SORRENTO ENZO SCOTTI AL MUSEO CORREALE DOPO DI LUI TRATTATIVA STATO MAFIA FOTO VIDEO

6 ottobre 2012 | 18:24
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SORRENTO ENZO SCOTTI AL MUSEO CORREALE DOPO DI LUI TRATTATIVA STATO MAFIA  FOTO VIDEO

Allegati video di Scotti e Ruberti . Giornata di altissimo livello oggi al Museo Correale a Sorrento voluto dalle “donne del museo Correale” con interventi cominciati alle 16,30 dal senatore Lauro ai capi della procura di Salerno Franco Roberti , otto anni alla D. I. A. , e Napoli Martusciello, giudice che terminò il lavoro di Falcone nel Maxi Processo di cui ricorrono i venti anni, tema dominante la tra ttativa Stato – Mafia cominciata, secondo alcune ricostruzioni, dopo Scotti (con Mancino, prima c’era Gava ricordano i magistrati citando e leggendo senteze per assoluzioni per “insufficienza di prove” e non per assoluzione piena)

Quel verde pastello del tailleur di Annuccia Pane, presidente delle Amiche del MUSEO CORREALE, come dice Gaetano Maresca sul suo blog In citta, è l’unica nota di colore nel grigio uniforme dei grand commis di Stato accorsi numerosi nella Sala degli Specchi intorno aEnzo Scotti, ex Ministro degli Interni, che presenta il suo libro PAX MAFIOSA O GUERRA.

Anna Pane ringrazia per la partecipazione Raffaele Lauro ex Prefetto, Andrea De Martino, tra poco anche lui ex prefetto di Napoli e i Procuratori di Napoli e Salerno, Martusciello e Roberti. I saluti istituzionali sono del Sindaco Cuomo. Stonata e fuori luogo la suaexcusazio non petita: “Non mi sono mai imbattuto in imprese in odore di camorra. E’ questo un mondo che non mi appartiene”.

I Relatori, invece, volano alto. L’intervento del SenatoreNello Di Nardo chiarisce subito che l’IDV nel dibattito sulla trattativa Stato-mafia che ha coinvolto l’ex MinistroMancino, intercettato in una conversazione col Presidente Napolitano, non ha mosso alcuna critica nei confronti di quest’ultimo. “Chiediamo la verità, lo esigono i morti di Palermo”. Raffaele Lauro esordisce dicendo che mafia e camorra non si interessano di politica, ma perseguono il lucro illegittimo. Negli anni ’90 i Partiti negavano rapporti con la mafia, mentre Falcone prima e Borsellino poi, chiedevano di superare la frammentazione organizzativa nel contrasto alla criminalità che aveva, di contro, una rigida struttura piramidale. Fu chiesto, invano di unificare DNA e DIA in un solo organismo. E l’Antimafia del giorno prima è rimasta al palo. Quella di oggi andrebbe “costituzionalizzata.” Il Procuratore di Salerno, Franco Roberti, grande amico di Falcone, tradisce la sua emozione nel ricordare la strage di Capaci. La Politica non ha mai reciso i rapporti con la mafia. Cita Von Clausewitz, parafrasandolo: “La politica è la prosecuzione degli affari con altri mezzi” . Due erano le strane coppie in quegli anni: Scotti-Martelli, in politica, Falcone-Borsellino tra i magistrati. Risultato: RIMOSSI.

Ma quali possono essere i rimedi? “Il Diritto è sempre in affanno rispetto alle tecniche” (Natalino Irti)

Di fonte alla globalizzazione dei mercati, la Magistratura, di contro è parcellizzata. Le gesta di un criminale accertate in Italia è difficile poterle seguire all’estero dove è d’ostacolo una legislazione diversa. Uniformare gli Ordinamenti giuridici sarebbe un grosso passo avanti. Una figura di rilievo sarebbe l’istituzione del Procuratore Europeo: un’esigenza democratica per la tutela penale degli interessi finanziari, offrendo un segnale forte e un contributo incisivo alla lotta contro la criminalità transfrontaliera. L’obiettivo è quello di recuperare denaro sottratto dalla criminalità, oggi più che mai capace di infiltrarsi nell’economia e nella finanza a livello globale, anche attraverso il controllo e lo sfruttamento illecito in materia di fondi comunitari. La DIA, che è diventato il quarto corpo di polizia va ripensata secondo le indicazioni di Falcone. Infine dare pratica attuazione all’ articolo 3 della Costituzione: “Tutti i Cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge”.

