A Piano di Sorrento le barche sorrentine protagoniste in un libro

9 ottobre 2010 | 17:26
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A Piano di Sorrento le barche sorrentine protagoniste in un libro

Enzo De Pasquale vuole mandare un messaggio sulle nostre tradizioni marinare

PIANO DI SORRENTO – Il messaggio è quello di far sì che le grandi tradizioni marinare della nostra terra non vengano disperse ma tramandate ai posteri. E con questa base che è partito per scrivere e pubblicare il suo libro Enzo De Pasquale, un metese, ma – come tutti gli abitanti della amata costiera – con il mare che scorre nelle vene. E che da piccoli noi tutti abbiamo dovuto fare i conti con il mare, o perché si aveva qualche parente imbarcato o perché si aveva qualcuno che lavorava in quei cantieri dove si costruivano le barche, oppure semplicemente perché andavamo in spiaggia. In questo volume, che è stato presentato venerdì sera nella Sala Congressi di Villa Fondi nell’ambito degli eventi culturali carottesi riguardanti la marineria, l’autore ha voluto mettere in risalto tutto quello che circondava questo affascinante mondo della costruzione delle cosiddette barche minori della penisola sorrentina. Quelle che per molti secoli, fin dagli albori, o per lo meno dovrebbe essere così, sono state e lo saranno ancora per anni, le protagoniste sulle nostre marine. Egli, un ingegnere navale ed istruttore di vela, con molta dimestichezza, pazienza ma, soprattutto, passione, si è incanalato in un mondo che ha descritto sotto le sue varie forme ed aspetti. Non solo racconta di come si costruivano questi piccoli battelli, ma anche di come a volte nascevano ed i loro dettagli; lo ha fatto tramite la voce di quei protagonisti che lo hanno potuto fare, i fatti e le storie che giravano intorno ad esse. Ed ecco che nella sala congressi si incomincia a parlare sulla trama di questo libro, con le introduzioni di Carlo Pepe e di Massimo Maresca, che si sofferma facendo una buona sintesi d tutto quello che esprime il libro. Ma il più bello, possiamo dire così, avviene con la proiezione di varie diapositive, tra le quali molte fotografie, anche d’epoca, che raffigurano non solo i vari tipi di barche, ma anche le tecniche di costruzione. E così, diapositiva dopo diapositiva, si fa vedere che sulle nostre marine – di Seiano, di Vico Equense, di Alimuri, di Cassano, di Marina Grande e della Lobra – venivano costruite le “feluche”, le “tartane” e le “lance” o dette lanzetelle ed i “gozzi”. In alcune foto sono state illustrate le varie tecniche ed i vari assemblaggi tra le ossature della barca, ad esempio le ordinate come venivano fissate e si mantenevano ai madieri. E poi le stesse ordinate per mantenerle tra loro, quando non erano ancora fasciate dal fasciame di legno, venivano unite tramite dei piccoli righelli lignei. Un legno che, come è stato spiegato, doveva essere ben stagionato per molti anni e doveva essere tagliato nei cosiddetti tavoloni che avevano uno spessore che variava tra i tre e gli otto centimetri, se non di più. Ma quello che salta agli occhi e che quando i “mastri d’ascia” – come vengono chiamati i costruttori di queste barche – dovevano costruirle se ne facevano un prototipo in miniatura dal quale ricavavano tutte le sagome e le fughe che poi riportavano nella realtà. E da lì nascevano le varie feluche, tartane e le lance che venivano misurate in “palmi” (un palmo equivale a cm 26,37), ogni imbarcazione è accompagnata da una storia che la contraddistingue. Come le cosiddette lanzetelle, che venivano usate per trasportare sia le valige che i turisti, ed hanno avuto l’onore di trasportare anche passeggeri famosi, come il tenore Enrico Caruso. L’autore si è procurato il materiale necessario alla stesura del libro andando a scovarlo anche in case di privati, specie in quelle di armatori, delle scuole nautiche, in cantieri ed in botteghe. Un patrimonio che con il passare degli anni sta andando purtroppo nel dimenticatoio e che lui ha voluto riproporre nel suo libro perché “noi siamo un paese di grandi tradizioni marinare che vengono trascurate ed è per questo che vorrei trasmettere ai nostri figli la consapevolezza che questo patrimonio non deve andare disperso”.

Feluca                     Tartana                         Lancia                        Gozzo

GIUSEPPE SPASIANO