SORRENTO, PROCESSO PER IL PRIMO MAGGIO AL SINDACO FIORENTINO. I TESTIMONI ´AVEVA VISTO I LAVORI´

11 dicembre 2009 | 04:41
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SORRENTO, PROCESSO PER IL PRIMO MAGGIO AL SINDACO FIORENTINO. I TESTIMONI ´AVEVA VISTO I LAVORI´

Parlano i primi testimoni del processo per il primo maggio a Sorrento, alcuni di essi accusano che che “Il sindaco aveva visto come si installavano le luminarie”. Il processo per la morte di Claudia Fattorusso e Teresa Reale inizia in un clima di silenzio e disinteresse che stride con il clamore mediatico suscitato due anni fa dall’assurdità della morte delle due signore, uccise dal crollo improvviso di una gru che sorvolava sulle loro teste per apporre le luminarie del santo patrono. Il fatto finì sulle prime pagine dei giornali e nei tg d’apertura di tutto il Paese. Le donne morirono per essere passate nel posto sbagliato al momento sbagliato. Erano nei paraggi della Basilica di Sorrento, a meno di venti metri dal Municipio, mentre il macchinario della ditta Donnarumma era in azione. Non c’erano transenne, le auto e i pedoni attraversavano l’area dei lavori senza incontrare ostacolo. Erano le 10.20 quando il pistone idraulico inferiore della giuntura centrale del braccio d’acciaio si spezzò e il cestello, con sopra i fratelli Aniello e Massimo Donnarumma, piombò al suolo, prendendo in pieno le due donne e uccidendole all’istante. L’inchiesta del pm Sergio Raimondi, che sostiene l’accusa anche in aula, ha condotto agli otto rinvii a giudizio per omicidio colposo plurimo che sono l’oggetto di questo processo. Alla sbarra Francesco, Aniello, Massimo ed Eduardo Donnarumma, a vario titolo responsabili per l’impresa che eseguì i lavori; il parroco della Basilica, don Giuseppe Esposito, committente dell’apposizione delle luminarie; Francesco Lombardi, il vigile di servizio quella mattina in piazza Sant’Antonino, mentre la gru era all’opera; Daniele Pinardi, il progettista mantovano della gru della ‘Oil & Steel’, ditta leader nel settore della produzione di questi macchinari, chiamato in causa per un presunto difetto di progettazione del sistema di elevazione del cestello; Marco Fiorentino, sindaco di Sorrento. Quest’ultimo risponde di omicidio colposo come conseguenza di un altro reato, l’omissione di atti d’ufficio: secondo gli inquirenti il primo cittadino, nel suo tragitto quotidiano tra casa e Municipio, non poteva non essersi accorto che in quei giorni l’impresa, non avendo tra l’altro apposto transenne, lavorava in condizioni che rappresentavano un pericolo  per la pubblica incolumità. E, da ufficiale del governo, secondo quanto stabilito dal testo unico sugli enti locali, avrebbe dovuto emettere ‘ad horas’ un provvedimento che prevenisse il rischio. L’accusa di omissione d’atti d’ufficio è il motivo per il quale il processo si celebra a Torre Annunziata. E’ un reato di competenza del Tribunale collegiale. Se le imputazioni fossero state limitate all’omicidio colposo, il dibattimento si svolgerebbe davanti al giudice monocratico di Sorrento. E forse qualche spettatore sarebbe andato a seguirlo, chissà.

Riprendiamo stralci di un articolo di Vincenzo Iurillo su Agorà dopo la prima udienza.

Non ci sono giornalisti dei quotidiani, non ci sono telereporter, nemmeno una telecamera. Se fosse venuto qualcuno avrebbe assistito in diretta a un paradosso, il Comune di Sorrento citato in giudizio come responsabile civile della tragedia del 1 maggio 2007. Pochi giorni dopo aver deciso di non costituirsi parte civile per chiedere il risarcimento dei danni, il Comune potrebbe essere costretto a pagarli.
Della vicenda si è discusso qualche giorno fa in consiglio comunale, quando l’aula ha respinto a maggioranza la mozione del centrosinistra per costituire parte civile il Comune di Sorrento. “Decisione grave e immotivata” hanno affermato in un documento i consiglieri di opposizione. Decisione tra le cui ragioni è difficile non intravedere la presenza del sindaco tra gli imputati, e la volontà politica di non metterlo in una situazione di imbarazzo. Comprensibile. Ma discutibile. In altre circostanze, altri enti hanno deciso diversamente. Nel processo per il disastro dei rifiuti, la Regione Campania si è costituita parte civile nei confronti del suo Presidente, Antonio Bassolino, e degli altri 27 imputati. In caso di sentenza di condanna, potrà rivalersi nei confronti dei responsabili. Mentre il Comune di Sorrento, rinunciando alla costituzione di parte civile, ha perso il diritto di ottenere un risarcimento da chi verrà ritenuto colpevole di una tragedia che ha ferito la comunità locale e ha provocato un danno d’immagine alla città del Tasso, catapultata sui mass media nazionali come un posto dove si rischia di morire entrando o uscendo da una chiesa in un giorno di festa. Ma c’è chi vuole, comunque e a tutti i costi, portare il Comune in Tribunale. Stavolta, però, attraverso un’istanza di citazione come responsabile civile. L’ha presentata Massimo Esposito, uno dei legali dei familiari delle signore Fattorusso e Reale: due si sono già costituiti parte civile, altri tre lo faranno nel corso della prossima udienza. L’avvocato Esposito, in sostanza, chiede che il Comune sia giudicato civilmente responsabile di quanto accaduto, e che la responsabilità venga sentenziata attraverso il procedimento penale. L’istanza verrà discussa nella prossima udienza, fissata dal presidente della Prima Sezione Penale, Maria Rosaria Aufieri, a fine maggio. Il processo, di fatto, non è ancora iniziato. Fermato da un difetto di notifica nei confronti di Pinardi – decreto di rinvio a giudizio spedito a casa e non nello studio del legale – e dall’aggravarsi di una sindrome influenzale di Francesco Donnarumma, agli arresti domiciliari a Pimonte per altri reati. I militari che dovevano tradurre l’uomo in tribunale lo hanno trovato a letto, malato. Il medico dell’Asl ne ha certificato l’impedimento. Se fosse riuscito ad alzarsi per venire in aula, sarebbe stato l’unico imputato presente. Gli altri hanno atteso notizie dai loro avvocati.Le assenze di tutti gli imputati, tra i quali il sindaco di Sorrento Marco Fiorentino. L’aula della Prima Sezione Penale del tribunale desolatamente semideserta. Nessuno spettatore. Il vuoto dell’indifferenza mediatica.