Fabrizio Corallo Compie 50 anni «Leoni al sole», la commedia agro-dolce ambientata a POSITANO che nell’estate del 1961 segnò il folgorante esordio nella regia di Vittorio Caprioli. Il grande attore e regista scomparso nel 1989 ne fu uno degli interpreti e lo sceneggiatore con Raffaele La Capria, ispirandosi in parte e liberamente a personaggi ed atmosfere di «Ferito a morte», il capolavoro dello scrittore napoletano Premio Strega 1961. Interpretato nei ruoli principali dallo stesso Caprioli con Franca Valeri, Philippe Leroy, Francesco «Scisciò» Morante, Vittorio Pugliese, Giorgio Sabbatucci e Riccardo Parisio Perrotti (oltre che da Carlo Giuffrè, Anna Campori, Enzo Cannavale e Serena Vergano) «Leoni al sole» raccontava le «belle giornate» alla ricerca di avventure sentimentali e spensieratezze gaudenti di alcuni rampolli della buona borghesia napoletana, immaturi cronici soprannominati Giugiù, Mimì, Scisciò, Cocò, Ruccio e Frichì che vivevano solo d’estate la provvisoria «dolce vita» della spiaggia di POSITANO che ruotava intorno alla Buca di Bacco di Giuseppe Rispoli per poi tornare alle speranze frustrate e alle abituali pigrizie. Chiediamo una testimonianza su quel film a due Leoni ancora felicemente ruggenti come il quasi 89enne Raffaele La Capria e la 91enne Franca Valeri che ne furono i divertiti coautori. «Un giorno Vittorio Caprioli, mio amico da sempre, mi chiese di scrivere con lui un film sui ”vitelloni” napoletani» ricorda lo scrittore, «io non volevo che si pensasse ad una trasposizione di ”Ferito a morte” pubblicato pochi mesi prima, ma lui mi convinse dicendomi: ”Se sarai tu a sceneggiarlo sarai tu che penserai alle differenze” e così abbiamo inventato la trama con spirito di indipendenza, usando diverse battute e un elenco di frasi che io avevo eliminato nell’ultima versione del romanzo. Il periodo trascorso a scrivere la sceneggiatura è stato tra i più allegri della mia vita». «Vittorio era simpaticissimo – continua La Capria – e quando mi chiese di pensare ad un personaggio che riuscisse a stupire i ”leoni” pensai a Franca Valeri per la parte di una giornalista che curava una rubrica gastronomica, frequentava i migliori luoghi di villeggiatura e veniva pure pagata per farlo: gli raccontai l’idea e Vittorio abbracciandomi disse subito, ridendo: ”Franca, vieni a sentire!..”. Fu lui ad inventare invece il riposino del dopopranzo col ronzio costante del calabrone, l’irresistibile monologo del marchese Aldo Sersale – anima dell’Hotel Le Sirenuse – sulle straniere attratte in costiera dallo ”spirito borbonico”, oltre alla trovata di far interpretare uno dei ”leoni” a Scisciò Morante a cui mi ero ispirato nel romanzo per il personaggio di Sasà, trasformato poi nel film nell’ironico e scapestrato Mimì di Philippe Leroy». Franca Valeri ricorda con divertita commozione Caprioli, il suo primo marito, con cui ha dato vita ad un lungo e fecondo sodalizio fra teatro, cinema e tv: «Vittorio era entusiasta di poter esprimersi finalmente come autore, questo film gli era nato dentro, di comune accordo con La Capria, nostro amico da tempo come suo fratello Pelos, che era uno dei ”leoni” che ha ispirato molte battute e situazioni del copione. Anche in seguito Caprioli è sempre stato un regista molto raffinato ed attento a non involgarire la materia che raccontava, sapeva individuare con precisione gli ambienti e i personaggi di una certa classe sociale, la giusta cornice e in quella occasione la carta vincente fu la visione genuina e schietta di una POSITANO incantevole raccontata con gusto e senza sciatteria. Rra molto bella l’idea di un affresco di vita amaro e veritiero sul momento finale di una stagione: la piena maturità incalzava e si rimproverava ai protagonisti l’eterna adolescenza senza responsabilità, ci si continuava a divertire ma arrivava un certo ripiegamento malinconico e pensoso». Franca Valeri aveva collaborato anche alla sceneggiatura del film soprattutto per il suo personaggio, Giulia. Ricorda: «”Leoni al sole” è un film più sofisticato di quanto sembri, molto letterario, non avevamo paura di andare a pescare nel costume italiano dell’epoca mentre ora è tutto più difficile, quando si cerca di raccontare la società interessa solo la parte più evidente e chiassosa. Anch’io ricordo quell’estate a POSITANO come un’oasi felice, nonostante la mia trepidazione per il debutto in teatro della mia prima commedia previsto due mesi dopo, eravamo tutti spensierati ma concretamente produttivi. Quel set si è rivelato un concentrato irripetibile di piccoli miracoli, compreso un vero temporale arrivato puntualissimo l’ultimo giorno delle riprese in sintonia con la fine della storia, proprio come Vittorio desiderava. Chiamò in fretta attori e tecnici e riuscì a filmare tutto dal vero sotto la pioggia, ridendo felice»