21 dicembre 2012: fine del mondo o nuovo inizio? Scienza e profezie.

7 settembre 2009 | 09:07
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21 dicembre 2012: fine del mondo o nuovo inizio? Scienza e profezie.

Emergenza clima – Il Rapporto ONU (IPCC)

di Ennio La Malfa

Il rapporto ONU, un “tomo” di 1400 pagine elaborato da ben 2500 scienziati di tutto il pianeta, è stato consegnato a Bruxelles all’Unione Europea giovedì 5 aprile 2007 ( data storica da ricordare). E’ questo un documento drammatico che ci presenta scenari futuri apocalittici. Dinanzi a tanta precisione di dati, ad esempi concreti, come quest’ultimo inverno caldo, a fenomeni di estremizzazione meteorologica, ad alluvioni, fusioni accelerate delle calotte polari, innalzamento dei mari e quant’altro, anche i Paesi più recalcitranti sul Protocollo di Kyoto come USA, Cina, e Arabia Saudita, hanno dovuto chinare il capo e accettare il documento.

La novità di questo documento è che non si parla più di bloccare l’effetto serra come strategia prossima ventura, perché dal documento si evince che dobbiamo rassegnarci all’inevitabile.

Si è ormai preso atto che il fenomeno si è innescato e non potrà più fermarsi. Si parla, quindi, di adattamento ai fenomeni in arrivo innescati dall’effetto serra, che gli scienziati portoghesi hanno ribattezzato: “effetto stufa”.

Senza entrare nello specifico delle 1400 pagine, possiamo però raccogliere i principali elementi e i dati che rappresentano la sintesi di tutto il rapporto ONU. Questi pertanto i punti salienti del documento:

Entro il 2050 L’Europa potrebbe perdere il 70% dei suoi ghiacciai. E’ previsto anche lo scioglimento delle distese di nevi”eterne”dell’Himalaya.

I fenomeni meteorologici saranno sempre più estremi e di uragani tipo “Katrina” dovremmo farsi l’abitudine;

Il 30% di animali e piante del pianeta potrà estinguersi;

Gli oceani prima del 2100 potrebbero crescere di oltre 1 metro;

Mari ed oceani inizierebbero ad acidificarsi compromettendone la vita marina stessa. Al momento il fenomeno sta interessando negativamente tutte le barriere coralline;

I deserti del pianeta entro la fine di questo secolo potrebbero raddoppiarsi e la foresta dell’Amazzonia trasformarsi in savana;

I fiumi delle latitudini equatoriali e tropicali potrebbero trasformarsi in torrentelli o diminuire la loro portata d’acqua di oltre la metà;

L’Africa subsahariana finirebbe per diventare una terra

senza acqua e vita;

Le malattie tropicali, anche le più devastanti, vedi la febbre dengue e la meningite, si potrebbero estendere anche negli attuali Paesi temperati;

Le economie dei Paesi tropicali o temperati che attualmente puntano sul turismo marino, a causa dell’eccessivo caldo, potrebbero fallire;

Per la conquista dell’acqua potrebbero innescarsi nuovi conflitti e milioni e milioni di disperati fuggire dall’Africa per invadere l’Europa.

Sono questi gli scenari che il rapporto intravede qualora raggiungessimo un aumento medio della temperatura della biosfera di altri 2 gradi centigradi da qui al 2050. Nel caso dell’ipotesi più nera, che vedrebbe entro la fine del secolo l’innalzamento della temperatura media del pianeta di oltre 5 gradi, i problemi sarebbero ben più gravi e per l’umanità potrebbe non esserci futuro.

Per il bacino del Mediterraneo il rapporto dedica oltre 50 pagine, informandoci che se il trend è quello che abbiamo appena assaporato in quest’ultimo inverno, questo è quanto ci aspetta da qui alla fine del secolo:

Circa 5000 Km di coste finiranno sott’acqua, a maggior rischio il delta del Nilo, le pianure della Tunisia, le coste della Spagna, quelle Italiane e della Turchia,. Venezia finirà sommersa del tutto;

I ghiacciai delle Alpi scompariranno quasi del tutto (finiranno “le settimane bianche”);

I grandi fiumi come il Po subiranno una drastica diminuzione della loro portata, entrando in fase di secca nel periodo estivo compromettendo così l’apporto di acqua per i bacini idroelettrici;

Il fenomeno deserto aggredirà in Italia la Sicilia , la Puglia , la Calabria e la Sardegna. La Val Padana sarà interessata da fenomeni di aridità;

L’acidificazione e l’aumento della temperatura sul Mediterraneo ridurrà drasticamente la vita marina, con scomparsa di pesci autoctoni a vantaggio di specie provenienti dall’Oceano Indiano poco commestibili e in alcuni casi velenose;

A causa della conformazione orografica dell’Europa con le Alpi e i Pirenei e a causa dell’aumento della evaporazione del Mediterraneo, si creerà il fenomeno della depressione: l’aria calda che dal mare salirà verso gli strati più alti dell’atmosfera “succhierà” aria calda africana, con inevitabili bolle e ondate di calore che giungeranno fino a ridosso dell’arco alpino, come accadde nel 2003 ( il 2003 è stato solo un breve assaggio!);

