Wynton Marsalis genio poliforme

20 luglio 2011 | 20:58
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Wynton Marsalis genio poliforme


La tromba di New Orleans sarà domani sera alla testa della Jazz at Lincoln Center Orchestra, evento del cartellone del Festival Internazionale di Ravello


Di Olga Chieffi

Sempre più proteiforme e onnipresente, Wynton Marsalis sembra far di tutto per qualificarsi come il jazzista maggiormente rappresentativo di questo inizio del nuovo millennio. Virtuoso inarrivabile, ben preparato anche in ambito accademico, sofisticato compositore, fautore di un nuovo orgoglio nero, basato sull’approfondita conoscenza della propria cultura, ma anche su una strategica integrazione nelle istituzioni e negli ideali americani, polemista senza peli sulla lingua, Marsalis ha accentrato su di sé, negli ultimi trent’anni, l’attenzione dei media e degli appassionati, polarizzati, come in pochi altri casi, tra apologeti e detrattori. Spesso, però, egli è stato dipinto come il principe dei manieristi, con una confusione fra la sua ideologia certamente conservatrice, che vede nello swing di stampo boppistico e nella complessità armonica gli elementi irrinunciabili per lo sviluppo del jazz, e gli esiti effettivi della sua musica. Wynton Marsalis salirà domani sul palcoscenico a getto sul mare del belvedere di villa Rufolo, ospite del festival Internazionale di Ravello, alla testa della Lincoln Center Jazz Orchestra, tutti solisti d’eccezione, quali Ryan Kisor, Marcus Printup, Kenny Rampton, Vincent R. Gardner, Elliot Mason, Chris Crenshaw, Sherman Irby, Ted Nash, Walter Blanding, Victor Goines, Joe Temperley, Dan Nimmer, Carlos Henriquez e Ali Jackson i quali  incontreranno il pubblico del Ravello Festival presso i Giardini di Villa Rufolo, nella mattinata.La formazione proporrà un programma redatto esclusivamente per la serata, spaziante  dagli standard ed ai classici dell’etichetta Blue Note, a pezzi di Corea, Monk e Mingus, sino a composizioni recenti di Marsalis e di altri componenti dell’orchestra, come Ted Nash, quali “Portrait of Seven Shades”, un omaggio a James Moody, con “Mood for love” o ancora un vecchio cavallo di battaglia dell’orchestra come “Things To come”. Marsalis proporrà l’inevitabile integrazione di molti differenti tipi di musica ma senza alcun reale mescolamento di generi, ma limitandosi a contaminarne qualcuno con minimi apporti eterogenei, tenendone ben marcate le peculiarità. Ma dopo questa doverosa sequenza di referenti stilistici, bisogna pur sottolineare un dato che è universalmente riconosciuto ovvero l’inequivocabile originalità di Marsalis. Con uno strumento difficile e relativamente limitato, per estensione e tessitura, il musicista di New Orleans riesce ad applicare un virtuosismo apparentemente illimitato a una serie di innovazioni linguistiche, strutturali. La sua maestria nella scomposizione ritmica si associa in modo inedito con una controllatissima duttilità timbrico-melodica, tanto da creare nei propri assoli un flusso musicale sempre sorprendente quanto mirabilmente coerente, di solidissima architettura. Questa inventiva, questa coerenza sono poi poste al servizio di una formidabile fantasia sul piano degli arrangiamenti, che trovano nell’uso delle diverse sezioni quella particolare ricchezza intimamente polifonica.

by olga.chieffi@virgilio.it