Savina Caylyn, ancora disperatamente vivi, riallacciati i contatti. Piano di Sorrento spera per il suo Cesaro

10 agosto 2011 | 00:43
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Savina Caylyn, ancora disperatamente vivi, riallacciati i contatti.  Piano di Sorrento spera per il suo Cesaro

PIANO DI SORRENTO  Penisola sorrentina.  Era il 16 giugno quando dalla petroliera sequestrata l’8 febbraio dai “bucanieri del Corno d’Africa” si ebbe l’ultima telefonata e sembrava che la situazione stesse quasi per sbloccarsi, ma da allora sono scese le tenebre su quella maledetta zona. Già da quel tragico ultimo contatto le condizioni igienico sanitarie dei poveri derelitti membri dell’equipaggio stavano deteriorandosi e con le armi spianate sotto li naso non si potevano lavare, dovevano andare in un solo bagno accompagnati da un “fuciliere” somalo e dovevano fare tutte le loro mansioni, se così potremo definirle, sul ponte di comando. Finalmente da quando si erano interrotti i collegamenti telefonici – con le ansie che ne derivavano non solo dei parenti, degli amici e dei conoscenti, che non sapevano se  quei poveri uomini erano vivi o morti, compresi i tre che stavano nel roccioso deserto -il ghiaccio s’è rotto nel caldo deserto marino somalo. E LiberoReporter.it si è riuscito a mettere in contatto con il comandante Lubrano Lavadera, il quale ha detto che ormai sono allo stremo e manca tutto, le condizioni sanitarie sono disastrose ed il carburante è quasi alla fine. L’odissea sembra non finire perché, come si è dato da capire, i “signori pirati” hanno detto che la “prigionia” deve durare ancora molti mesi, forse sei, e se ci mettiamo anche le foto fatte pervenire a Repubblica.it, che mostrano i nostri marinai seduti con le mani legate ed i bucanieri con le armi spianate, la situazione da che sembrava che volgesse al bello, ora volge al pessimo antracite. Anche perché la Farnesina sembra nicchiare, non riuscendo a trovare una via di fuga per portare in porto una situazione il cui capo del bandolo della matassa non si è riuscito a trovare, ed anche l’armatore della F.lli D’Amato non sembra trovare la strada giusta.

LA TELEFONATA – Ma ritornando alla disperata telefonata giunta dal quel lembo di mare di nessuno, la prima cosa della quale si ci rassicura è che tutti sono vivi, anche gli ostaggi a terra; il comandante Lubrano Lavadera, con la voce senza quasi speranza, dice che “siamo oltre lo stremo delle forze e qui bisogna considerare che manca tutto da quasi due mesi. Ormai lo stremo è superato da un pezzo. Manca tutto, ma proprio tutto sull’imbarcazione. Le condizioni sanitarie sono disastrose”. Queste sono delle gravi ed acerbe parole di una persona che pensa che la sua vita debba finire in quel maledetto Corno d’Africa. Continuando nel suo colloquio il comandante, a causa della quasi fine del carburante, ammette che “siamo stati costretti a spegnere tutte le celle frigorifere sull’imbarcazione, l’aria condizionata non si può accendere e siamo ancora fortunati perché non ci sono state condizioni atmosferiche e del mare avverse. Adesso tutto sta mutando: se l’ancora dovesse iniziare ad arare non potremmo più ripristinare l’assetto della nave, perché non possiamo accendere i motori. Qui si sono preparati per almeno altri 6 mesi di prigionia”. L’appello è come tutti gli altri, drammatico, ma quello che lo è di più sono le condizioni climatiche perché “in questi giorni si sta alzando un forte vento che spira a quasi 160 km orari ed il rollio della nave è di circa 20 gradi. Rischiamo, senza ausilio dei motori, di finire tra le secche, visto che siamo a meno di un miglio dalla parte bassissima della costa. A causa delle incrostazioni della vegetazione marina, lo scafo sta subendo un deterioramento”. Non solo il dramma è questo, ma anche le condizioni igienico sanitarie giacchè “abbiamo un solo bagno per 50 persone e vi lascio immaginare in che condizioni possa essere. Hanno razionato l’acqua potabile per farla durare altri 6 mesi. Non ci laviamo adeguatamente da circa 3 mesi e si sono presentati dei grossi problemi di salute, anche a causa del fatto che non possiamo lavare i vestiti che abbiamo addosso regolarmente. Il cibo è razionato e l’acqua da bere pure. Le medicine a bordo non esistono più e ci sono alcuni membri dell’equipaggio che abbisognano di cure, ma non è possibile curarli. Inoltre uno dei membri dell’equipaggio indiano, ha serissimi problemi di salute: ha perso 22 kg in questo tempo di prigionia ed è colpito da dissenteria. Non possiamo che cercare di tamponare la situazione, ma non avendo medicinali a bordo il tutto diventa difficilissimo”. E lo sarà fin quando nessuno si muoverà al più presto, se no rischiamo di non vederli più. Perciò lo stesso comandante fa appello all’armatore della F.lli D’Amato: “ci rivolgiamo a Lei Cavaliere D’Amato, possa lei cercare di risolvere questa situazione disperata, affinché si giunga presto a una felice soluzione della nostra condizione di ostaggi. Siamo sconfortati e non siamo più capaci di resistere, siamo sotto il tiro dei mitra e non riusciamo più a resistere. Faccia presto Cavaliere, ci dia una mano a venir fuori da questa situazione”.