A causa delle continue ondate di calore sono previsti per tutto il bacino del Mediterraneo, stando ai dati dell’estate del 2003, almeno 35.000 morti l’anno, ma che purtroppo potrebbero raddoppiare. Oltre a ciò malattie veicolate da insetti che nel caldo-umido trovano il loro habitat ideale, aumenteranno a dismisura ( vedere servizio a parte );

Con il gran caldo gli incendi delle ultime foreste e macchie mediterranee saranno inarrestabili, accelerando così il fenomeno dell’effetto serra e degradando definitivamente i suoli;

L’agricoltura avrà il colpo di grazia soprattutto al Sud dove la carenza d’acqua e l’aumento delle temperature colpiranno drasticamente le produzioni ortofrutticole;

Per l’Italia un danno rilevante per i suoi vini ed oli doc, dove l’effetto stress da eccessivo calore modificherà gli aspetti organolettici compromettendone le caratteristiche del frutto. Pericoli anche per la produzione del Parmigiano a causa dell’inevitabile peggioramento e diradamento dei pascoli;

Sono previste massicce ondate di “profughi del clima” ( si parla da qui al 2050 di almeno 90 milioni di persone) che dalle coste africane cercheranno di raggiungere l’Europa attraverso soprattutto la Spagna , l’Italia e la Grecia.

Questa appena descritta è la sintesi di una altra serie di problemi connessi proprio al fenomeno del riscaldamento globale e in particolare del Mediterraneo.

Il rapporto ONU anche se non parte da un altro rapporto, quello dell’economista Stern, fa riferimento ad inevitabili crisi socio-economiche che condizioneranno in futuro le scelte economiche di ogni Stato.

Per Stern il problema è sotto gli occhi di tutti: in parole povere dice che i disastri ecologici, le malattie agli uomini e agli animali e le perdite di vita causati dai cambiamenti climatici hanno inevitabilmente un costo sociale. Tale che con il peggiorare della situazione andrà sempre di più ad incidere sui vari PIL. Al momento i costi per i disastri ecologici in Paesi come l’Inghilterra incidono sul PIL per lo 0.8%, ma seguendo il trend previsto di innalzamento della temperatura terreste con tutti i fenomeni connessi, l’incidenza salirà in progressione geometrica. Per cui i Paesi che non avranno trovato in tempo delle soluzioni sul fronte della mitigazione dei cambiamenti climatici e dell’adattamento, vedranno un’incidenza dei costi “climatici” sul loro PIL fino ed oltre il 50% . Un disastro che inciderebbe pesantemente sull’economia di ogni singolo cittadino.

Fatta questa breve considerazione dobbiamo immediatamente vedere

chi in Italia subirà i maggiori danni dal trend di innalzamento della temperatura:

Gli agricoltori, che dovranno rivedere i loro progetti produttivi, impiantare nuovi tipi di coltivazioni, più resistenti al caldo, ai parassiti e alla penuria d’acqua;;

I pescatori, che dovranno abbandonare ancora di più l’attività della pesca per penuria di pesce;

Gli allevatori che per penuria di foraggio e di pascoli dovranno ridurre i loro capi bestiame; non solo, ma dovranno anche far fronte a sempre nuove malattie come la Lingua Blu e la Lesmaniosi che decimano animali da cortile e da compagnia (i cani);

Gli operatori turistici che non avranno più centri invernali con piste da sci da prospettare alla loro clientela, né centri estivi al mare dove le temperature torride e la presenza di insetti fastidiosi e nocivi, nonché la penuria d’acqua, sconsiglieranno i vacanzieri ad andarci;

Le persone sensibili al caldo, quindi gli anziani e i bambini.

Con il caldo torrido aumenterà la richiesta di energia elettrica per mandare avanti tutti i condizionatori che sempre di più si istalleranno negli edifici italiani. Questo comporterà in estate, con la forte diminuzione di acqua per i bacini idrografici, per l’assenza di vento per gli impianti eolici, una grande crisi energetica che potrebbe portare a continui e gravi black out come accadde nel settembre 2003.

L’Italia che per il 68% dipende dai combustibili fossili ( i maggiori incriminati per l’effetto serra), non ha davanti a sé uno scenario sereno.

Per giugno prossimo ci sarà un altro vertice tra scienziati e capi di Stato ad Heiligendamm; in quella sede si cercherà di trovare soluzioni pratiche che ogni Paese industrializzato della Terra dovrà adottare per salvare il salvabile. Speriamo che anche questa volta possa prevalere il buon senso e la responsabilità nei confronti di ogni cittadino del globo.

Qualcuno però lo dica anche a Bush e al suo entourage.

di Ennio La Malfa

Fonte: http://www.accademiakronos.it/clima.html

Emergenza clima – Il Rapporto ONU (IPCC)

di Ennio La Malfa

Inserito da Alberto Del Grosso