato e veniva aperta una larga strada alla Marina. Le antiche costruzioni furono espropriate e destinate all’abbattimento, tra queste il teatro San Carlino. Il piccone iniziò la demolizione il 6 maggio 1884 e dopo qualche mese al posto del teatro non rimaneva che un cumulo di pietre testimoni della pregressa storia artistica passata attraverso il teatro San Carlino.

Alberto Del Grosso.

Grafica di: Salvatore Scotti