Il Procuratore Martusciello condivide molto il pensiero di Roberti. Ricorda Falcone quando diceva “seguite la moneta”. Gli affari sono l’obiettivo delle cosche e l’Ordinamento dovrebbe potersi adeguare velocemente alle tecniche utilizzate dalla malavita organizzata. L’agenzia dei beni confiscati non funziona. Se la mafia agisce con una struttura unica, in Campania, invece, sono censiti 80 clan camorristici che sono DISPENSATORI DI SERVIZI, i più disparati, a costi inferiori a quelli di mercato, quindi più competitivi.

Il Prefetto De Martino si riallaccia a questo concetto per dire che il meccanismo è quello della DOMANDA E DELL’OFFERTA. Fin quando c’è chi compra questi prodotti o servizi della camorra si alimenta il suo potere. Bisogna acquisire la mentalità che porta a VOLTARE LE SPALLE a questa gente.

Le conclusioni sono di Vincenzo Scotti. Il suo rammarico è per un Paese che non vuole cambiare. Lasciando ai giudici l’indagine legale sul fenomeno mafioso, Scotti ne propone una lettura storico-politica, alla luce della sua esperienza personale di ministro dell’Interno, con un’analisi del periodo segnato dalle stragi di mafia. Affronta anche il tema dell’espansione della mafia e delle sue connessioni con le altre organizzazioni criminali (terrorismo, narcotraffico, ecc.) a livello internazionale, individuando politiche e comportamenti da condividere con altri Paesi per la sua eliminazione.

La sfida di oggi è il contrasto alla dimensione internazionale del terrorismo e della criminalità che richiede un’ Organizzazione che superi la dimensione nazionale. In questo l’Europa potrebbe offrire un grosso contributo.

Di fatto i relatori del Correale, pur partendo da posizioni diverse, quella dei politici, quella degli alti funzionari di Stato, e quella dei Procuratori, sono pervenuti alle stesse conclusioni, condividendo le soluzioni più efficaci per liberare il Paese dalla criminalità organizzata. Veramente un bel convegno.

Aggiungo che ho trovato il Museo Correale gradevole, molto ospitale, ben messo, con opere di pregio ben esposte. Non perdetelo di vista. Gaetano Maresca

