"OMBRE" di Felice Casalino 4° Capitolo
“OMBRE”
di Felice Casalino
4)
Lo scampolo d’anno trascorso al Vescovile fu un incubo, tra quelle mura ovattate, che certamente avevano visto tante strane cose, così come in tutti i posti dove la libertà, i sentimenti, la sensibilità, vengono vissuti come un lusso, là i suoi coetanei non avevano alcuna percezione di quanto fuori da quelle mura si andava a realizzare, i preti erano riusciti fino ad allora a stendere intorno al Liceo una protezione, capace di non far filtrare nulla dall’esterno, e ostinatamente, anche grazie a dei confidenti, riuscivano a tenere sotto il più stretto controllo non solo le attività scolastiche, ma soprattutto quelle ricreative.
Le conquiste, ottenute presso il vecchio Liceo, non trovavano residenza in questo posto angusto e così poco ospitale, anche il bidello altro non era che un feroce aguzzino, avvertì che la sua presenza dava non poche preoccupazioni al corpo insegnante, pertanto vigeva uno stretto controllo sul suo operato, anche le cose più futili venivano debitamente riferite al Preside, il quale, mostrando solo apparentemente maggiore comprensione dei docenti, cercava in tutti i modi di accattivarselo nella speranza di meglio controllarlo.
La rigidità, il distacco e l’incomprensione dei docenti gli procurarono non pochi problemi di adattamento, anche con i compagni di corso le cose non andavano assolutamente bene, erano stati formati su modelli ben precisi e nulla li avrebbe allontanati da essi.
Anche la cameretta, che gli fu assegnata rigorosamente singola, altro non era che una spartana celletta arredata con il minimo necessario. Inutili furono i vari tentativi di renderla il più possibile accettabile, vigeva l’assoluto divieto da parte della Direzione di modificare o migliorare con qualche oggetto personale l’angusta cella.
D’altronde non l’avrebbero mai accettato, se non ci fosse stata da parte del padre di Giulio una grande forzatura sul Vescovo, resa possibile da un intervento di un suo amico parlamentare.
Finalmente l’anno scolastico volgeva alla fine e si completò con gli esami di Stato che non furono molto brillanti, tuttavia, giunse la sospirata maturità e con essa la riconquistata libertà.
Giunto a casa, fu accolto con premurosi abbracci dalla madre, afflitta per la sua lunga assenza e non senza qualche rimbrotto da parte del padre in relazione ai risultati ottenuti, ne mancò la solita lezione di vita, che gli veniva propinata ogniqualvolta il padre ne ravvedesse la necessità.
Era questo l’aspetto che più di ogni altra cosa lo esasperava, l’insufficiente sensibilità da parte del padre nei suoi confronti, la mancanza di dialogo, sapeva che non ci sarebbe mai stato un rapporto di complicità, ma come non rendersi conto, di quanto sarebbe stato bello e costruttivo se tutto ciò si fosse concretizzato?
I giorni a seguire servirono a riannodare i rapporti con gli amici, seppe che tutta la vecchia classe aveva superato l’esame e questo lo riempì di gioia, aveva una gran voglia di sapere, come erano andate le cose in sua assenza, ed in particolare, se si fosse spento l’eco di quanto era accaduto solo pochi mesi prima.
Il primo che andò a fargli visita fu Nanni, superati i preliminari scolastici e complimentatosi a vicenda, smaniava dalla voglia di raccontare a Giulio ciò che era accaduto dopo la sua improvvisa partenza, la sua scappatella con l’insegnante d’inglese, così l’aveva definita, aveva varcato la soglia dell’Istituto, ed era divenuta di dominio pubblico, non solo in casa di ognuno di loro si parlava di quanto accaduto con relativo imbarazzo, specialmente in presenza di sorelle, ma in tutti i posti da loro frequentati, era ancora motivo di discussione, sicuramente, gli disse, sei diventato tuo malgrado un mito, le ragazze, che ancora non ti avevano conosciuto, non facevano altro che domandarci di te, io non ti mollerò di certo questa estate, grazie a te avrò anch’io il mio ben da fare, ne era talmente convinto che gli si illuminavano gli occhi.
La convinzione che quanto gli aveva raccontato Nanni risultava veritiera, la ebbe qualche giorno dopo al bar, che erano soliti frequentare, tutti vollero complimentarsi per la sua audacia impresa, tale era vissuta, gli ammiccamenti e le manate sulla spalla non si contavano più, qualcuno arrivò ad offrire un bottiglia di champagne, tale era l’euforia, tutto ciò dopo poco risultò a Giulio sconveniente, abbandonò il bar e in compagnia di Luca si rifugiò a casa di questi, sapeva che i suoi genitori erano delle persone molto a modo, tolleranti, squisitamente intelligenti, sicuramente non l’avrebbero messo in difficoltà, difatti dopo i convenevoli si parlò di tutto, meno che mai di quello che per la maggior parte dei conoscenti era stato vissuto come una semplice bravata.
Frequentò molto la casa di Luca quell’estate, la condivisione da parte dei genitori delle lotte studentesche che avevano fatto lo ripagavano dall’amarezza e incomprensione vissuta nella sua famiglia, si rendeva conto che a differenza di casa sua, qui c’era libertà d’espressione e non mancava certamente la dialettica, in definitiva era ciò che aveva sempre desiderato, un confronto alla pari e se possibile costruttivo, non di chiusura, come sempre capitava a lui nel momento in cui cercava sforzandosi di dialogare con il padre.
