OMAGGIO A SALVATORE CERINO IN UNO SCRITTO di ADA MUROLO
Il poeta Salvatore Cerino, rivive in questo scritto a firma di Ada Murolo che ci è stato recapitato da Assunta Cerino, figlia del compianto poeta, che volentieri pubblichiamo, per rendere omaggio alla memoria di questo grande personaggio, che con i suoi versi musicali e spontanei, cantò la Natura e in particolare, il mare, la campagna, la religiosità che viene dal suo rapporto col Creato e non trascurò la Società.
Alberto Del Grosso
Giornalista Fotoreporter
Caro Cerino, tornando da Milano ho trovato a casa il vostro libro di poesie. Leggendole mi sono ricordata di quando ragazzo, venivate da Raffaele a farci sentire i vostri versi e lui v’incoraggiava e vi voleva bene. Eravate già un poeta allora! Auguri e complimenti: vi saluto affettuosamente”.
La lettera, datata 9 marzo 1965, firmata: Maria Viviani, la moglie del grande Raffaele Viviani.
Salvatore Cerino, il delizioso e fascinoso Cantore del mare di Mergellina, di Posillipo e dei grandi tesori di Napoli: cielo, sole, luna, campagne e campagnoli, vele, spiagge, pescatori, fanciulle, aria, profumi e colori della Natura, fu amico di Viviani e ne frequentò la casa. Molte volte il nostro “Don Salvatore” salì le scale del palazzo di Corso Vittorio Emanuele,386, ove l’Attore-Autore abitava, accolto sempre con affetto e cordialità. Vi andò la prima volta nel 1933. Fu Vittorio Viviani, il figlio del grande Raffaele, a far conoscere il Poeta a suo padre. Tre anni più tardi, quando già Raffaele Viviani aveva sul suo scrittoio sempre a portata di mano il poemetto di Salvatore Cerino “’E qquatto staggione”, diventato un inseparabile amico stampato, l’Attore scriveva al giovane Poeta una cartolina che più volte abbiamo avuto la fortuna di leggere: “Caro Cerino, sempre spassose le vostre poesie, le vostre improvvisazioni, esse ci danno sempre un caro ricordo di voi! Siete il Cerino che non si spegne e fa sempre luce in ogni ricorrenza! Caramente vi saluto. Raffaele Viviani”.
E il grande Viviani vedeva giusto: le “improvvisazioni” cui l’Attore accenna nella cartolina, erano i versi stupendi estemporanei che di tanto in tanto il poeta proponeva. La sua poesia sgorgava spontanea, fresca, naturale come un secondo linguaggio, un’inarrestabile forma espressiva istintiva. Molti gli aneddoti che il nostro Poeta ricordava di Raffaele Viviani (chi scrive ebbe la fortuna di frequentarlo e di ascoltarlo spesso nella vita quotidiana). Una volta in casa Viviani si riparava l’impianto elettrico, il Poeta era in visita da Don Raffaele. Mentre conversavano nello studio, entra la cameriera: “Commendatò, l’elettricista è finito”. E Viviani, pronto: “E? finito? Che è muorto?”.
Il nostro Poeta, ricordava anche la diceria che attribuiva a Viviani una punta di avarizia. Frequentava la sua casa un attore che immancabilmente gli chiedeva una sigaretta. Mentre la fumava osservava: “Come sono buone queste sigarette Commendatò, dove le pigliate?”
Dopo varie volte, alla solita domanda Viviani rispose:”Io nun ‘e piglio, io l’accatto!”
Così il poeta Cerino ricordava pure la fastidiosa e avanzata miopia, da cui era afflitto Viviani e che Egli celava col monocolo, “la caramella”, come suol dirsi a Napoli.
Salvatore Cerino, oltre che per il poemetto “Margellina” che egli stesso definisce “un canto d’amore al nostro golfo divino, con l’eco ammaliatrice della leggenda Parthenope” . Scrisse poi “Ombre” un poemetto che fin dal suo primo apparire riscosse il plauso delle più qualificate critiche. Più tardi scrisse: “Armunia” un’introduzione in versi a “’E qquatto stagione” e “Lassammo perdere” un poema sociale corposo, incisivo e satirico, ed ancora “Armonie di Posillipo”.
Salvatore Cerino dalla bella figura fisica, statuaria, dal volto bruno, ammattonato, le folte sopracciglia, la chioma candida come la neve, gli occhi azzurro limpido come il “suo” mare, può considerarsi l’ultimo Poeta dell’Età d’oro della poesia, quella di Di Giacomo, Russo, Murolo,Galdieri, Bovio ecc. Infatti, nella sua recente fatica letteraria “la poesia napoletana dal Novecento ad oggi (ed. L’ancora del Mediterraneo), un’autografia poetica commentata, Salvatore Palomba lo annovera tra i grandi del passato glorioso della nostra poesia.
