Piano di Sorrento. Appello toccante del comandante della Savina Caylyn

26 maggio 2011 | 22:07
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Piano di Sorrento. Appello toccante del comandante della Savina Caylyn

Gli ostaggi stanno bene e si rivolge a Berlusconi ed al Presidente della Repubblica

PIANO DI SORRENTO – Ormai il silenzio si è rotto è fa breccia su quelle pietose condizioni nelle quali versano i marinai della Savina Caylyn in un Corno d’Africa caldo sotto tutti i punti di vista. Ed anche a causa di quel maledetto sole africano, delle scorte che sono finite e del cibo che sta finendo, anzi non c’è quasi più, che i membri dell’equipaggio vanno avanti per forza d’inerzia. In poche parole sono queste le condizioni nelle quali versano questi uomini nelle telefonate (si può ascoltare anche l’audio) sia del comandante Giuseppe Lubrano che del direttore di macchina Antonio Verrecchia raggiunti due giorni fa da Liberoreporter.it, che dall’8 febbraio sono nel maledetto corno d’Africa, insieme ad altre 28 navi ed a 596 membri di esse.

La telefonata – Il comandante Lubrano – Un’emozionante telefonata di due giorni fa, nella quale si ascolta la voce rotta dalla disperazione e si può immaginare i momenti che stanno vivendo sul ponte di comando, con un solo bagno a disposizione e con la doccia che fanno ogni quindici giorni. Infatti dice il comandante Lubrano:  “Ci consentono di fare una doccia ogni quindici giorni, l’acqua scarseggia e l’unico bagno che abbiamo a disposizione è in condizioni igieniche disastrose”. Ma quel che è peggio e che “ci danno da mangiare un pugno di riso ed abbiamo a disposizione un litro d’acqua al giorno; ogni tanto spunta qualche panino ma niente di più. Ci sono alcuni membri dell’equipaggio che hanno problemi di salute”. E rotto dalla commozione va avanti nel suo discorso tribolante dicendo che “ieri uno dei nostri aveva la febbre, una temperatura di oltre 38,5 gradi e si è cercato di risolvere la situazione, ma praticamente non abbiamo più nulla per far fronte alle emergenze ed i pirati non vogliono assolutamente che si avvicini qualcuno all’imbarcazione, se non dopo il pagamento del riscatto”. Ed allora quando “ieri un elicottero della nostra Marina Militare ha sorvolato la zona ed i pirati hanno aperto il fuoco, hanno iniziato a sparare all’impazzata; hanno cosparso la nave di bidoni di benzina, se faranno di nuovo qualche cosa spareranno sulle taniche e ci faranno saltare. All’inizio i pirati non erano violenti, ma ora diventano sempre più nervosi e ci sono già stati già parecchi episodi di violenza nei nostri confronti. La tensione si taglia a fette e quando si sentono in pericolo ci radunano in un angolo della nave e ci puntano addosso le armi. Passiamo tutto il giorno sul ponte guardati a vista, sempre sotto scacco dei mitragliatori, quando si innervosiscono iniziano a sparare e ci dicono che ci ammazzano tanto per il nostro governo non abbiamo nessun valore”. Sui suoi uomini dell’equipaggio che sono trasbordati a terra “sappiamo che stanno bene, però non sappiamo dove sono, però mi hanno rassicurato che stanno bene”.

L’ultimatum – Ma quello che fa rabbrividire e che nel tempo della telefonata i pirati danno un ultimo ultimatum perchè nella “trattativa c’è stato un timido approccio con i negoziatori che non sono soddisfatti e ci hanno dato settantadue ore, che oggi sono quarantotto, di ultimatum. Altrimenti procederanno a portarci a terra”.

Il direttore di macchina Verrecchia – Nel contempo al telefono si avvicenda il direttore Verrecchia, che non avendo retto alla vista dei suoi amici portasti a terra, voleva andare nella cabina, ma non potendolo attuare i pirati lo hanno maltrattato con due colpi di fucile sulla schiena, ma ora sta bene e dice che “purtroppo loro sono restii a ridurre il prezzo della loro cifra, che dovrebbe essere più o meno quella detta al comandante. L’importante e che l’offerta dell’armatore o di chi lo aiuta, sia più o meno intorno a quella cifra che chiedono”. Una cifra che speriamo si possa raggiungere o equiparare fino ad un livello accettabile dai sequestratori somali. E la quale “può far calmare le teste calde che ci sono, perché se loro vedono il biglietto verde non sono soddisfatti. E bisogna capire anche le condizioni di questo paese che da venti anni non ha un governo e la loro legge e solo una”. Gli appelli – Finendo nel suo toccante conversare manda un appello al “governo ed a chiunque ci può aiutare a dare una mano, noi li ringraziamo in anticipo. Dovete aiutarci a spingere voi, quello che possiamo fare di qua lo facciamo”. Come si vede giorno dopo giorno la situazione si fa vulcanica. Alla fine della telefonata c’è anche quello del comandante Lavardera: “Ci appelliamo al buon cuore ed alla bontà del popolo italiano e del governo, che ci aiuti, del presidente Berlusconi e del presidente della Repubblica”

                    Due scorci del deserto somalo                       La costa somala dal satellite       Pirata somalo a bordo

GIUSEPPE SPASIANO