Ravello e Francis Nevile Reid (1851 – 2011). Una storia lunga 160 anni
Ravello, Costiera Amalfitana. Agli albori dell’Ottocento, Ravello, annoverata nei secoli addietro tra le prime città del Regno di Napoli, doveva apparire un misterioso e solitario paese montano, arretrato sotto il profilo sociale e culturale ma, pur tuttavia, ancora capace di evocare i suoi nobili natali e quelle suggestioni dell’oriente arabo e bizantino mai del tutto dimenticate.
Vigne, oliveti e frutteti cingevano con una fitta vegetazione le balze scoscese, qua e là delineate da mura e torri moresche, sacri templi e case aristocratiche, unici testimoni dei fasti di una stirpe gentile che si erano dissolti nella generale decadenza delle periferie meridionali.
Questo scenario fortemente suggestivo dovette aprirsi agli occhi di un venticinquenne Francis Nevile Reid (1826 – 1892), gentiluomo nato a Londra da genitori di origini scozzesi, cultore delle arti, di letteratura e di botanica, che a Napoli, presso Sir Thomas Gibson Carmichael, aveva trovato il clima ideale per curare un’ affezione alle vie respiratorie.
Il suo viaggio a Ravello, però, non si tradusse nella solita visita fugace di uno straniero: il giovane dovette avvertire l’incantesimo di un mistero mai rilevato in nessun altro luogo e nel 1851 decise di acquistare l’antica dimora gentilizia dei Rufolo, in quegli anni di proprietà della famiglia D’Afflitto.
Si trattava, in realtà, di un complesso monumentale fatiscente senza “né porte né finestre, la parte inferiore del cortile era ricoperta di macerie e una torre stava sepolta sotto il terreno”, come egli stesso lo descrisse. L’acquisizione di un cumulo di memorie romantiche, edificato in un luogo lontano e dimenticato, bisognoso di ingenti investimenti, poteva apparire una vera e propria “follia” in cui il lungimirante Francis intravide la possibilità di realizzare il suo sogno mediterraneo.
Successivamente egli acquisì anche la proprietà dell’antica residenza vescovile con il “giardino di Monsignore”, messa in vendita con le leggi eversive del 1866-67, e quella della Villa Carusiello in località Marmorata.
Il Reid provvide, pertanto, ai lavori di restauro di Palazzo Rufolo, eseguiti nel pieno rispetto delle preesistenze, sotto la direzione di Michele Ruggero, architetto-archeologo che nel 1875 sarebbe diventato Soprintendente agli Scavi di Pompei. Gli interventi non si limitarono alle emergenze architettoniche, restaurate con gusto e sincerità, ma interessarono anche il giardino, arricchito alla maniera eclettica da essenze mediterranee ed esotiche come pini e cipressi, palme e cedri, felci e rose di vario genere.
Curatore e capo giardiniere della proprietà era Luigi Cicalese, personaggio dalla barba fluente di singolari capacità, che riuscì a guadagnarsi la fiducia dell’ “Affmo padrone Francesco Nevile Reid”, testimoniata da una preziosa raccolta epistolare riferita agli anni 1885-91. Di fatto il Reid e la moglie Sophia Caroline Gibson Carmichael erano soliti abitare l’antica dimora ravellese solo da maggio ad ottobre, preferendo, durante i mesi invernali, il clima più mite di Villa Gallotta a Posillipo.
Così “il caro Luigi”, che dal gentiluomo aveva appreso anche la conoscenza della tecnica fotografica, divenne un vero e proprio factotum: curava i giardini, custodiva la villa e, in assenza del proprietario, accoglieva i visitatori, come si evince anche dal diario di Cosima Wagner (“Caffè dall’amministratore del Signor Reid”) durante il celebre soggiorno del Genio di Lipsia a Ravello.
Nel corso di questi anni il signore scozzese salvò dall’incuria pregevoli reperti artistici, si occupò dello studio delle memorie patrie e del restauro dei monumenti con una competenza che indusse mons. Luigi Mansi, canonico della ex cattedrale, ad esprimere “la sincera gratitudine per il valido incoraggiamento datomi nelle storiche notizie di questa città. I modi troppo gentili[…] i lumi somministratimi precisamente in materia di archeologia sono per me una viva e cara rimembranza che avrò meco fino alla tomba”.
Si prodigò, inoltre, in una serie di iniziative tese al progresso e al benessere della popolazione. La riparazione del vecchio acquedotto, la costruzione di un nuovo impianto capace di alimentare la fontana pubblica in Piazza Vescovado, gli interventi di ripristino delle vie comunali, il progetto per la costruzione della strada che collegava Ravello alla costiera sono solo alcuni esempi che si possono addurre al riguardo.
Sotto il suo impulso dovette anche affermarsi l’esigenza di assicurare una decorosa ospitalità di stampo anglosassone a quei viaggiatori europei attratti dalle bellezze naturali ed artistiche della città, di certo alla base della prestigiosa tradizione alberghiera di Ravello.
Così il fascino dell’antica residenza vescovile e la felice ubicazione, oltre all’assoluta carenza di qualsiasi struttura ricettiva, nel 1875 indussero Pasquale Palumbo, dipendente del Reid, e sua moglie, la bernese Elizabeth Von Wartburg, a trasformare l’antico Episcopio nella prima pensione di Ravello, la “Pensione Palumbo” mentre nel 1893 Pantaleone Caruso, dapprima apprendista giardiniere della Villa e poi stimato cuoco di casa, aprì nell’antico Palazzo D’Afflitto la piccola “Pensione Belvedere”.
Notevole attenzione il Nostro mostrò anche all’educazione dei giovani, cui “insegnò a leggere e a scrivere”, sulla base dell’assunto educativo secondo il quale “l’uomo è frutto delle circostanze cioè degli stimoli che riceve dall’ambiente in cui vive”.
“Nella sua ospitale dimora”, ricorda il prof. Lorenzo Imperato, “molti giovani furono avviati ai primi rudimenti di cultura e ai mestieri dei padri e della propria terra. Oltre a Luigi Cicalese piace segnalare i Palumbo, i Di Palma, gli Amato nonché Pantaleone Caruso. Lo stesso mio padre fu accolto all’età di 15 anni dalla signora Gibson come apprendista di cucina. Allorquando, rimasta vedova, si trasferì a Napoli lo richiamò e, tra Villa Gallotta e Villa Rosebery, dove si ritrovavano la nobiltà napoletana e quella inglese, perfezionò l’arte culinaria per diventare a sua volta maestro di una schiera di cuochi della Costiera”.
In occasione dei 160 anni di Francis Nevile Reid a Ravello (1851 – 2011) queste brevi righe vogliono essere l’omaggio a uno spirito sensibile e raffinato, l’invito a riscoprire un illuminato filantropo, il piccolo tributo a un “concittadino” che nel 1892, anno della sua morte, il popolo dovette piangere con affetto filiale.
Luigi BUONOCORE