Assassinò il figlio, paura nel quartiere: non lo scarcerate
di Leandro Del Gaudio
Temono di ritrovarselo di fronte, o comunque lì a pochi metri dalla propria abitazione, magari affacciato a un balcone. E si rivolgono direttamente ai giudici: non lo scarcerate, o comunque, non lo rimandate a casa, nella sua abitazione, perché abbiamo paura di altra violenza. Che storia è questa? È il caso di Giovanni Cancello, l’uomo di 79 anni detenuto da una ventina di giorni a Poggioreale con l’accusa di aver ucciso a colpi di pistola il figlio Marco, 38 anni, a sua volta sposato e padre di due figli.
Era lo scorso 10 settembre, a San Pietro a Patierno, quando un litigio familiare all’interno di un garage culmina nel peggiore dei modi. Secondo la ricostruzione dei carabinieri, Giovanni Cancello avrebbe chiesto al figlio di spostare delle travi di legno da terra, ma di fronte a una risposta seccata avrebbe estratto la pistola e fatto fuoco. Cinque colpi, il primo all’altezza del fianco, gli altri all’addome, mentre l’uomo era a terra senza possibilità di difendersi. Esecuzione spietata, l’uomo viene arrestato, inchiesta a senso unico. Eppure, negli ultimi giorni, nel quartiere sta montando rabbia e preoccupazione: uno stato di tensione per quanto potrebbe accadere nei prossimi giorni. Arrivano telefonate in redazione, c’è chi si sta attrezzando per contattare stampa e televisioni pur di sollevare il caso.
Qual è il punto? C’è paura di una scarcerazione, di una revoca della misura cautelare in cella e della concessione del beneficio dei domiciliari. Sono in tanti a preoccuparsi per uno sbocco possibile del procedimento: il ritorno a casa di Giovanni Cancello, nello stesso domicilio accanto alla ex moglie, a figli e nipoti, in un contesto familiare che rischia di esplodere in altri momenti di tensione. Ed è così che una delegazione di cittadini di via Caserta Bravo si presenta al Mattino e chiede di rivolgere un appello ai magistrati che potrebbero decidere sulla condizione detentiva di Giovanni Cancello: «Nessuna volontà di influenzare il lavoro dei giudici – spiegano – capiamo che un uomo di 79 anni può attendere lo svo lgimento del processo agli arresti domiciliari, ma chiediamo tutela verso possibili momenti di violenza».
Abbiamo paura di altri litigi, di altri colpi di testa, speriamo che i giudici valutino sia le condizioni di salute dell’anziano indagato, sia il nostro appello: ci auguriamo che non torni nell’abitazione in cui si è consumato un omicidio che ha choccato tutti noi, ovviamente nel rispetto dei diritti di un indagato di difendersi in condizioni dignitose».
Rabbia, paura, rispetto dei diritti della difesa nello stesso quartiere, in un contesto popolare rimasto traumatizzato da un omicidio a sangue freddo consumato appena pochi giorni fa tra le mura domestiche.
Fonte:ilmattino.it domenica 29 settembre 2013 – 17:38 Ultimo aggiornamento: 17:57
Inserito da Alberto Del Grosso