Vincenzo Scotti, ex sottosegretario agli Esteri del governo Berlusconi e ministro degli Interni nel 1991, ha detto la sua sul periodo delle stragi di mafia nel periodo 1992-1993: “C’era una divergenza sulla linea strategica io posi la necessità di fronteggiare l’attacco mafioso quando Falcone non era stato ancora ucciso. Dissi che occorreva scegliere tra la convivenza o lo scontro con la mafia e questo lo ripetuto sia sui giornali che in parlamento”. Scotti ha ribadito la sua convinzione di essere stato sostituito al Viminale, era ministro degli Interni nel 1991, perché interpretava la linea dura sul 41 bis: “Il 41 bis fu proposto da me e da Martelli, non dai corpi di polizia” ha sottolineato. “C’era la necessità – ha aggiunto – di fronteggiare l’attacco mafioso che stava provocando delle situazioni difficili. Se andate ad analizzare i documenti e gli articoli di giornale dell’epoca troverete sempre il confrontarsi di due linee. Lo scontro tra queste due linee era partito dalla scelta fatta dal pool di Palermo con il maxi processo”. “Meglio che non parli” “‘È meglio che non fai più dichiarazioni sulle questioni che riguardano il Viminale’. Così mi disse il mio ex capo di gabinetto del ministero dell’Interno a luglio del 1992, il giorno dopo l’assassinio di Paolo Borsellino” ha rivelato durante l’audizione l’ex ministro. “Ero ministro – ha spiegato – e avevo dichiarato al Tg1 non si può indebolire la lotta alla mafia”. “La verità e che sono stato sottoposto a tentativi di delegittimazione”, ha detto alla Commissione Antimafia Scotti, a proposito delle voci secondo cui nel 1992 lasciò dopo poche settimane il governo Amato, nel quale era ministro degli Esteri, perché restando avrebbe dovuto dimettersi da deputato e rinunciare alla immunità parlamentare. “Non posi la questione anche se io penso – ha detto – che il ministro dell’Interno non posa che essere un parlamentare regolarmente eletto”. Scotti era stato ministro dell’Interno nel governo Andreotti e in tale periodo, ha ricordato, aveva sostenuto la linea del pool antimafia di Palermo e di Falcone che aveva permesso di celebrare il maxi processo, aveva istituito il carcere duro per i mafiosi (41 bis) e la Direzione Investigativa Antimafia (DIA). Si attendeva una riconferma. Invece nel governo Amato, costituito il 28 giugno, fu nominato ministro degli Esteri, e al Viminale andò Nicola Mancino. Lasciò la Farnesina ad agosto, anche se avrebbe voluto dimettersi subito. “Restai al governo 33 giorni solo per senso di responsabilità”. “Sia chiaro – ha detto Scotti – che il regime del 41 bis fu proposto da me e da Claudio Martelli (che era ministro della Giustizia nel governo Andreotti e non fu confermato nel governo Amato, ndr) e non dai corpi di polizia. Contro il carcere duro per i mafiosi, proposto da Giovanni Falcone, c’era una contrarietà fortissima, anche da parte dell’opposizione di sinistra che lo considerava incostituzionale, illegittimo, fuori dalle righe, e fece una battaglia in parlamento. Per capire in quale clima maturò la mia sostituzione bisogna tenere conto di tutto questo e rileggere i documenti e i giornali dell’epoca”. Scotti ha rivendicato di avere chiesto provocatoriamente, prima dell’attentato di Capaci, ai suoi colleghi ministri del governo Andreotti: “Ditemi se dobbiamo cercare la convivenza con la criminalità mafiosa o se dobbiamo andare allo scontro”. Lui e Martelli, ha aggiunto erano per lo scontro, erano per la linea interpretata da Falcone e dal pool di Palermo che aveva celebrato il maxi processo. “C’era uno scontro politico molto forte fra queste due linee strategiche. Io avevo sposato la linea indicata dai giudici di Palermo. La svolta c’era stata perseguendo non più i singoli reati, cosa che secondo uno studio della Cassazione produceva quasi la totalità di assoluzioni, ma l’associazione mafiosa. L’altro punto fondamentale era stato considerare la lotta alla mafia un fatto permanente, non una emergenza, e quindi cominciare a modificare in questo senso gli strumenti di lotta”. La tesi Scotti è che a giugno del 1992 sarebbe stato opportuno manifestare la continuità dell’azione di governo in materia di sicurezza e di giustizia mantenendo gli incarichi ai rispettivi titolari. Ma lei – ha chiesto il presidente dell’Antimafia, Giuseppe Pisanu – non si lamentò per lo spostamento agli esteri? “No, non è mia abitudine lamentarmi. So assumere le mie responsabilità. La questione era sotto gli occhi di tutti. Forse il presidente del Consiglio non leggeva i giornali? E il presidente della Repubblica (Oscar Luigi Scalfaro, ndr) non ha forse visto che il governo istituiva il ministro dell’Interno e quello della Giustizia”, ha risposto Scotti. Le risulta, ha incalzato, Pisanu, che il presidente della Repubblica si sia adoperato per sostituirla con Nicola Mancino? “Su questo non ho nessuna informazione, nel modo più assoluto”. E con Claudio Martelli ne discusse a suo tempo? “No, ne abbiamo parlato solo di recente, dopo tutte le polemiche che sono nate”.

sabato 6 ottobre 2012, ore 17.30  Museo Correale Sorrento. Positanonews sta seguendo per i suoi lettori l’incontro di presentazione del libro. Massimo Milone caporedattore Rai Campania, modera gli interventi del Sen. Raffaele Lauro

c.