Vico Equense, contatto con la “Rosalia D’Amato” Maresca sequestrato dai pirati "sto bene"
Giuseppe Maresca: “Stiamo bene e speriamo che facciano in fretta”
VICO EQUENSE – “Tanto tuonò che piovve”, dice un proverbio. Finalmente dopo un lungo e tombale silenzio si sono avuti i primi contatti con l’altra nave italiana sequestrata nel mare di nessuno e dei pirati. Ricordiamo che la motonave “Rosalia D’Amato” fu sequestrata il 21 aprile mentre stava risalendo la costa africana con un carico di farine di soia destinato all’Iran, stava venendo dalla costa carioca e dopo aver superato il Capo di Buona Speranza (Rep. Sudafricana), accostò verso la costa sudafricana invece di proseguire verso il porto di Bandar Imam Khomeini. E quando stava costeggiando le coste somale, a 350 miglia dalla città omanite Salalah, e sempre nei pressi dell’Isola di Socotra, venne abbordata dai soliti barchini dei bucanieri, che ormai senza alcun freno si spingono fino alle coste della lontana India. Fu fatta prigioniera e portata nella solita costa in rada dove a farle compagnia, oltre alla Savina Caylyn, ci sono altre navi delle più svariate nazionalità. Dopo tanti tentativi la redazione di Liberoreporter.it riesce a mettersi in contatto con uno dei membri dell’equipaggio, il secondo ufficiale di coperta Giuseppe Maresca, originario di Vico Equense. Uno dei sei membri di nazionalità italiana, l’altro della costiera sorrentina è Pasquale Massa, originario di Meta ma residente in Belgio da diversi anni. Gli altri sono di Messina, il comandante Orazio Lanza ed direttore di macchina di Mazara del Vallo, due di Procida. La conversazione tra il secondo ufficiale ed il giornalista che lo intervista dura solo pochi minuti, il tempo necessario di dire quelle parole utili, di conforto e di speranza che cercano, per quanto è possibile, di rassicurare tutti. “Stiamo bene , almeno per il momento, -dice Giuseppe Maresca- speriamo che qualcosa si muova, grazie per l’interessamento. Speriamo bene… Speriamo che facciano in fretta… Ma mi scusi, parlate con i nostri parenti, loro vi potranno dire tutto. Non posso rimanere al telefono adesso, perché altrimenti non mi fanno chiamare a casa”. Infatti, come pensiamo noi, e sarà così, sotto la minaccia delle cosiddette armi, forse dei kalashnikov o altro, non può andare oltre un tempo stabilito perché “non posso parlare, in quanto proprio in questo momento, ci stanno permettendo di chiamare i parenti.” Almeno qualche contatto con il caldo sole equatoriale a 30° o 40° all’ombra, lo stanno avendo con i loro cari che sperano di vedere presto, perché fino ad oggi il silenzio era calato anche con loro. Ma intanto la Farnesina su questa motonave anche sta cercando, insieme all’armatore Giuseppe D’Amato della società armatrice, la Perseveranza di Navigazione, come sta attuando per la Savina Caylyn, di aprire un varco positivo nei negoziati, che ormai come si sa sono sempre difficili con questi bucanieri che, sono ben esosi e non sono degli sprovvisti come lo erano i loro predecessori nei secoli scorsi. Quello che desta la maggior preoccupazione è il carico della motonave partenopea, perché è costituito da farine di soia, che al di là di andare al deperimento, se non stoccate nel modo dovuto e ad una temperatura giusta di conservazione, possono andare a fuoco. È questo e un grave problema, perché come sappiamo il carburante, giorno dopo giorno, va ad esaurirsi ed esso serve anche per mettere in moto quelle attrezzature che servono per lo spegnimento. Insomma con le forti e calde temperature può accadere di tutto, anche un probabile vasto incendio della nave, il che nessuno se lo augura. Ma il necessario è che il Ministero degli Affari Esteri si dia una mossa perché il lungo silenzio di questi innocenti non si tramuti in un qualcosa di grave.
La zona dove operano i pirati somali
Pirati somali a bordo di una nave
GIUSEPPE SPASIANO