“Degnissime fatiche letterarie” definiva Raffaele Causa tutta la produzione poetica di Salvatore Cerino.”Una voce nobile del suo casale d’origine:”Posillipo”, lo definiva il critico Angelo Di Giacomo. Mario Balzano, critico e amico di don Salvatore ne apprezzava:”il turgore del dialetto, la forza espressiva, la capacità di farsi tenero senza svenevolezze , un abbandono che serba accenti di vitalità”. “Un dialetto, (è sempre il Balzano a parlare) tosto e saporoso insieme nella sua colata di irruenza e non fa niente, anzi ne accresce forza, se a volte viene fuori la sciabolata del gergo”.
Giovanni Artieri cita il poeta in tutte le sue opere su Napoli: Pasquale Ruocco ne lode la “freschezza istintiva e lo schietto sentimento”. “Le cose intorno gli parlano ed egli le ode e le sente trasformandole in poesia”, scrisse di lui il critico Pasquale Pironti. E ritorniamo al rapporto Viviani-Cerino.
Nel 1950 Raffaele Viviani, ritiratosi dalla ribalta già da qualche tempo, scompare dalla scena della vita. Grave perdita per il Teatro di tutti i tempi. Gli sono accanto, mentre chiude i suoi stanchi occhi per sempre, i figli Vittorio, Yvonne, Luciano, Gaetano. E’ tutto allora un correre di amici, attori, giornalisti, poeti, critici, ammiratori, gente del popolo rendere omaggio al grande Attore. Profondo è indubbiamente il dolore e il rimpianto di Salvatore Cerino, così legato all’amico. Dopo anni, trovandosi egli un giorno a Castellammare, luogo natio di Viviani, si reca a visitare il monumento che la città ha eretto in Villa e sente prepotente la commozione. Compone allora “Surgente ‘eCastiellammare”, una toccante lirica nella quale ricorda vari momenti della vita e dell’attività di Poeta e di Attore di Viviani. Soprattutto rammenta la coincidenza dolorosa della data e annota: “Tanno murette pure papà mio”. Poi narra: “Raffaele Viviani steve llà, c’’o monumento!…e Isso me guardava/ cu tanta tenerezza e me capeva assaie e me scrutava/ comme a quanno studiava “’o personaggio…”.
E conclude: “…Mo veco a Viviani /dint’a ll’aria/ ‘e chistu cielo ‘e Napule/ comme a nu Dio ca chiagne e ca vo’ bene/ e scrive ancora scene/ cu prosa, vierze e musica / e tanta umanità, ch’è stato nu fenomeno / pe tutt’’a società”.
La poesia di Salvatore Cerino è tutta un inno alla Natura e all’Amore, è una poesia, non ci stanchiamo di ripetere, che impegna tutti i sensi. Cerino riesce a farci vedere il mare che scintilla sotto il sole o che si fa cupo sotto il cielo nero, riesce a farcene udire la voce rabbiosa nella tempesta, a farci avvertire l’odore della campagna, dei fiori, a farci gustare il sapore dei frutti succosi della terra, a farci avvertire sulla pelle il calore del sole.
Al Poeta di Mergellina, Salvatore Cerino, Napoli tutta, dalle autorità ai “luciani”, dalle ridenti giovinette di Mergellina, ai pescatori, ai campagnoli, dagli amici agli scrittori, ai giornalisti, ai poeti, volle offrire anni or sono un omaggio, che suona come perenne testimonianza del senso divino della Poesia, espresso in questi stupendi versi del Poeta “na carezza d’aria ‘e mare, nu suspiro ‘e Dio me pare” scolpiti su di una lapide affissa alla facciata del palazzo antico, non lontano dal balcone dal quale il Poeta vide il sole per la prima volta.
Infatti il poeta nacque in Piazza Sannazaro. Ma visse fino alla morte in Piazzetta del leone a Mergellina, al civico 2. Il Comune di Napoli, il 21 luglio del 2000 con una bella cerimonia e l’intervento delle autorità fece apporre alla facciata del palazzo una lapide con altri splendidi versi del poeta, versi che esprimono l’anelito dell’animo umano al Divino: “Tutto ‘o Criato è n’armunia che canta! mentr’io ncantato saglio ncielo e sento.”