Un trinomio che resterà inscindibile
SORRENTO – Era molto legato alla terra delle sirene tanto che ci veniva spesso non solo per passare qualche giorno di vacanza ma anche per trovare quegli amici del tempo che fu, quando si esibiva negli anni ’60 nel locale alla moda dell’epoca, il Fauno. Era un giovane artista che stava iniziando la sua carriera e suonava in quelle calde famose estati, anche se si esibiva già con i ‘Flippers’ ed aveva fondato un gruppo con dei musicisti di Bologna, la sua città natia, ‘Gli Idoli’. Già aveva partecipato a qualche edizione del Cantagiro ed era apparso sul quel palcoscenico che all’epoca lanciava veramente le canzoni, il Festival di Sanremo. E nel contempo a 21 anni, nel 1964, aveva già inciso il suo primo 45 giri contenente Lei (non è per me) e Ma questa sera, pubblicato dalla ARC, casa discografica distribuita dalla RCA Italiana, per cui usciranno i 45 giri di Dalla, nonchè il suo primo LP. Chi all’epoca si esibiva perchè ballava la tarantella ne ha un buon ricordo e ne parla come se fosse allora. “Lui suonava la sera dopo che si era esibita la tarantella – dice il nostro amico Tonino grazie alla sua memoria ferrea – e se non erro suonava la tromba o uno strumento a fiato”. Una persona che com’era allora lo era ancora oggi, vero e che non metteva le distanze con le persone. Infatti, negli anni del boom economico e della spensieratezza, era una persona cordiale anzi “molto cordiale, era amico delle gente ed una persona molto vera”. Un uomo che a volte usava uno strumento naturale che era la bocca: “Lui improvvisava la bocca come strumento”. Era molto legato alla città delle sirene tanto che quando nel 1986 rimase, a causa di un’avaria, con la sua barca a Sorrento fu ospitato nel Grand Hotel Excelsior Vittoria, che si trova al centro della cittadina costiera, e proprio nella stanza dove dimorò il leggendario Enrico Caruso. Qui i proprietari dell’albergo gli raccontarono gli ultimi giorni della vita del tenore e della sua passione per una giovane a cui dava lezioni di canto. In seguito a quei racconti Lucio Dalla ebbe l’ispirazione per scrivere il canto.
E’ lui stesso in un’intervista del 1986 – che riportiamo di seguito – a dire com’è nato tutto.
“Questa estate, a Sorrento, mi capitò di abitare nel bellissimo appartamento che per tanto tempo ospitò il più grande di tutti i tempi: Caruso. L’albergo aveva conservato le camere intatte, c’era il suo pianoforte che ho usato per scrivere la canzone, i suoi libri, le foto di lui con un bambino in braccio e alcune signore. Angelo che ha un bel bar sul porto mi raccontò la storia degli ultimi giorni della sua vita. Caruso era malato di cancro alla gola e sapeva di avere i giorni contati ma questo non gli impediva di dare lezioni di canto ad una giovane cantante della quale forse era innamorato. Una delle ultime sere della sua vita, una notte caldissima, non volle rinunciare a cantare davanti a lei che lo guardava ammirata e, pur stando male, si fece trasportare il piano sulla terrazza che dava sul porto. Caruso cantò più che una romanza, un’appassionata confessione d’amore e di sofferenza, due cose che spesso viaggiano insieme. La sua voce era così ancora potente che fu sentita anche fuori dal porto cosicchè tutti i pescatori rientrarono per ascoltarlo e si misero con le barche sotto la sua terrazza. Le loro lampare erano tante da sembrare stelle nel cielo, forse Caruso rivedendole ripensò ai grattacileli di New York, e trovò la forza di continuare a cantare per perdersi commosso negli occhi della ragazza che, appoggiata al pianoforte, lo guardava. La notte Caruso stette molto male. Dopo poco morì…
Ho scritto la canzone come un piccolo omaggio alla tradizione musicale napoletana. Del resto qualcuno ricorderà che avevo già dichiarato il mio amore per questa grande musica all’epoca di Banana Republic, cantando con Francesco Addio mia bella Napoli”.
Un uomo che personalmente ho visto anche da vicino, quando qualche anno fa venne a Sant’Agnello alla festa di San Rocco e fu anche intervistato da una mia amica e si esibì sul palco.
GIUSEPPE SPASIANO