LA RISPOSTA DEL MINISTERO – Una situazione sulla quale sembrava che il Ministero degli Affari Esteri nicchiasse. La risposta è stata immediata, perché con un comunicato fatto arrivare nelle ultime ora alla agenzia ANSA, si dice che esso attraverso l’Unità di Crisi è impegnato a seguire la vicenda del sequestro. E come prosegue la nota, “il Ministro Frattini, fin dalle prime ore ha dato disposizioni all’Unità di crisi affinchè fossero attivati tutti gli strumenti operativi disponibili di concerto con le altre Amministrazioni dello Stato competenti sulle situazioni di sequestro di connazionali oltreconfine. Per quanto di specifica pertinenza della Farnesina, si è dato vita e si continua ad alimentare una intensa attività politico-diplomatica che, a partire dal lavoro svolto sul campo dalla nostra Rappresentanza diplomatica accreditata in Somalia, ha anche portato all’organizzazione di due diverse missioni politiche di alto livello nella regione. L’Inviato Speciale del Ministro Frattini per le Emergenze Umanitarie, On Margherita Boniver, si è infatti recata a Gibuti ed in Tanzania dove ha incontrato e sensibilizzato sulla situazione dei connazionali a bordo di entrambe le navi (anche la Rosalia D’Amato) le massime cariche istituzionali che hanno assicurato il massimo impegno, nel quadro del coordinamento regionale, per favorire una positiva conclusione della vicenda. Si è poi successivamente svolta una missione del Sottosegretario agli Affari Esteri, Sen. Alfredo Mantica nella stessa Somalia. Il Senatore Mantica, in un quadro reso molto difficile dalla complessa situazione politico-sociale ed istituzionale in cui versa il Paese, ha incontrato tanto le massime autorità di Mogadiscio che quelle del Puntland manifestando la viva aspettativa del Governo italiano per una rapida soluzione del sequestro senza che venga mai messa a repentaglio l’incolumità dei nostri connazionali a bordo. Accanto a questa delicata attività politico-diplomatica, il Ministero degli Esteri, attraverso l’Unità di Crisi, mantiene uno stretto contatto con le famiglie dei connazionali – tutte comprensibilmente molto provate dalla dolorosa vicenda che si trovano a dover affrontare – alle quali veicola tutte le informazioni di volta in volta rese disponibili nell’ambito di quel concerto interistituzionale che sempre viene attivato nei casi di sequestro di connazionali all’estero. La Farnesina, nel quadro delle proprie competenze, continuerà a seguire da vicino la vicenda attenendosi al principio di riserbo al quale si è sempre ispirata in questo ed in casi consimili non lesinando alcuno sforzo per contribuire ad una quanto più rapida soluzione della vicenda”. C’è solo da sperare che nostro Signore ci metta la sua mano e la sua pietà colga i pirati che sembrano non averne.

 Foto dei sequestrati      margherita Boniver          Vista satellitare del Corno d’Africa

Striscione a Procida

GIUSPPE SPASIANO