L’estate fu molto intensa e non mancarono di certo le innumerevoli feste organizzate dagli amici per festeggiare l’agognata maturità, anche Giulio non volle essere di meno, e con l’aiuto dei genitori, cosa di cui si meravigliò molto, diede un ricevimento presso un noto circolo cittadino, senza voler esagerare fu la più bella festa a detta di tutti, fu in quella occasione, che conobbe, come sempre accade e quanto meno te lo aspetti, una persona che lo avrebbe stregato, amato, coccolato, portato per mano in un mondo a lui completamente sconosciuto.
Una splendida trentenne dai capelli oro, pelle levigata, sorriso accattivante, occhi azzurri, caviglie sottili, perennemente abbronzata, era questa la donna che il suo amico Luca gli stava presentando, amica di famiglia, che per pura coincidenza era stata coinvolta in questa festa di giovani maturandi. Giulio abbozzò un sorriso, ma gli vennero meno le parole adatte alla circostanza, per tutta la sera non riuscì che a pensare a lei, notava che la maggior parte degli uomini cercava qualsiasi pretesto per intrattenersi con la splendida signora, profittando di una musica particolarmente adatta, e di quel magnifico terrazzo affacciato sul mare, prese coraggio invitandola a ballare, lei acconsentì, che emozione tenerla fra le braccia, avrebbe voluto trasmetterle tutte le vibrazioni, che in quel momento il suo corpo emanava, nello stesso momento era preoccupato di non apparire goffo ai suoi occhi.
La strinse un po’ a se, mentre le chiedeva se si stava annoiando, la risposta fu un magnifico sorriso e nient’altro, la riaccompagnò al tavolo non prima di aver brindato con lei, e seppe suo malgrado che anche l’affascinante signora era a conoscenza della sua nota avventura. Fu questo il primo incontro.
I giorni che seguirono, furono dedicati alla scelta della facoltà a cui iscriversi, anche se fin dall’inizio non poteva non essere che Giurisprudenza, non riusciva infatti ad immaginare una scelta diversa, fu molto lieto di apprendere che anche l’amico Luca aveva optato per la sua stessa facoltà, si augurava che questo gli avrebbe consentito di studiare con una persona, che ben conosceva e stimava e a cui teneva molto.
Fu nel mese di dicembre, in prossimità delle feste natalizie, che la mamma di Luca lo invitò a rimanere a cena dopo gli studi, Giulio accetto di buon grado, gli erano particolarmente cari i genitori e con loro aveva instaurato un ottimo rapporto sin dai tempi del Liceo. Era puro divertimento imbattersi nella serata giusta con il padre di Luca, aveva la capacità di sdrammatizzare gli avvenimenti più foschi e di fare dell’ironia su vari personaggi cittadini, nell’apprestarsi a tavola, con sua immensa sorpresa, rivide la donna che lo aveva stregato durante la festa estiva al circolo.
L’imbarazzo lo colse improvviso, cercò di dissimulare il tutto, sforzandosi di apparire il meno possibile turbato, si impose uno sforzo al di sopra delle proprie capacità, non voleva in alcun modo, che gli altri si accorgessero della sua defaillance, tanto meno lei.
La cena fu splendida e Livia, una amabile conversatrice, riusciva a sorprenderlo sempre, con garbo dissentiva, quando non era d’accordo su qualche loro argomentazione, mentre gli riusciva facile farsi assecondare su argomenti sicuramente non facili, com’era affascinante, la voce modulata su toni bassi, le mani affusolate adagiate sulle gambe, a differenza di chi non riesce a parlare senza gesticolare, tutto in lei era perfetto e così lontano, si accorgeva che Livia conquistava anche i suoi interlocutori, in special modo il padre di Luca, che non rimaneva insensibile alla sua grazia.
Verso le undici furono sorpresi da un temporale, Livia chiese gentilmente di chiamarle un taxi, Giulio si propose di accompagnarla, lei declinò l’offerta, ma alla fine, vista la sua insistenza, acconsentì, salutati i padroni di casa e il suo caro amico, si avviarono all’uscita, fu un attimo intenso quel sfiorarle la mano nell’aprire la porta dell’ascensore, recuperò la macchina e si avviarono verso la strada indicatogli, abitava in una bellissima villa sul lungomare subito fuori città, prima che scendesse dall’auto e l’accompagnasse all’entrata di casa, Giulio le chiese se era possibile incontrarla ancora, la sua sfacciataggine ebbe la meglio, sorridendogli Livia porse la sua carta da visita.
I giorni che seguirono furono dedicati alla preparazione di un eventuale incontro, aveva deciso che nel fine settimana l’avrebbe telefonato, si chiedeva quale potesse essere l’approccio più corretto, prenotare sin d’ora un ristorante il più esclusivo possibile, o aspettare che fosse lei a suggerirne qualcuno, nel mentre inviargli o meno dei fiori, li avrebbe graditi o al contrario l’avrebbe ritenuto eccessivo, sciolse l’enigma inviandole una dozzina di rose rosse.
Il sabato mattina, nonostante la stagione invernale, uno splendido sole illuminava la città, gli sembrava questo un buon presagio, verso mezzogiorno, senza ulteriori indugi le telefonò, gli rispose una voce femminile, sicuro che non fosse lei, chiese della signora, immediatamente fu messo in contatto con Livia, che nel salutarlo, lo ringraziava per le splendide rose e lo invitava a casa sua nel pomeriggio per un caffè. Quando bussò, gli venne ad aprire la persona che solo qualche ora prima gli aveva risposto a telefono, era la domestica, che lo introdusse attraverso il salone su un magnifico terrazzo, che dava direttamente sul mare, abbagliato dal sole, gli ci volle un po’ per scorgere Livia che passeggiava sul bagnasciuga, con le gambe immerse nell’acqua fino alle caviglie. Lo colse un mancamento, tanto era bella, finalmente lei arrivò al terrazzo, si salutarono molto cordialmente, dopodiché si accomodarono.