Vico Equense, ricontattata la Rosalia D’Amato. Margherita Boniver: “Sono partiti i protocolli per ottenere il rilascio”

13 luglio 2011 | 20:56
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Vico Equense, ricontattata la Rosalia D’Amato. Margherita Boniver: “Sono partiti i protocolli per ottenere il rilascio”

VICO EQUENSE – Finalmente un secondo contatto dopo quello di venti giorni fa quando per la prima volta si è rotto il ghiaccio sulla seconda nave battente il tricolore che si trova sotto sequestro dei pirati al largo delle coste somale del Puntland.  Al telefono di LiberoReporter.it  si ascolta la voce del secondo ufficiale di Vico Equense, Giuseppe Maresca originario della frazione di Arola, che con la voce ferma e preoccupata rassicura che tutto, per quel che si può, va bene, anzi si preoccupa di quanto tempo dovranno restare in quel mare morto visto il periodo di incubazione che sta attraversando la Savina Caylyn. Della quale da molti giorni i telefoni sono stati messi in ghiaccio e non ci sono contatti di alcun genere, e non si riesce a sapere che cosa stia accadendo ai nostri connazionali, sia a quelli che sono a bordo e sia a quelli che sono nel roccioso deserto somalo. Sperando che qualche risultato lo abbia avuto la missione di inizio mese della deputata Margherita Boniver, che sa per certo che sono partiti i protocolli per il rilascio. Intanto dall’altro capo del caldo telefono del secondo ufficiale Maresca finalmente si trapela qualcosa di positivo: “Possiamo dire che stiamo tutti bene, certo abbiamo perso parecchi chili, qui fa un caldo pazzesco, e si mangia poco”. Ma in primis ringrazia perché “grazie davvero per il vostro interesse, finchè non potranno dire di chiudere possiamo parlare”. Come si vede e si può capire sono sotto il tiro di qualche arma e non devono uscire fuori le righe di quel che impartiscono i “Bucanieri somali”. Con una temperatura che si aggira intorno ai 40 e più gradi egli telefonicamente mantiene, per quel che si può, e lo sappiamo che in questi frangenti i nostri marittimi riescono a farlo, la calma e continua nel suo discorso, che dura in tutto quattro minuti circa, dicendo che “io mi auguro che facciano presto, perché ogni giorno che passa, non posso nascondere che la situazione si fa sempre più difficile. Mi auguro che grazie a voi si possano smuovere le acque e che ci facciano tornare a casa al più presto”. Ma oltre a quest’ultimo pensiero di cui dopo parleremo, egli pensa al tempo che dovranno restare al cocente sole africano, e con ansia conferma che “abbiamo saputo che i nostri colleghi della petroliera dei Fratelli D’Amato (Savina Caylyn) sono ancora qui come noi… Chissà quanto tempo allora ci vorrà ancora, pure per noi”. E questo il dilemma che rende paurosa la loro permanenza in quel luogo maleficamente muto, ma dopo resta solo il tempo necessario per concludere la conversazione e “vi ringrazio per il vostro interessamento, tenete alta l’attenzione e speriamo si muova qualcosa. Ora vi devo lasciare, ma spero di risentirvi presto”. E lasciando con queste parole di speranza possiamo dire che forse la montagna sta partorendo il topolino, perché? Perché stando alle notizie riportate da un’intervista alla Boniver, reduce dalla missione in Africa, al Secolo d’Italia, la Farnesina si è adoperata per smuovere le acque, naturalmente quelle somale. Ed infatti ella conferma che “ci hanno garantito pieno appoggio per combattere la pirateria. Ma la situazione è molto complessa. La cooperazione per la liberazione degli 11 italiani sequestrati dai pirati, che hanno la loro base logistica in Somalia, è stato il primo punto all’ordine del giorno della mia visita. So per certo che sono partiti tutti i protocolli che il governo può legalmente mettere in campo per ottenere il rilascio. Ovviamente non si tratta di pagare un riscatto ma di agire diversamente, come è già successo per il Buccaneer”. Da queste parole possiamo capire che, finalmente, qualcosa si sta muovendo nonostante che “la questione è della massima serietà e gravità, stiamo parlando di un braccio di mare dove passano circa 22mila navigli l’anno, oltre il 40 per cento del traffico mondiale. Il fenomeno non è certo nuovo ma si è enormemente intensificato negli ultimi anni. Da gennaio 2011 sono stati ben 140 i tentativi di attentati contri navi mercantili, di cui 22 andati a segno, e tra questi quelli alle nostre due navi, la petroliera Savina Caylyn e la motonave Rosalia D’Amato. Sono pirati che hanno per patria la Somalia, un territorio devastato da anni di guerra civile, dal terrorismo e da prospettive economiche praticamente nulle”. Se è così ci sono buone speranze per i nostri derelitti marinai.

       Margherita Boniver                                     Coste somale del Puntland                          Pirato somalo a bordo

GIUSEPPE SPASIANO