VICO EQUENSE FESTEGGIA I SANTI PATRONI CIRO E GIOVANNI – VIDEO lucioesposito

31 gennaio 2013 | 16:50
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VICO EQUENSE FESTEGGIA I SANTI PATRONI CIRO E GIOVANNI –  VIDEO lucioesposito

Il 31 gennaio la comunità di Vico Equense festeggia i santi protettori Ciro e Giovanni. Caratteristica la sosta processionale presso l’ospedale De Luca e Rossano, ad accogliere le suore, recita della preghiera del malato e poi si prosegue,  

 Dal sito della parrocchia : http://www.santiciroegiovannivico.it/index.html

 Testo di Aiello Francesco

Reliquie e culto dei Santi Martiri Ciro e Giovanni a Vico Equense

Nulla sappiamo di preciso circa l’ anno in cui fu introdotto nel nostro territorio il culto ai Santi Ciro e Giovanni, anche se innumerevoli tracce fanno pensare ad un’ epoca antica; riguardo invece al modo con cui esso è giunto le ipotesi più probabili sono due: la strada del mare e quella dei monti.
Per strada del mare si intende l’ intenso e quotidiano traffico marittimo tra Vico e Napoli, per cui non è difficile immaginare che i nostri concittadini del tempo abbiano conosciuto e frequentato la Chiesa dei Santi Ciro e Giovanni nelle vicinanze del porto di Napoli e via via ne abbiano introdotto il culto a Vico.
La strada dei monti è invece quella che collega il territorio vicano con la Costiera Amalfitana, attraverso il valico di Santa Maria del Castello: infatti c’ è notizia di una chiesa dedicata a San Ciro nella cittadina di Minori già prima dell’ anno Mille e sembra che anche il capo del Santo fosse venerato in una chiesa di Salerno.
Comunque sia giunto, è certo però che il culto a San Ciro e San Giovanni è andato sempre più crescendo a Vico Equense tanto che ben presto la popolazione li acclamò suoi patroni, costruendo un piccolo tempio in loro onore. Fondamentale poi fu l’ opera di Mons. Giovanni Battista Repucci, Vescovo di Vico dal 1657 al 1688, il quale riuscì ad ottenere dai Padri Gesuiti del Gesù Nuovo di Napoli alcune reliquie dei Santi, le quali furono accolte solennemente alla Marina di Vico il 5 maggio 1686.
Esse consistevano in una mascella superiore con cinque molari e quattro denti, un osso lungo e grosso quanto un dito ed un altro osso piccolo per quanto riguarda San Ciro; per San Giovanni, invece, si ebbe una mascella con quattro molari, un osso della dimensione di un dito piccolo ed un altro ossicino.
Altro contributo notevole al culto verso i Santi Patroni fu dato da Mons. Francesco Verde, Vescovo di Vico dal 1688 al 1700, che fece realizzare da un ignoto argentiere napoletano il busto d’ argento di San Ciro; quello di San Giovanni è stato invece realizzato solo in tempi recenti, nel 1999, per volere dell’ attuale parroco don Fabio Savarese.
Dal 1686 divenne poi tradizione festeggiare, oltre l’ anniversario del martirio il 31 gennaio, anche la traslazione delle reliquie a Vico; prima la festa avveniva nel mese di maggio, poi fu spostata a luglio ed infine, come è al presente, a fine agosto.
Tutti i Vescovi che si succedettero alla guida della diocesi di Vico contribuirono largamente al radicamento sul territorio del culto a San Ciro e San Giovanni; ed anche la successiva soppressione della diocesi equense e la sua aggregazione a quella di Sorrento non influenzò minimamente tale devozione.
Infatti essa è sempre rimasta costante ed ancora oggi si manifesta visibilmente presso i simulacri dei Santi nella chiesa parrocchiale; per poi esplodere due volte all’ anno in un sincero e sentito canto di lode che vede tutti i vicani uniti “dai monti e dal mar”.

Reliquie e culto dei Santi Martiri Ciro e Giovanni  nella città di Napoli

 Napoli onorò San Ciro e San Giovanni ancor prima di Roma, perché a Napoli fin dall’ antichità operava una nutrita colonia alessandrina ed erano frequenti gli scambi commerciali e culturali con Alessandria d’ Egitto. In onore di nostri Santi sorsero ben presto diverse chiese, la più antica ed importante delle quali era probabilmente quella edificata esattamente nel vicolo degli Alessandrini, nei pressi del porto; ma il loro nome è presente anche sul famoso calendario marmoreo napoletano risalente al IX secolo, che al 31 gennaio segna “Passio Sancti Ciri et Joannis”.
La loro devozione conoscerà però una vera impennata nel XVII secolo, grazie al gesuita San Francesco de Geronimo. Questi, nato a Grottaglie nei pressi di Taranto nel 1641 ed entrato nella Compagnia di Gesù, arrivò nel 1675 al Gesù Nuovo a Napoli; scoperto che tra i tanti corpi di Santi giunti lì da Roma sul finire del Cinquecento vi era anche quello di San Ciro, decise di prelevare qualche frammento delle sue ossa e portarlo sempre con sé, affinchè il grande Santo Medico lo aiutasse a sanare i corpi e le anime di quanti avrebbe incontrato.
In breve tempo il de Geronimo, che instancabilmente predicava per Napoli e dintorni, suscitò una accesissima devozione verso San Ciro, anche perché moltissimi prodigi avvennero per sua intercessione. Lo stesso San Francesco de Geronimo affermava, al termine della sua vita, che con la reliquia di San Ciro aveva assistito a più di diecimila miracoli!
Con la morte di Padre de Geronimo il culto non si affievolì, anzi perdura ancora oggi inalterato; lo testimonia il fatto che nella Chiesa del Gesù Nuovo a Napoli, all’ altare del Crocifisso, si venerano le reliquie e le immagini dei due Santi Alessandrini ai quali, soprattutto in occasione della loro festa, fanno riferimento tutti i medici cattolici della città.

