ETICA NEL GIORNALISMO-LEGGI-CODICI-DIRITTO DI CRONACA E DIFFAMAZIONE NELL’ INFORMAZIONE.
ETICA NEL GIORNALISMO-LEGGI-CODICI-DIRITTO DI CRONACA E DIFFAMAZIONE NELL’ INFORMAZIONE.
“Spesso mi capita di leggere articoli orripilanti per il modo in cui sono portati ai lettori. Ciò mi induce a riportare alcune norme che regolano il giornalismo e che sono imprescindibili regole per ogni giornalista che vuole svolgere bene il suo “mestiere”.
L’etica del giornalismo è l’etica del giornalista, cioè, come per chiunque altro, la sua coscienza morale, come cittadino e come professionista; ma, a differenza di altri, chi opera nel campo dell’informazione deve essere ben consapevole delle possibili conseguenze morali, sociali, politiche e culturali di un lavoro che non si esaurisce in se stesso o nell’ambito di poche persone, ma istituzionalmente si rivolge – con forte potere di convincimento – a un largo universo di cittadini; più di qualunque altro. Il giornalista deve perciò, nell’esercizio della sua professione, attenersi con rigore non solo al rispetto dei codici e della legislazione del suo paese, ma anche e soprattutto al rispetto della verità.
Una “formazione” etica è dovere di tutti, ma per un giornalista è necessaria anche una “informazione” etica, cioè la conoscenza del codice penale, della legislazione sulla stampa e dei codici deontologici dell’Ordine professionale.
Seguono le leggi che regolano la professione giornalistica e i codici più importanti per esercitarla nel migliore dei modi.
La legge sulla stampa dell’8 febbraio 1948, fu approvata dall’Assemblea costituente ed è la legge che disciplina il sistema generale della stampa, fu poi modificata e approvata dalla Camera nell’ottobre 2004 e nel 2005.
La legge del 3 febbraio 19633 che da vita all’Ordine professionale dei giornalisti; è una legge importante perché stabilisce le norme di un buon giornalismo; dice l’articolo 2: “E’ diritto insopprimibile del giornalismo la libertà di informazione e di critica, limitata dall’osservanza delle norme dettate a tutele delle personalità altrui, ed è suo obbligo inderogabile il rispetto della verità sostanziale dei fatti, osservati sempre i doveri imposti dalla lealtà e buona fede”: l’articolo dice anche che “devono essere rettificate le notizie che risultino inesatte, e riparati gli eventuali errori”; e che i giornalisti “sono tenuti a rispettare il segreto professionale quando ciò sia richiesto dal carattere fiduciario di esse” (se è la fonte a pretenderlo);
La Carta informazione e pubblicità, che è un protocollo di intesa firmato nel 1988 dall’Ordine, dalla Fnsi, dalle agenzie di pubblicità e dalle associazioni pubbliche relazioni allo scopo di garantire la trasparenza dell’informazione, distinguendo fra informazioni e messaggi pubblicitari;
la Carta di Treviso, cioè il documento di autodisciplina che, nato nel 1990 per iniziativa dell’Ordine dei giornalisti, delle Federazioni della stampa e di “Telefono azzurro”, impegna i giornalisti a norme e comportamenti eticamente corretti nei riguardi dei minori (mantenimento dell’anonimato del minore che è soggetto o vittima di un reato, divulgazione di dati o pubblicazioni di immagini che possano pregiudicare l’interesse del minore, e così via):
la Carta dei doveri del giornalista, suggerita dalla vicenda di Tangentopoli e approvata dall’Ordine dei giornalisti nell’ottobre 1993; riassume i doveri di chi fa informazione, ricordando anche l’obbligo di non ricorrere a discriminazioni di razza, religioni, sesso, condizioni fisiche e mentali, opinioni politiche e diritto delle persone alla riservatezza; la presunzione di innocenza per chi è sotto processo; la trasparenza delle fonti; la separazione fra informazione e pubblicità; la turbativa di mercato, l’aggiotaggio;
il Codice deontologico, richiesto dalla legge sulla tutela della privacy, e approvato dall’Ordine dei giornalisti nell’agosto 1998 sul trattamento dei dati personali;
la Carta dei doveri dell’informazione economica, approvata dall’Ordine dei giornalisti nel febbraio 2005 per i giornalisti dell’informazione economica e finanziaria; il testo integra e semplifica le norme contenute nella Carta dei doveri firmata nel 1993.
Il diritto di cronaca è la legittimazione giuridica del lavoro del giornalista, che è quello di cercare informazioni e di diffonderle.
L’esercizio di questo diritto non può non essere regolato da norme che si richiamano alla norma di base della convivenza civile, secondo cui la libertà di ognuno di noi finisce dove inizia la libertà di un altro.
Sul diritto di cronaca esiste un’ampia giurisprudenza. Pragmaticamente si può sostenere che la diffusione di notizie attraverso la stampa può considerarsi legittima espressione del diritto di cronaca quando ricorrono queste due condizioni:
il fatto raccontato è vero e lo si può dimostrare;
il fatto si dimostra non vero, tutto o in parte, ma è stato raccontato fedelmente attribuendolo a fonte qualificata (in questo caso, se si tratta di dichiarazioni, sono importantissime le virgolette).
Questa seconda condizione, che assolve dal possibile reato di diffamazione, parte in realtà da una garanzia di fondo senza la quale la professione di giornalista rischierebbe di non esistere: il giornalista non può infatti entrare nel merito di dichiarazioni o di impegni o di prese di posizioni che fonti qualificate affidano a lui perché sino rese pubbliche; il giornalista ha solo l’obbligo di riferirle fedelmente. Per questo motivo ecco altre due condizioni che, con possibile riferimento al reato di diffamazione, servono ad offrire ulteriori garanzie:
Il racconto del fatto no deve nascondere intenzioni diverse dall’informazione; non deve cioè essere un’occasione pretestuosa per colpire qualcuno:
il fatto raccontato deve costituire un interesse per il cittadino-lettore: deve cioè essere un fatto la cui conoscenza appare utile e opportuna.
“Mi riprometto di aggiungere altre notizie che regolano questa meravigliosa quanto pericolosa responsabile professione”.
Alberto Del Grosso
Giornalista Garante del Lettore
di Positanonews