Profittando dell’arrivo della bella stagione, ho deciso, insieme al Direttore del giornale, di pubblicare il primo capitolo di un mio racconto scritto alcuni anni fa. Naturalmente come sempre, sarete voi a decidere, se ci dovrà essere o meno un seguito. Nel ringraziarvi per l’attenzione, auguro una buona lettura.
“OMBRE”
di Felice Casalino
1
La notizia inattesa, giunta per telefono in una uggiosa giornata d’autunno, scosse violentemente la già precaria condizione mentale in cui si ritrovava da mesi.
Dall’altra parte del telefono, la voce di un conoscente gli riferiva in modo frammentario ciò che aveva saputo circa l’incidente, accorso ad un suo amico d’infanzia, che non vedeva da alcuni anni.
Un colpo, partito accidentalmente da un partecipante alla battuta di caccia, aveva raggiunto l’addome del suo amico, che ora versava in gravi condizioni presso il Policlinico.
La percezione di una vita appesa al filo della speranza, pose Giulio in uno stato di grande turbamento e angoscia, cercò di scuotersi ma non vi riuscì.
Stavolta, invece di reagire, frastornato, si ritrovò sprofondato nella sua poltrona, e in modo completamente diverso dal solito, prese a considerare la sua esistenza, e quella di chi aveva avuto certamente un ruolo nella sua vita fino ad oggi.
Un pensiero inquietante prendeva sempre più corpo e lo trascinava in un vortice a ritroso nel tempo.
Si rese conto che aveva sbagliato tutto.
Iniziò così il suo viaggio, raccolte tutte le forze, tentò di abbandonarsi ai ricordi, alla ricerca della propria insoddisfazione. Comprendeva che solo attraverso una analisi attenta, probabilmente, sarebbe riuscito a venirne a capo.
La sua era sicuramente stata una infanzia felice, così pure l’adolescenza, vissuta tra gli agi di una famiglia borghese, coccolato dall’affetto materno, mancante della figura del padre, a causa dei suoi lunghi viaggi, dovuti alla sua attività, che lo tenevano lontano per lunghi periodi, segnata nello spirito, da un evento, che solo molto tempo dopo, avrebbe acquisito la sua inquietante tragicità.
Cominciò a gran fatica a rimettere insieme i ricordi, e ricostruì, lucidamente, ciò che non aveva visto, ma aveva saputo durante un festa patronale nel piccolo paese natio.
Schierato con la sua cotta, insieme ad altri chierici su file laterali, apriva insieme ad altri ordini religiosi, la grande processione del Santo Patrono in un caldo pomeriggio di Settembre.
Per quella occasione arrivavano in paese un gran numero di forestieri devoti, era sicuramente il giorno più importante per la piccola comunità, e i preparativi iniziavano con settimane di anticipo.
Era un grande privilegio partecipare alle funzioni religiose, l’unica possibilità di vedere da vicino il Vescovo, ricordava ancora la preoccupazione nel servire insieme ad altri la Santa Messa, e le raccomandazioni, che da settimane gli faceva il parroco, la processione si snodava per tutte le strade del paese, ed ogni famiglia, anche le meno abbienti, esponevano sui propri balconi o finestre le coperte più belle, naturalmente, lo sfoggio veniva fatto dalle famiglie più ricche, che in quella occasione, esponevano coperte di pizzo finissimo.
Altra abitudine era quella dei fuochi artificiali, ma non di quelli che disegnano in cielo geometrie bellissime, bensì i classici botti, che ti assordavano e il cui eco giungeva fino ai paesi vicini, e finita la processione, si ritornava al Santuario, dove sul sagrato Sua Eccellenza benediceva e salutava la folla festante.
Fu subito dopo aver rimesso gli abiti civili e sceso in piazza, che fu chiamato, a viva voce, da Andrea, che concitato in viso, prima ancora di parlare, pretese, in quanto più grande, un giuramento solenne, in quanto da li a poco, sarebbe venuto a conoscenza di una cosa a dir poco imbarazzante.
Superati i preliminari e fattolo giurare sul Santo che avevano portato in processione, il che costituiva di fatto l’appartenenza ad un gruppo di ragazzini più grandi di lui, la qual cosa lo entusiasmava, ecco la notizia: Antonio, il caporione della banda, approfittando della gran confusione della festa e del fatto che quasi tutto il paese era in processione, era riuscito con un stratagemma a farsi seguire da una ragazzina del posto, e invece di portarla, come promesso, sulla giostra, l’aveva convinta che nel casolare poco lontano dal paese di proprietà del padre aveva un regalo e voleva consegnarglielo, giunti sul posto l’aveva violentata. La notizia non assunse per lui la gravità dovuta, gli sembrava solamente la bravata fatta da un duro, anche se di poco più grande di lui.
Passarono settimane, la scuola era ripresa e ricordava che in paese qualcosa si venne a sapere, naturalmente lui non ne parlò mai, aveva fatto giuramento, questo senso di appartenenza gli imponeva il più assoluto silenzio e gli garantiva il rispetto degli altri.
A distanza di tanti anni, il coraggio finalmente di rivivere l’accaduto e con esso di rompere l’antico giuramento, non lo riconciliava certo con la povera ragazzina ormai donna, ne con la propria coscienza, si chiedeva ancora come avesse potuto tacere su un accadimento così grave, e l’unica spiegazione plausibile restava l’assoggettamento ad un gruppo di ragazzi brutali.