 Lo sfondo geografico delle gesta di San Ciro e del suo martirio fu la città di Alessandria d’ Egitto: fondata da Alessandro Magno nel 332 a. C., era un fiorente centro commerciale e culturale, ricco di istituti scientifici, scuole filosofiche e di una famosa biblioteca.
La comunità cristiana era attiva e fiorente e fu madre di grandi Santi, come San Clemente, Sant’ Atanasio e San Cirillo. Proprio da quest’ ultimo giungono le notizie più antiche ed attendibili su San Ciro e sul suo discepolo e compagno di martirio San Giovanni di Edessa.
Secondo questa fonte e secondo altre notizie fornite da San Sofronio, patriarca di Gerusalemme, Ciro – che in greco significa “colui che è forte”, “potente”, “signore” – era un fervente cristiano alessandrino ed esercitava la professione di medico.
Nato verso il 250 d. C. ed istruitosi alla perfezione in un brillante curriculum di studi, aveva organizzato un piccolo ambulatorio e qui riceveva i malati meno gravi che potevano recarvisi, mentre per quelli più gravi non mancava mai una sollecita e premurosa visita a domicilio. A differenza degli altri medici, Ciro prestava a tutti, ricchi e poveri, le sue cure e per i poveri aveva una particolare predilezione, non richiedendo da loro alcuna ricompensa; fu così che si guadagnò il titolo di “medico anargiro”, cioè “senza argento”, gratuito.
San Sofronio, guarito grazie a lui da una malattia degenerativa agli occhi, afferma che San Ciro diventò in breve tempo il medico più conosciuto e valente di Alessandria; ma egli non si limitò a curare i corpi perché aveva già intuito ciò che la psicologia avrebbe affermato solo in tempi recenti, e cioè che spesso i mali del corpo sono il risultato di malesseri spirituali molto più profondi.
Convinto di ciò, San Ciro si applicava con ardore a medicare anche l’ anima dei suoi pazienti e riuscì a convertire i cuori di molti pagani, che si aprirono attraverso la sua opera alla bellezza del Vangelo di Cristo.
Il suo impegno però gli procurò anche molti nemici, in particolare tra gli avversari della Croce di Gesù e tra i tanti presunti guaritori, maghi ed imbroglioni vari di cui pullulava Alessandria.
Denunciato a Siriano, prefetto della città, San Ciro fu costretto a fuggire dalla sua patria; ma questa fuga non fu dettata da paura bensì dal desiderio nel frattempo maturato nel suo animo di un sempre maggiore bisogno di solitudine e silenzio.
Visse quindi alcuni anni in regioni desertiche, intraprendendo così un nuovo stato di vita, quella eremitica, completamente dedito alla preghiera; e col passare del tempo il suo eremo nel deserto diventò una cattedra di vita ascetica e mistica, che attirava molti alla sequela del Cristo penitente.
La fama del grande medico eremita attirò anche un giovane soldato nativo della città di Edessa, che si chiamava Giovanni. Questi era stato costretto a lasciare l’ esercito in seguito ad un editto di epurazione del 298, il quale prevedeva il licenziamento per tutti i soldati che non si sottomettevano all’ adorazione dell’ imperatore, rinnegando la fede cristiana.
Attirato dalla fama di santità e dai miracoli operati da San Ciro, Giovanni decise quindi di mettersi alla sua scuola e di entrare nelle schiere dei soldati di Cristo; dopo alcuni anni di questa vita in comune, giunse loro la notizia di una nuova e terribile persecuzione sferrata dall’ imperatore Diocleziano contro i cristiani, a causa della quale la comunità alessandrina soffriva grandemente.
Non era più tempo quindi per Ciro e Giovanni di restare nella solitudine e nella contemplazione, ma era tempo di aprirsi ad una azione di conforto e soccorso per tanti fratelli di fede; l’ occasione di lasciare l’ eremo fu data dall’ arresto, nella città di Canopo, di una donna cristiana, Atanasia, e delle sue tre figlie, Teotista di 15 anni, Teodota di 13 ed Eudossia di 11.
Temendo che esse, spaventate dalla minaccia del supplizio e dei tormenti, potessero rinnegare la fede in Cristo, Ciro e Giovanni corsero in città per confortarle ed incoraggiarle; riconosciuti e denunciati, furono entrambi trascinati in tribunale, dove confessarono coraggiosamente la loro fede.
Condannati alla pena capitale, insieme alle donne, furono tutti decapitati il 31 gennaio di un anno che con tutta probabilità era il 303 d.C., il 19° dell’ impero di Diocleziano.