ATRANI ADDIO AL DOTTORE JOVENE. SOCCORSE QUASIMODO

20 maggio 2009 | 00:00
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ATRANI ADDIO AL DOTTORE JOVENE. SOCCORSE QUASIMODO

ADDIO AL DOTTORE LUCA JOVENE

Il manifesto che annuncia la scomparsa del dottor Luca Jovene l’ho visto quasi per caso, affisso all’angolo di via Casa Mannini a Maiori.  Mi dispiace  di non aver avuto la possibilità di partecipare ai funerali, celebrati nel pomeriggio ad Atrani.   

Lo apprezzavo molto. Spesso lo incrociavo, con la moglie, la gentile signora Silvana, a Maiori. Ci scambiavamo  magari solo un saluto. Tra persone che si stimano non servono parole. Di recente non m’è capitato più d’incontrarlo. Con Luca Jovene – che per i suoi pazienti era il dottor Luchetto – se ne va un medico bravo, scrupoloso  (secondo tradizione familiare: il padre, “don” Antonio, anch’egli medico – il medico della mia infanzia -, è ancora ricordato con affetto e riconoscenza) e, principalmente, una persona per bene. Un gentiluomo. Amava la professione,  esercitata a tempo pieno, con l’eroismo imposto dal sistema sanitario dell’epoca,  in un territorio difficile per com’è strutturato morfologicamente,  sprovvisto di   presidio sanitario (quello di Castiglione, conquistato con le unghie e con i denti dalle popolazioni della Costiera, è relativamente recente), senza lasciarsi attrarre da altre attività (l’impegno politico, ad esempio,  sirena  omerica che incanta e… distrae tanti suoi colleghi).

Fu lui, la mattina del 14 giugno 1968, ad accorrere per primo al capezzale di Salvatore Quasimodo colto da malore all’albergo Cappuccini. Nel ricostruire quei momenti Giuseppe Liuccio (in Quasimodo amalfitano, Nicolodi 2002) scrive: “Il dottor Luca Jovene fu bravissimo. Fece quanto umanamente era possibile fare; e quanto esperienza e scienza medica consentivano. Il Maestro rispose positivamente alle prime cure. Ma il caso era grave”. Poi, com’è noto, il poeta morì durante il trasporto alla clinica Mediterranea a Napoli (con un’auto da noleggio, in mancanza di un’ambulanza: l’unica disponibile ad Amalfi era impegnata in un altro ricovero d’urgenza). Dio mio, che tempi!

Alla vedova, ai figli Brunilde e Antonio,  giunga l’espressione del mio più accorato cordoglio.

Sigismondo Nastri