Le nuove frontiere della musica contemporanea ad Arti di Maggio 2011

15 maggio 2011 | 10:59
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Le nuove frontiere della musica contemporanea ad Arti di Maggio 2011

Intervista ai compositori Renna e Sebastiani. Le loro musiche nei concerti di domani e martedì 17 ospiti di Arti di Maggio Zapping ‘900

Quelle di domani e martedì 17 saranno due serate all’insegna della musica contemporanea, con due concerti di musica elettronica, entrambi alle 21 presso il Complesso di Santa Sofia, che vedranno l’esibizione del chitarrista Magnus Andersson e del clarinettista Massimo Munari. I due eventi musicali rientrano nel progetto Terra delle Risonanze, ideato da Silvia Lanzalone e Luciano Mauro ed organizzato nell’ambito dell’edizione 2011 della manifestazione Arti di Maggio. Un progetto in cui Italia e Svezia si incontrano, dando luogo ad una commistione tra cultura antica ed espressioni artistiche contemporanee, per spiegare tutte le possibili connessioni tra natura, arte, scienza e tecnologia, un percorso che permette al pubblico di immergersi nei complessi fenomeni artistici della nostra epoca ai quali viene sempre riservato pochissimo spazio (altro appuntamento da non perdere è il seminario di lunedì mattina, alle 10 a Santa Sofia, sui rapporti e le interazioni tra musica, informatica, tecnologia e psicologia, tenuto da Roberto Bresin). Nell’ambito dei due suddetti concerti, verranno eseguiti alcuni brani di due compositori italiani viventi di gran rilievo nel panorama contemporaneo, Enrico Renna e Fausto Sebastiani. Il primo, di origini salernitane, è attualmente docente presso il Conservatorio di Napoli, ha inciso le sue creazioni con numerose case discografiche e ottenuto numerosi riconoscimenti in Europa e negli Stati Uniti; il secondo, che insegna invece al Conservatorio di Benevento, ha avuto molte esperienze di studio e di lavoro in Germania e in Francia ed ha vinto numerosi concorsi e festival internazionali di composizione. Sul problema della scarsa conoscenza da parte del pubblico verso la musica contemporanea, soprattutto quella elettronica, ambiti estremamente complessi per i “non addetti ai lavori”, entrambi sono d’accordo sul fatto che si tratta sostanzialmente di un problema di educazione e formazione. «Innanzitutto – dichiara Renna – occorrerebbe che il nostro paese avesse davvero a cuore la sorti dello spirito, della cultura, della scienza e dell’arte, aspetti del pensiero umano intimamente legati tra loro, come nel Quadrivium medievale, ma purtroppo il momento attuale sembra più buio dei cosiddetti secoli bui. Un buon punto di partenza potrebbe essere il noto modello venezuelano “El Sistema”, un sistema di educazione musicale pubblica, diffusa e capillare, con accesso gratuito e libero per bambini e giovani di ogni ceto sociale. Ma bisognerebbe anche favorire la crescita della qualità del gusto corrente, operazione molto difficile, come ha finemente teorizzato Gillo Dorfles». Dello stessa opinione anche Sebastiani: «Penso che il lavoro più importante da fare sia nei confronti della formazione a tutti i livelli, ovvero proporre un’offerta didattica musicale adeguata per ogni ordine di scuola, dalle scuole materne all’università. Abbiamo in Italia giovani musicisti altamente specializzati nell’insegnamento musicale per ogni età scolare, si dovrebbe permettere loro di lavorare per far accostare alla musica le nuove generazioni». Dunque un problema che riguarda l’Italia e la scarsa attenzione rivolta alla musica e all’arte in generale, che segna anche una marcata linea di confine tra il nostro paese e il resto d’Europa: «La differenza nella produzione e nella fruizione della musica contemporanea (ed elettronica) tra l’Europa, soprattutto Francia e Germania, e l’Italia – aggiunge Sebastiani – è abissale. All’estero nascono continuamente nuovi gruppi di giovani interpreti e c’è un’attenzione seria da parte dello stato verso l’arte e verso la musica. E’ chiaro che ciò dipende in massima parte dal tipo di investimento economico e dalla disponibilità finanziaria che i governi dedicano alla cultura, con cifre bassissime nel nostro paese. Questo non vuol dire che in Italia non fioriscano giovani compositori interessanti, ma il problema è che molti dei nostri giovani compositori espatriano e si recano a studiare all’estero». La fuga dei cervelli, dunque, riguarda anche la musica. Ma a proposito di musica contemporanea, non ci si può non chiedere quale sia la relazione tra la musica composta nella nostra epoca, nel nostro presente, e quella delle epoche passate, quella che il senso comune chiama musica classica. «Quando noi parliamo di unisono – scrive il filosofo Emanuele Severino – parliamo di qualcosa di artefatto, di innaturale. Parliamo di regole, di ordine, che nella musica hanno il loro culmine nella “tempera”, nel clavicembalo ben temperato. Insomma, quella che noi chiamiamo musica classica, la musica tonale che per la nostra mente e per il nostro udito è una musica bella, armonica e quindi naturale, è invece del tutto innaturale. […] La musica classica costituisce l’imposizione dell’ordine sul disordine sonoro. Tuttavia in questo paradiso che è l’ordine tonale c’è già il germe del proprio disfacimento. Perché il paradiso è, come dice la stessa parola greca, un “recinto chiuso e protetto” al di fuori del quale c’è il disordine sonoro che prima o poi prenderà il sopravvento. Un’inevitabilità alla quale noi non siamo ancora organicamente, psichicamente e storicamente abituati. La musica atonale, da Schonberg in poi, ha cercato di distruggere la tradizione recuperando l’ordine naturale dell’espressione musicale». C’è dunque chi concepisce la musica odierna come la naturale dissoluzione delle strutture forzatamente introdotte e imposte nel corso della storia. «Concordo pienamente – afferma Renna – Le gabbie, di  qualsiasi fattura e per quanto meravigliose, sono fatte per essere violate. E’ desiderio dell’uomo esplorare orizzonti nuovi, scoprire nuovi mondi. Il sistema tonale, per quanto sviluppatissimo nelle sue connotazioni strutturali, è soltanto un linguaggio e quindi è convenzionale e limitato come tutti i linguaggi. Del resto la musica atonale del primo novecento rappresenta soltanto un timido tentativo di uscire fuori dal “seminato”, che è continuato nel corso del secolo e continua tuttora nel ventunesimo secolo. Inoltre è mia profonda convinzione che quanto si conosce della vibrazione e del suono è solo una parte infinitamente piccola rispetto alle sue possibilità e caratteristiche. Ci sarà, probabilmente, sempre da investigare, scoprire e creare». Come sempre quando si tratta di giudizi storici, non tutti hanno le stesse idee. «Non condivido questa posizione – spiega Sebastiani – la musica contemporanea non è distruzione delle strutture formali della musica. Io ad esempio nel mio lavoro compositivo indago costantemente relazioni formali che hanno un legame anche con le forme ereditate dalla tradizione. E’ importante ricordare che anche alcuni dei più importanti compositori italiani del secondo dopoguerra come Goffredo Petrassi, Luciano Berio, Franco Donatoni, Salvatore Sciarrino, indicano la necessità di porsi in relazione con il passato e attraverso questa strada riflettere per trovare nuove soluzioni espressive». Grande attesa dunque per gli imminenti eventi di questi giorni in cui il pubblico salernitano avrà modo di incontrare e conoscere le nuove complesse forme e i nuovi articolati sistemi attraverso cui si esprime la sensibilità artistica e musicale dei nostri giorni.

Lorenzo De Donato